Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Assolto il pediatra che rifiutò la visita alla bimba di colore

La famiglia senegalese chiedeva 15mila euro. Il medico: «Non so perché l’ho fatto»

- Davide Piol

FELTRE Assolto. Bruno Granati, 67enne ex pediatra all’ospedale di Feltre, si era rifiutato per due volte di dare una consulenza specialist­ica a una bambina senegalese di un anno e mezzo.

L’accusa era di omissione di atti d’ufficio ma è stata respinta perché «il fatto non sussiste». Il 4 dicembre del 2014 Nassir Aidara e Seynabou Kebe, genitori della bambina e parti civili del processo, decidono di portare la piccola al Pronto soccorso. Caduta nel pomeriggio dal divano la figlia continua a piangere e sembra che abbia male al polso. La prima diagnosi è un probabile trauma o frattura del polso. La dottoressa del Pronto soccorso decide di chiedere una consulenza pediatrica prima della radiografi­a che può essere dannosa, per le radiazioni, in pazienti così piccoli. «La bambina continuava a piangere. Non capivo se avesse male veramente o se fosse solo un capriccio» ha spiegato. Granati vede tutta la famiglia fuori dal suo studio e si avvicina. Gli raccontano l’accaduto, ma alla parola «trauma» li ferma. Non è lui che deve gestire il

Il medico La bambina continuava a piangere credevo fosse un capriccio

caso ma un ortopedico. Tastato appena il polso alla bambina li rimanda al Pronto soccorso senza compilare nulla. Il padre si arrabbia ma non gli rimane che tornare a casa. I dolori della figlia non passano. Due giorni dopo è costretto a tornare in ospedale. E viene rispedito dal dottor Granati che dopo aver esclamato «Ancora qui sei!», frase che il padre coglie come razzista, lo fa accomodare nello studio e offre alla bambina un leccalecca per vedere se lo afferra anche con la mano che le fa male.

Poi li rispedisce al Pronto soccorso ribadendo che non tocca a lui visitarla e che «non ha poteri magici né la sfera di cristallo». Anche in questo caso non scrive nulla. Ai colleghi che poi lo chiamano chiedendog­li spiegazion­i risponde che lui non è un ortopedico: «Ancora questo bambino mi mandate su! Ho detto che i traumi non li vedo». Il padre allora chiama i carabinier­i. Viene fatta una radiografi­a e si scopre che la bambina ha una «frattura a legno verde». È il dottor Rossi, primario del Pronto Soccorso, che va poi a scusarsi con il genitore. «Il paziente deve sempre essere messo al centro e in quel caso non è accaduto. Mi sono sentito in dovere di fargli le mie scuse». Lo stesso giorno Rossi invia una mail per informare la Direzione dell’ospedale dell’accaduto. Nelle ultime righe si legge: «Non nego la possibilit­à di discutere a posteriori di un caso. Ma ritengo inaccettab­ile che venga negata una risposta ufficiale a una richiesta di consulenza». Tra primari, in realtà, c’era un accordo. Nel caso di traumi i piccoli pazienti non venivano mandati in Pediatria, ma c’era comunque la possibilit­à di chiedere una valutazion­e al pediatra. Perché, in questo caso, non è stata data?

«Saperlo… è stato un mio errore – si è difeso Granati – Ho più di 40 anni alle spalle di profession­e medica. Non mi sono mai rifiutato di fare una visita. All’epoca dei fatti ero gettonista e dovevo prestare attenzione più degli altri al rispetto delle regole». Il pm aveva chiesto 10 mesi di reclusione.

L’avvocato Enrico Rech 15.000 euro di risarcimen­to per i due genitori. Il giudice l’ha assolto con formula piena. Ci saranno 90 giorni per il deposito delle motivazion­i. Dopo di che gli avvocati della parte civile deciderann­o se fare ricorso o meno.

Non so perché non l’ho visitata, in 40 anni di carriere non mi era mai capitato

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