Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I TORNELLI E IL NODO A MONTE
Tornelli e bollino nero sono gli strumenti messi in campo da Brugnaro per contenere i disagi da flussi turistici a Venezia. Segnano l’avvio di una nuova stagione politica proattiva sull’uso turistico della città storica. Finalmente ci si riprova. Non 30 anni dopo come ha enfaticamente sottolineato il sindaco, ma 15 sì. Perché i tornelli, in Piazzale Roma e alla Stazione ferroviaria, e lo spostamento di parte degli attracchi dei «lancioni» granturismo alle Fondamente Nuove sono solo i varchi di una Ztl (zona a traffico limitato) pedonale che si aggiunge alla Ztl lagunare, che aveva posto fine all’arrivo selvaggio dei lancioni da Cavallino Treporti, dall’ aeroporto Marco Polo e dal Tronchetto, e alla ZTL terrestre, che aveva messo fine all’arrivo selvaggio dei bus turistici in Piazzale Roma, definite con mie ordinanze di Commissario al moto ondoso e di sindaco di Venezia nella primavera del 2002. Quegli interventi si sarebbero dovuti completare con l’introduzione di varchi Ztl da collocare in terraferma lungo tutte le strade che conducono a Venezia e con un «varco virtuale» da applicare agli arrivi in treno. Progetti che presentavano allora difficoltà tecniche oggi tutte superabili.
Ma su quella strada le amministrazioni, Cacciari, Orsoni e Commissari vari, successive alla mia non hanno ritenuto di continuare. Ben vengano dunque i test Brugnaro. Del loro valore tecnico, estetico, e simbolico varrà la pena di discutere alla conclusione degli esperimenti in corso. Ma con la consapevolezza che Ztl e tornelli attenuano gli effetti dell’inondazione turistica nel momento in cui si abbatte su Venezia, ma non ne determinano né dimensione né frequenza. Interveniamo a valle per attenuare gli effetti di problemi che potremmo eliminare a monte. Ma solo con una politica nazionale che guardi oggi a Venezia, ma abbia in mente Firenze (che sta dibattendo – in questi giorni - sul modo di scongiurare un destino da «open air museum, circondato di sole periferie»), Roma e le altre città storiche meta di flussi turistici travolgenti. Al momento su questo fronte Brugnaro, come i sindaci che lo hanno preceduto, è impotente: per mancanza di norme - statali per dettato costituzionale - che consentano di imporre, con la prenotazione, un uso turistico sostenibile. Brugnaro oggi può solo avvertire che la giornata tal dei tali sarà da «bollino nero» e sperare che i potenziali visitatori rinviino la visita. Per passare dalla speranza alla certezza occorrono norme che, nel rispetto del principio costituzionale di libertà di circolazione, consentano di organizzare un sistema di prenotazione delle visite a Venezia. Problema, mi si perdoni la puntigliosa sottolineatura, ampiamente risolto nei suoi aspetti tecnici, alla fine degli anni ’80, dallo studio condotto da Ca’ Foscari per il Comune di Venezia nel corso del dibattito sulla candidatura a Venetiaexpo 2000. Prenotazioni da applicare accompagnandole o meno ad un ticket che rimanda al problema, tutto diverso, del mantenimento del bene culturale Venezia anche a prescindere dall’eccesso di turismo. Ma, e qui si arriva al punto cruciale, l’organizzazione di un sistema di prenotazione delle visite a Venezia presuppone la determinazione previa del limite massimo di accoglienza giornaliera. Un problema tutto, questo sì, nelle mani dei veneziani. Venezia è una destinazione turistica a domanda potenziale globale illimitata. La domanda realmente soddisfatta dipende solo dall’offerta che lascia sempre un eccesso di domanda inevasa. Quale è il numero massimo giornaliero di visitatori che Venezia intende accogliere? E’ una domanda la cui risposta ha elementi tecnici (limiti di stress imponibili all’ambiente e/o ai visitatori) ma un contenuto nobilmente politico. Un «uso» esclusivamente turistico dell’intera Venezia storica è il piano inclinato lungo il quale la stessa è in moto da 70 anni (lungo un trend che ne azzererebbe i residenti nel 2035) con un ritmo oggi accelerato dalla sharing economy che ha trasformato l’intero patrimonio abitativo veneziano in residenza turistica potenziale. Senza retroazioni spontanee all’opera: la possibilità che la perdita dei tratti di città vissuta possa diminuirne l’attrazione globale di Venezia storica è eventualità percepita da pochi. Il contenimento dell’annegamento turistico di Venezia è esigenza di fatto sentita solo dai veneziani; e perseguibile solo con qualche «antibiotico» (definire una capacità di carico turistica che difenda gli usi alternativi) e coraggiosi atti «probiotici» (definire e sostenere lo sviluppo di basi economiche alternative per l’intera civitas metropolitana che non facciano rimpiangere lo sviluppo turistico). Trent’anni fa una capacità di carico di 25-30.000 visitatori giorno avrebbe soddisfatto l’offerta turistica (alberghi, ristoranti, negozi turistici); oggi, dopo che per troppi anni si è consentito un allargamento incontrollato di quell’offerta quel limite abbisogna di un suo ritocco all’insù, ma accompagnato da una riduzione nel tempo dell’ eccesso di offerta (meno alberghi, meno ristoranti, meno negozi turistici). Un obiettivo da far tremare le vene ai polsi. Ma il solo compatibile con la difesa di una «sostenibilità civica» di Venezia storica e dell’intera area metropolitana che la comprende.