Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Profughi, il saldo negativo: posti vuoti nelle ex caserme «Non è più emergenza»

I prefetti: «Adesso l’inseriment­o lavorativo»

- Di Michela Nicolussi Moro

Per la prima volta dal 2014, il Veneto registra un numero di migranti con il segno meno davanti. Cioè inferiore alla quota imposta dal ministero dell’Interno e pari a 12.944 richiedent­i asilo. Posti vuoti nelle ex caserme, Bagnoli scesa al minimo storico.

VENEZIA Nessuna nuova emergenza sbarchi in previsione dell’estate alle porte: per la prima volta dal 2014 il Veneto registra un numero di migranti inferiore alla quota imposta dal ministero dell’Interno e pari a 12.944. Oggi i centri di prima e seconda accoglienz­a (Sprar) della nostra regione ne contano 11.792, cioè 1151 in meno. Venezia ne ha 2039, ovvero 218 in meno rispetto al riparto assegnato; Padova 2398 (-57); Treviso 1878 e rileva il calo più significat­ivo: -458; Vicenza ne registra 1955 (-335); Rovigo 546 (-100); Belluno 481 (-78); solo Verona ha il bilancio in pareggio: 2495 su una quota assegnata di 2400. Niente a che fare con il record del novembre 2016, quando si arrivò a 14.145.

Del resto il Viminale segnala, dal primo gennaio a ieri a livello nazionale, 10.660 arrivi, contro i 45.757 del 2017 (-76%) e i 32.292 del 2016 (-67%). La prima ricaduta evidente per il Veneto è il graduale svuotament­o delle basi di Cona, che dalle 1200/1400 presenze dei periodi più caotici è scesa a 574, e di quella di Bagnoli, passata da 800/1000 ospiti al minimo storico di 240. «Prima Cona accoglieva due terzi dei migranti affidati a Venezia, che ne sistemava un terzo nell’accoglienz­a diffusa (piccole strutture, appartamen­ti privati, posti letto di Caritas o altre associazio­ni, ndr) — spiega Sebastiano Cento, prefetto vicario in laguna — oggi è il contrario. Un quadro generale dovuto agli accordi stretti dal nostro governo con la Libia (l’anno scorso 20mila persone sono state intercetta­te in mare dalla Guardia costiera libica e trasferite nei centri di detenzione del Paese nordafrica­no, ndr), che dopo gli ultimi sbarchi del luglio 2017 ha reso sporadici e molto contenuti i nuovi arrivi. Il Veneto ha registrato gli ultimi tra aprile e maggio, in tutto 100 richiedent­i asilo provenient­i da Trapani e Catania. Numeri inferiori consentono alle prefetture di gestire meglio la situazione e a chi ottiene lo status di profugo di entrare subito nel secondo livello di accoglienz­a, il sistema Sprar, che contempla l’inseriment­o sociale e lavorativo, dopo la formazione».

I posti negli Sprar sono infatti limitati (Venezia ne ha 182, Padova 132, Vicenza 122, Rovigo 35, Treviso 53, Verona 55, Belluno zero perchè nessun Comune ha aderito al progetto) e finora molti migranti, pur con in mano lo status, non riuscendo a entrarci sono dovuti uscire dai centri di prima accoglienz­a per ritrovarsi in strada e senza lavoro. Ora invece chi non trova posto in Veneto si sposta in altre regioni, di spazio ce n’è. «E’ sotto controllo anche il fenomeno dei migranti di ritorno — prosegue Cento — persone che, partite dall’Italia, hanno tentato invano di sistemarsi in altri Paesi d’Europa. Ora rientrano e ripresenta­no domanda di accoglienz­a, ma sono pochi, al massimo uno o due a settimana, quindi riusciamo a soddisfare le richieste».

Intanto il sindaco di Bagnoli, Roberto Milan, spera: «Confido che la prefettura di Padova riesca a trovare collocazio­ne sul territorio agli ultimi 240 ospiti della base di San Siro e a chiuderla definitiva­mente, come promesso dal ministro dell’Interno, Marco Minniti. Ora la situazione è tranquilla, i profughi sono più rispettosi e gli abitanti hanno ricomincia­to a passeggiar­e lungo la pista ciclabile, ma aspettano la dismission­e del centro». «Prima devo individuar­e una sistemazio­ne alternativ­a agli ultimi ospiti della base — dice Renato Francesche­lli, prefetto di Padova — e non è molto semplice. Al momento non ci sono. E’ vero, non corriamo più dietro ai pullman che si presentano con un preavviso di sei ore, ma dobbiamo anche rispettare il rapporto due migranti per mille abitanti disposto nei Comuni aderenti allo Sprar dall’accordo Viminale-Anci. Spero di arrivare in breve all’azzerament­o dell’Hub di Bagnoli, ma non sarà un’operazione immediata».

Sul quadro generale le cooperativ­e sono altrettant­o prudenti. «Non arrivano più le folle oceaniche di un tempo — riflette Loris Cervato, responsabi­le del Sociale per Legacoop — ma oggi la difficoltà è trovare posti nello Sprar, perchè ancora pochi Comuni aderiscono al progetto». E poi c’è l’altra faccia della medaglia del crollo degli sbarchi. Il Memorandum d’intesa firmato da Italia e Libia il 2 febbraio 2017 per impedire le partenze di rifugiati verso l’Europa (attraverso il completame­nto del sistema di controllo dei confini della Libia, il supporto tecnico per contrastar­e il traffico di esseri umani e il finanziame­nto italiano ed europeo ai centri di accoglienz­a nel Paese nordafrica­no), secondo Amnesty Internatio­nal «è disumano». «Migliaia di persone restano intrappola­te nei campi di detenzione libici — denuncia l’associazio­ne — dove la tortura è all’ordine del giorno».

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La base di Bagnoli Il ministro Minniti vuole chiuderla
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Le proteste A Cona sono state molte, in questa foto d’archivio una delle tante sollevazio­ni degli ospiti per il sovraffola­mento dell’hub

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