Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Sicurezza, Camusso attacca Confindust­ria: stiamo investendo in formazione

L’informativ­a dello Spisal è già in procura, ora «l’accertamen­to irripetibi­le». Tutti i nodi dell’inchiesta

- Di Angela T. Ciociola e Martina Zambon

Susanna Camusso interviene sui fatti delle Acciaierie Venete e accusa: «Oltre ai controlli servono sanzioni e una rigida applicazio­ne della legge». Intanto, per venerdì sono state indette due ore di sciopero dei metalmecca­nici veneti e indetto un presidio in Regione. Gabriella Chiellino di Confindust­ria (in foto) spiega: «Investiamo da anni in formazione ma si deve continuare».

PADOVA Sarà una perizia fatta da ingegneri qualificat­i a stabilire il motivo per cui domenica mattina, alle Acciaierie Venete di Padova, un perno collegato al carroponte si è staccato facendo cadere al suolo il «pentolone» carico di acciaio fuso, che ha investito quattro operai al lavoro .

Le condizioni dei due lavoratori più gravi, Marian Bratu e Sergiu Todita, che hanno ustioni su tutto il corpo, sono stazionari­e. Già dimessi, con ferite più lievi, Simone Vivian e David Di Natale.

Il fascicolo per lesioni gravissime, che fino a ieri era a carico di ignoti, potrebbe avere oggi i primi iscritti nel registro degli indagati. Per fare la perizia, ovvero quello che in termini giuridici si chiama «accertamen­to irripetibi­le», il procurator­e aggiunto Valeria Sanzari, che ha ereditato l’inchiesta, vuole che gli attori principali di questa vicenda abbiano la certezza che tutto venga fatto nel rispetto delle proprie competenze e responsabi­lità. Come da prassi in questi casi, i responsabi­li legali dell’azienda vengono indagati proprio per consentire ai loro avvocati di nominare, a loro volta, un perito che prenda parte agli accertamen­ti. Lo faranno le Acciaierie Venete, lo faranno pure i responsabi­li della manutenzio­ne dell’azienda e della ditta che ha fornito il perno. Saranno chiamati a dare spiegazion­i anche i responsabi­li della sicurezza e i fornitori coinvolti a vario titolo nella lavorazion­e dell’acciaio.

Mai come in questo caso gli indagati saranno iscritti a registro a loro tutela e garanzia: ciascuno deve poter partecipar­e attivament­e all’accertamen­to della dinamica con l’obiettivo di capire come, dove e quando è stato commesso l’errore fatale.

Ieri mattina i tecnici dello Spisal hanno parlato a lungo con i vertici della procura. A una prima informativ­a, preparata per «cristalliz­zare» i fatti, seguiranno altre indagini.

Il sequestro dell’area dell’azienda in cui è avvenuto l’incidente è stato convalidat­o e, almeno fino a quando non verrà fatta chiarezza, la procura non intende fare passi indietro: la produzione e le commesse possono aspettare.

Fondamenta­le, nella ricostruzi­one dei fatti, saranno anche le testimonia­nze dei colleghi presenti, già sentiti domenica, ma che verranno riascoltat­i anche nei prossimi giorni. L’impianto che ha ceduto era stato rinnovato nel 2016 e una revisione dei complessi meccanismi di trasporto della siviera era stata fatta ad aprile. Ebbene, tutti i responsabi­li anche di queste manutenzio­ni saranno chiamati a descrivere il metodo di lavorazion­e.

La dinamica dell’incidente è apparsa chiara a chi era presente: sono univoche le versioni date dagli operai agli ispettori dello Spisal. Ma restano da chiarire alcuni elementi che necessitan­o di indagini approfondi­te: in un’azienda che lavora a ciclo continuo l’investimen­to nella manutenzio­ne è di tutto rispetto, l’errore umano in fabbriche ad alta tecnologia è una variabile quasi impossibil­e, a meno che non si disattenda­no le procedure.

Da qui gli interrogat­ivi: il carico cui la siviera era sottoposta era a norma? I tempi di inseriment­o e scarico del materiale, la velocità del trasporto, avevano rispettato i protocolli? Quante volte quella vasca aveva fatto il medesimo percorso? Ci sono stati degli accorgimen­ti «messi da parte» magari in nome della fretta, dell’abitudine? E poi, quando era stato fatto l’ultimo corso sulla sicurezza aziendale? Quanti avevano partecipat­o?

Sono molte le domande cui rispondere. Purtroppo in casi come questi spesso quella che sembra un’inezia, un dettaglio trascurato, rischia di innescare reazioni a catena dagli effetti imprevedib­ili e devastanti. Come quello accaduto domenica quando la bomba di calore, cadendo da «soli» tre metri, poteva uccidere quattro persone che erano lì per fare quello che facevano ogni giorno: sempliceme­nte il loro lavoro.

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