Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Giudice onorario assegnava incarichi e prendeva il 10 per cento: arrestato

Ai domiciliar­i anche un profession­ista. Sospetti di un sistema tra Verona e Padova

- Alberto Zorzi

VERONA Le fiamme gialle di Trento si erano già insospetti­te quando, messo sotto controllo il telefono di Cristiano Berto, avvocato padovano e giudice onorario al tribunale di Verona, circa un mese fa a ve v a n o s e n t i to non solo grande confidenza («Cristianuc­cio», «Dinuccio»), ma altre frasi decisament­e più indicative: «Non faccio altro che l i quidarti parcelle - diceva Berto all’architetto veronese Dino Josè Rancan - Ti sono arrivati gli zuccherini?». E ancor più quando il 3 aprile i due si erano dati appuntamen­to a breve per la consegna di una «colomba». E così dal blitz dello scorso 19 aprile è spuntata quella «pistola fumante» che ieri mattina ha portato agli arresti domiciliar­i Berto e Rancan per corruzione.

Secondo l’ipotesi del Nucleo di polizia economico-finanziari­a di Trento e del pm Carmine Russo (a cui è arrivato il fascicolo proprio perché tra gli indagati c’è un giudice veneto, per quanto onorario), Berto, che si occupava di esecuzioni immobiliar­i, avrebbe affidato incarichi ad alcuni profession­isti in cambio del 10 per cento delle parcelle. E dopo le perquisizi­oni di tre settimane fa, l’accelerazi­one nasce proprio dal fatto che a casa di Rancan è stata trovata una busta contenente 850 eu- ro in contanti, secondo gli inquirenti destinati senza dubbio a Berto: sopra la missiva, infatti, c’era un post-it con alcuni numeri che sono poi risultati i procedimen­ti in cui il profession­ista era stato nominato dal giudice. Inoltre Rancan aveva anche un prospetto compilato al computer in cui erano elencati tutti i pagamenti fatti a Berto: numero di procedimen­to, compenso lordo e netto percepito e infine l’ultima cifra, quel 10 per cento. Rancan aveva ottenuto 17 incarichi, per un compenso netto di 28.250 euro, e aveva già restituito 1.650 euro («acconto 1» di 300, «acconto 2» di 500, «acconto 3» di 850) e l’ultimo numero erano proprio gli altri 850 che si accingeva a consegnarg­li.

E’ così che le fiamme gialle trentine, capitanate dal colonnello Roberto Ribaudo, hanno subito informato il pm Russo, il quale in tempi record ha c hi esto e ottenuto l’ordinanza di custodia cautelare dal gip Marco La Ganga. Il giudice, oltre a disporre gli arresti domiciliar­i, ha anche ordinato il sequestro di 29.900 euro, cioè la s o mma tra i 28.250 euro ricevuti illecitame­nte – in ipotesi d’accusa – da Rancan e i 1.650 delle mazzette già consegnate a Berto.

Cifre esigue, ma è evidente che gli inquirenti stanno lavo- rando su un sistema corruttivo più ampio, come peraltro emerge anche dall’ordinanza. Nel capo d’ i mputazione si parla infatti anche di altri due e pi s odi: il primo che vede protagonis­ti lo stesso Berto, l ’a v vo ca to ve ronese Marco Bertaso e il commercial­ista di Este Gian Marco Rando, che avrebbe fatto da intermedia­rio tra di loro; il secondo, allo stato degli atti solo tentato, con l’avvocato veronese Marco Bulgarelli. I loro nomi erano già emersi al momento delle perquisizi­oni del 19 aprile, ma per ora non c’è stata alcuna richiesta di misura cautelare. Su Bertaso e Rando il gip scrive però – ai fini dell’arresto di Berto – che «il grave quadro indiziario si fonda su vari elementi». E qui viene citata la denuncia del giudice veronese Andrea Mirenda – poi divenuto famoso per una durissima polemica contro il Csm e le sue correnti – che riferì di aver saputo dall’avvocato Luca Bulgarelli, fratello di Marco, di una cena tra Berto, Bertaso e Rando in cui sarebbe stato definito l’accordo. Lo stesso Marco Bulgarelli, sentito poi dalla procura, aveva confermato la «proposta indecente» riferitagl­i da Bertaso: «C’era la possibilit­à di ricevere un numero più consistent­e di incarichi da Berto, accettando di restituirg­li una parte della somma», è la sintesi delle sue dichiarazi­oni. Ma lui disse di aver rifiutato.

Bertaso è stato nominato per 11 incarichi, mentre Bulgarelli per due. Nell’ottobre 2017 sul conto di Berto arriva un bonifico di 28 mila euro da una compagnia assicuratr­ice, ma lui – già intercetta­to – dice al telefono che è in realtà da parte di Bertaso. L’arresto di Berto e Rancan, scrive il giudice, serve proprio per bloccarli ed evitare la reiterazio­ne del reato ed è per questo che non possono c o mun i c a r e con l’esterno: la loro personalit­à è «proclive al delitto».

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