Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Autonomia e relative risorse nel contratto Salvini-Di Maio
Mandato a chiudere le trattative gia aperte
VENEZIA «Questione prioritaria nell’agenda del governo e del parlamento, per tutte le Regioni che lo richiedono, è una maggiore autonomia, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, non ultimo portando a conclusione le trattative tra il governo e le Regioni attualmente aperte». Spunta l’autonomia nella bozza del contratto Salvini-Di Maio. Zaia ne era sicuro.
VENEZIA «Il popolo è stremato e il Paese non può continuare ad essere guidato da un governo che si sta spegnendo come una candela». Il presidente Luca Zaia osserva con distacco (ed un certo scetticismo) ciò che sta accadendo a Roma, tra una salita al Colle ed una diretta su Facebook. La vita, verrebbe da dire, va avanti, almeno in Veneto, e questo nonostante lo stallo al governo blocchi dossier fondamentali come la candidatura di Cortina alle Olimpiadi invernali del 2026 o le decisioni sulle Grandi Navi a Venezia. E poi c’è l’autonomia, «la madre di tutte le battaglie» completamente sparita dal dibattito pubblico, tra promesse sull’abolizione della Legge Fornero, il rimpatrio in massa dei migranti, il reddito di cittadinanza, la Flat Tax. Ma Zaia rassicura: «Nel contratto in via di scrittura tra Salvini e Di Maio l’autonomia c’è, so per certo che se ne sta parlando. Non so in che termini, perché non ho letto la bozza, ma l’argomento è sul tavolo e proprio il fatto che si parli di “contratto” fa ben sperare, significa che si vuol entrare nel dettaglio». D’altra parte, aggiunge il governatore, «Lega e Movimento Cinque Stelle non hanno alibi: entrambi i partiti hanno sostenuto la nostra battaglia sia in occasione del referendum del 22 ottobre che durante la campagna elettorale, sarebbe incredibile che non vi dessero seguito una volta arrivati al governo del Paese».
La conferma alle parole di Zaia arriva in serata, grazie allo scoop dell’Huffington Post che rivela online una bozza del contratto «Legastellato» datata 14 maggio, dunque recentissima, risalente a poche ore prima la salita di Salvini e Di Maio al Quirinale. Al punto 15, rubricato «Riforme istituzionali e autonomia», si parla della riduzione dei parlamentari (400 deputati e 200 senatori), dell’introduzione del vincolo di mandato per «rimediare al trasformismo», dei referendum. Quindi si entra nel vivo: «Sotto il profilo del regionalismo - si legge l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda del governo e del parlamento, per tutte le Regioni che lo richiedono, una maggiore autonomia, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, non ultimo portando a conclusione le trattative tra il governo e le Regioni attualmente aperte». È, questo, esattamente il caso del Veneto, che dunque pur non citato direttamente ottiene un riconoscimento e la promessa di una rapida conclusione dell’iter.
Il documento quindi prosegue ricalcando molti dei desiderata avanzati nei mesi scorsi dalla Regione a Roma: «Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse: alla maggiore autonomia dovrà infatti accompagnarsi una maggiore responsabilità sul territorio in termini di equo soddisfacimento dei servizi a garanzia dei propri cittadini ed in termini di efficienza e di efficacia dell’azione svolta. Questo percorso di rinnovamento dell’assetto istituzionale dovrà dare sempre più forza al regionalismo, applicando Regione per Regione la logica della geometria variabile che tiene conto sia delle peculiarità e delle specificità delle diverse realtà territoriali sia della solidarietà nazionale e dà spazio all’energia positiva e alle spinte propulsive espresse dalle collettività locali». Che è esattamente il concetto alla base della dottrina costituzionale portata avanti in questi anni dai professori del Bo Mario Bertolissi e Luca Antonini, consiglieri giuridici di Zaia.
Se a questo si aggiunge, infine, «l’introduzione dei costi standard per i servizi regionali e locali» e la rimodulazione degli stessi «secondo il principio di sussidiarietà», si può ritenere che Zaia possa dormire sonni tranquilli, sempreché, ovviamente, il governo si faccia e il «contratto» venga poi realizzato fino in fondo. In tal senso, il governatore non sembra preoccupato dalle differenze tra la Lega, il partito nordista per eccellenza, e il M5S, che ha stravinto al Sud, due partiti che proprio qui in Veneto si fronteggiano scambiandosi tutt’altro che carezze (basti pensare alla Pedemontana): «I Cinque Stelle in Veneto sono all’opposizione e lì restano. Non entrano in maggioranza, non ci saranno convergenze - spiega Zaia -. Si va avanti così perché così hanno voluto gli elettori. Diverso il caso di Roma, dove ci si sta parlando e si sta verificando se sia possibile trovare dei punti di convergenza programmatica e costruire un governo insieme. Non vedo lo scandalo».
Intanto oggi approda in consiglio regionale lo Zaiatellum, la nuova legge elettorale con premio di maggioranza voluta dal presidente e dalla Lega per blindare la prossima amministrazione in Regione. In commissione è stata trovata l’intesa più delicata, quella sul premio: avrà il 55% dei seggi chi resta sotto la soglia del 40% dei voti (28 seggi alla maggioranza, 23 all’opposizione), il 60% dei seggi chi raggiunge o supera il 40% dei voti. «La governabilità è l’aspetto fondamentale di qualunque amministrazione commenta Zaia - e con la legge elettorale attuale il Veneto ha il premio più basso d’Italia». Non sembra invece particolarmente entusiasta della modifica - chiesta da alcuni consiglieri già candidati alle amministrative di giugno - di eliminare l’incompatibilità tra il consiglio regionale e quello comunale: «Se lo vogliono fare, lo facciano - dice laconico Zaia - ma attenzione: che poi non succeda che mi saltano i lavori al Ferro Fini perché la gente è in giro nei Comuni, perché non esiste».
Si annuncia battaglia su questo e sulla possibilità, per il candidato presidente, di presentarsi in tutte le province come consigliere (oggi è ammesso in una Provincia soltanto), mentre il dem Graziano Azzalin, con un emendamento, apre un nuovo fronte: « Chiederò che siano assegnati tre consiglieri a Belluno e tre a Rovigo: diamo più voce ai territori dimenticati, la legge elettorale è l’occasione per dimostrare che la Regione non fa figli e figliastri».
I costi standard
Nel contratto Lega-M5S anche i costi standard e il principio di sussidiarietà