Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Giudice onorario assegnava incarichi e prendeva il 10 per cento: arrestato
Ai domiciliari anche un professionista. Sospetti di un sistema tra Verona e Padova
VERONA Le fiamme gialle di Trento si erano già insospettite quando, messo sotto controllo il telefono di Cristiano Berto, avvocato padovano e giudice onorario al tribunale di Verona, circa un mese fa a ve v a n o s e n t i to non solo grande confidenza («Cristianuccio», «Dinuccio»), ma altre frasi decisamente più indicative: «Non faccio altro che l i quidarti parcelle - diceva Berto all’architetto veronese Dino Josè Rancan - Ti sono arrivati gli zuccherini?». E ancor più quando il 3 aprile i due si erano dati appuntamento a breve per la consegna di una «colomba». E così dal blitz dello scorso 19 aprile è spuntata quella «pistola fumante» che ieri mattina ha portato agli arresti domiciliari Berto e Rancan per corruzione.
Secondo l’ipotesi del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Trento e del pm Carmine Russo (a cui è arrivato il fascicolo proprio perché tra gli indagati c’è un giudice veneto, per quanto onorario), Berto, che si occupava di esecuzioni immobiliari, avrebbe affidato incarichi ad alcuni professionisti in cambio del 10 per cento delle parcelle. E dopo le perquisizioni di tre settimane fa, l’accelerazione nasce proprio dal fatto che a casa di Rancan è stata trovata una busta contenente 850 eu- ro in contanti, secondo gli inquirenti destinati senza dubbio a Berto: sopra la missiva, infatti, c’era un post-it con alcuni numeri che sono poi risultati i procedimenti in cui il professionista era stato nominato dal giudice. Inoltre Rancan aveva anche un prospetto compilato al computer in cui erano elencati tutti i pagamenti fatti a Berto: numero di procedimento, compenso lordo e netto percepito e infine l’ultima cifra, quel 10 per cento. Rancan aveva ottenuto 17 incarichi, per un compenso netto di 28.250 euro, e aveva già restituito 1.650 euro («acconto 1» di 300, «acconto 2» di 500, «acconto 3» di 850) e l’ultimo numero erano proprio gli altri 850 che si accingeva a consegnargli.
E’ così che le fiamme gialle trentine, capitanate dal colonnello Roberto Ribaudo, hanno subito informato il pm Russo, il quale in tempi record ha c hi esto e ottenuto l’ordinanza di custodia cautelare dal gip Marco La Ganga. Il giudice, oltre a disporre gli arresti domiciliari, ha anche ordinato il sequestro di 29.900 euro, cioè la s o mma tra i 28.250 euro ricevuti illecitamente – in ipotesi d’accusa – da Rancan e i 1.650 delle mazzette già consegnate a Berto.
Cifre esigue, ma è evidente che gli inquirenti stanno lavo- rando su un sistema corruttivo più ampio, come peraltro emerge anche dall’ordinanza. Nel capo d’ i mputazione si parla infatti anche di altri due e pi s odi: il primo che vede protagonisti lo stesso Berto, l ’a v vo ca to ve ronese Marco Bertaso e il commercialista di Este Gian Marco Rando, che avrebbe fatto da intermediario tra di loro; il secondo, allo stato degli atti solo tentato, con l’avvocato veronese Marco Bulgarelli. I loro nomi erano già emersi al momento delle perquisizioni del 19 aprile, ma per ora non c’è stata alcuna richiesta di misura cautelare. Su Bertaso e Rando il gip scrive però – ai fini dell’arresto di Berto – che «il grave quadro indiziario si fonda su vari elementi». E qui viene citata la denuncia del giudice veronese Andrea Mirenda – poi divenuto famoso per una durissima polemica contro il Csm e le sue correnti – che riferì di aver saputo dall’avvocato Luca Bulgarelli, fratello di Marco, di una cena tra Berto, Bertaso e Rando in cui sarebbe stato definito l’accordo. Lo stesso Marco Bulgarelli, sentito poi dalla procura, aveva confermato la «proposta indecente» riferitagli da Bertaso: «C’era la possibilità di ricevere un numero più consistente di incarichi da Berto, accettando di restituirgli una parte della somma», è la sintesi delle sue dichiarazioni. Ma lui disse di aver rifiutato.
Bertaso è stato nominato per 11 incarichi, mentre Bulgarelli per due. Nell’ottobre 2017 sul conto di Berto arriva un bonifico di 28 mila euro da una compagnia assicuratrice, ma lui – già intercettato – dice al telefono che è in realtà da parte di Bertaso. L’arresto di Berto e Rancan, scrive il giudice, serve proprio per bloccarli ed evitare la reiterazione del reato ed è per questo che non possono c o mun i c a r e con l’esterno: la loro personalità è «proclive al delitto».