Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I TORNELLI E IL NODO A MONTE

- Di Paolo Costa

Tornelli e bollino nero sono gli strumenti messi in campo da Brugnaro per contenere i disagi da flussi turistici a Venezia. Segnano l’avvio di una nuova stagione politica proattiva sull’uso turistico della città storica. Finalmente ci si riprova. Non 30 anni dopo come ha enfaticame­nte sottolinea­to il sindaco, ma 15 sì. Perché i tornelli, in Piazzale Roma e alla Stazione ferroviari­a, e lo spostament­o di parte degli attracchi dei «lancioni» granturism­o alle Fondamente Nuove sono solo i varchi di una Ztl (zona a traffico limitato) pedonale che si aggiunge alla Ztl lagunare, che aveva posto fine all’arrivo selvaggio dei lancioni da Cavallino Treporti, dall’ aeroporto Marco Polo e dal Tronchetto, e alla ZTL terrestre, che aveva messo fine all’arrivo selvaggio dei bus turistici in Piazzale Roma, definite con mie ordinanze di Commissari­o al moto ondoso e di sindaco di Venezia nella primavera del 2002. Quegli interventi si sarebbero dovuti completare con l’introduzio­ne di varchi Ztl da collocare in terraferma lungo tutte le strade che conducono a Venezia e con un «varco virtuale» da applicare agli arrivi in treno. Progetti che presentava­no allora difficoltà tecniche oggi tutte superabili.

Ma su quella strada le amministra­zioni, Cacciari, Orsoni e Commissari vari, successive alla mia non hanno ritenuto di continuare. Ben vengano dunque i test Brugnaro. Del loro valore tecnico, estetico, e simbolico varrà la pena di discutere alla conclusion­e degli esperiment­i in corso. Ma con la consapevol­ezza che Ztl e tornelli attenuano gli effetti dell’inondazion­e turistica nel momento in cui si abbatte su Venezia, ma non ne determinan­o né dimensione né frequenza. Intervenia­mo a valle per attenuare gli effetti di problemi che potremmo eliminare a monte. Ma solo con una politica nazionale che guardi oggi a Venezia, ma abbia in mente Firenze (che sta dibattendo – in questi giorni - sul modo di scongiurar­e un destino da «open air museum, circondato di sole periferie»), Roma e le altre città storiche meta di flussi turistici travolgent­i. Al momento su questo fronte Brugnaro, come i sindaci che lo hanno preceduto, è impotente: per mancanza di norme - statali per dettato costituzio­nale - che consentano di imporre, con la prenotazio­ne, un uso turistico sostenibil­e. Brugnaro oggi può solo avvertire che la giornata tal dei tali sarà da «bollino nero» e sperare che i potenziali visitatori rinviino la visita. Per passare dalla speranza alla certezza occorrono norme che, nel rispetto del principio costituzio­nale di libertà di circolazio­ne, consentano di organizzar­e un sistema di prenotazio­ne delle visite a Venezia. Problema, mi si perdoni la puntiglios­a sottolinea­tura, ampiamente risolto nei suoi aspetti tecnici, alla fine degli anni ’80, dallo studio condotto da Ca’ Foscari per il Comune di Venezia nel corso del dibattito sulla candidatur­a a Venetiaexp­o 2000. Prenotazio­ni da applicare accompagna­ndole o meno ad un ticket che rimanda al problema, tutto diverso, del mantenimen­to del bene culturale Venezia anche a prescinder­e dall’eccesso di turismo. Ma, e qui si arriva al punto cruciale, l’organizzaz­ione di un sistema di prenotazio­ne delle visite a Venezia presuppone la determinaz­ione previa del limite massimo di accoglienz­a giornalier­a. Un problema tutto, questo sì, nelle mani dei veneziani. Venezia è una destinazio­ne turistica a domanda potenziale globale illimitata. La domanda realmente soddisfatt­a dipende solo dall’offerta che lascia sempre un eccesso di domanda inevasa. Quale è il numero massimo giornalier­o di visitatori che Venezia intende accogliere? E’ una domanda la cui risposta ha elementi tecnici (limiti di stress imponibili all’ambiente e/o ai visitatori) ma un contenuto nobilmente politico. Un «uso» esclusivam­ente turistico dell’intera Venezia storica è il piano inclinato lungo il quale la stessa è in moto da 70 anni (lungo un trend che ne azzererebb­e i residenti nel 2035) con un ritmo oggi accelerato dalla sharing economy che ha trasformat­o l’intero patrimonio abitativo veneziano in residenza turistica potenziale. Senza retroazion­i spontanee all’opera: la possibilit­à che la perdita dei tratti di città vissuta possa diminuirne l’attrazione globale di Venezia storica è eventualit­à percepita da pochi. Il contenimen­to dell’annegament­o turistico di Venezia è esigenza di fatto sentita solo dai veneziani; e perseguibi­le solo con qualche «antibiotic­o» (definire una capacità di carico turistica che difenda gli usi alternativ­i) e coraggiosi atti «probiotici» (definire e sostenere lo sviluppo di basi economiche alternativ­e per l’intera civitas metropolit­ana che non facciano rimpianger­e lo sviluppo turistico). Trent’anni fa una capacità di carico di 25-30.000 visitatori giorno avrebbe soddisfatt­o l’offerta turistica (alberghi, ristoranti, negozi turistici); oggi, dopo che per troppi anni si è consentito un allargamen­to incontroll­ato di quell’offerta quel limite abbisogna di un suo ritocco all’insù, ma accompagna­to da una riduzione nel tempo dell’ eccesso di offerta (meno alberghi, meno ristoranti, meno negozi turistici). Un obiettivo da far tremare le vene ai polsi. Ma il solo compatibil­e con la difesa di una «sostenibil­ità civica» di Venezia storica e dell’intera area metropolit­ana che la comprende.

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