Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
LE PROFESSIONI DISINTERMEDIATE
Per il popolo delle partite Iva, un’app per la copiosa mole di questioni amministrative e fiscali, che si configura in modo diverso in relazione al profilo dell’utente, lo supporta nella gestione delle esigenze più frequenti, lo solleva dagli adempimenti più ripetitivi che vengono evasi in modo semplice e automatico, fornisce in tempo reale anche una simulazione del carico fiscale fino a due anni e suggerisce il professionista (in carne e ossa) più qualificato per affrontare le problematiche specifiche che non si possono sbrogliare in modo standardizzato: questa soluzione è stata una delle esperienze di innovazione nei servizi professionali discusse nei giorni scorsi nell’assemblea dei commercialisti di Padova. Per i piccoli imprenditori, un’app che facilita la gestione finanziaria d’impresa e permette di avere sullo schermo del telefonino le informazioni aggiornate sull’andamento di costi e ricavi, sullo stato di pagamenti e incassi e sul loro impatto sui principali indicatori economici e di liquidità: è stata presentata da Confartigianato Vicenza ai suoi associati al Cuoa. Per milioni di altri cittadini (lavoratori e pensionati), c’è il modello 730 precompilato disponibile nel sito dell’Agenzia delle Entrate, dove si riceve anche assistenza telefonica, o in ufficio o addirittura sulla pagina Facebook: dal primo giorno utile per la compilazione, oltre un milione di italiani ha verificato la propria posizione usando il canale telematico. Le iniziative citate sono nate in modo indipendente le une dalle altre e ciascuna con un proprio specifico obiettivo, ma hanno un denominatore comune: accumulano nel sistema un potenziale di cambiamento, che rimane inattivo fino a quando una forza debole, in apparenza innocua, non lo attiva innescando così un processo evolutivo irreversibile. La forza debole potrebbe essere stata il recente confronto a Verona, moderato dal vicedirettore del Corriere del Veneto Massimo Mamoli, da cui, al netto di qualche distinguo su tempi e modi, è emersa totale convergenza tra commercialisti, imprese e Agenzia delle Entrate per dare una spinta decisa e unanime al fisco digitale: adempimenti più veloci, attività più efficienti, controlli più efficaci. Il cambiamento irreversibile, invece, è la disintermediazione di una parte del lavoro professionale di tipo amministrativo e fiscale, che ha raggiunto il punto di non ritorno per effetto della crescente digitalizzazione sia delle attività contabili sia di interi processi gestionali.
Per i commercialisti si apre una stagione di forte discontinuità. I raffinati strumenti dell’intelligenza artificiale creano sistemi capaci di soddisfare non solo le esigenze delle attività semplici e ripetitive, ma anche di fornire risposte azzeccate per problemi complessi e mutevoli: ciò farà migrare altre attività amministrative e fiscali verso la gestione digitale, portandole fuori dagli studi. Gli algoritmi per trattare grandi masse di dati portano alla profilazione sempre più precisa dei bisogni dei clienti: ciò permetterà alle piattaforme digitali di fornire un supporto professionale realmente «su misura» a costi limitati, togliendo agli studi uno dei presunti atout. Ci sono varie strategie per affrontare questi cambiamenti. Si può scegliere la strada della specializzazione spinta, rinunciare ad avere un proprio portafoglio clienti, e diventare fornitori di una o più piattaforme, fornendo prestazione professionale on demand per i clienti, sia con la consolidata modalità «passi in studio», sia con i canali digitali. Oppure, si può tentare la via del «full professional service provider» che fa un po’ di tutto, ma lo fa in modo (molto) intelligente: dà ai suoi clienti soluzioni più efficaci per gestire le esigenze amministrative e fiscali; risolve in autonomia le eccezioni alla sua portata; attiva una rete esterna di colleghi per quelle diverse dalla propria specializzazione; fa del servizio completo il suo vantaggio competitivo. Tra questi estremi, ci sono molte soluzioni intermedie per i commercialisti. Basta non si dica che le trasformazioni faranno sparire i commercialisti di una volta, perché è ciò di cui oggi c’è bisogno.