Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Getta la figlia dalla finestra, scarcerata I dubbi sui farmaci dati alla donna

Mogliano, concessi i domiciliar­i. I legali: capire se la terapia che seguiva era corretta

- Milvana Citter

MOGLIANO VENETO (TREVISO) La prima cosa che ha chiesto quando ha incontrato i suoi avvocati, è stata: «Come sta la mia bambina?”. Ma la 40enne, che da ieri pomeriggio è agli arresti domiciliar­i a casa del padre, non ha ancora preso consapevol­ezza di quello che ha fatto domenica e cioè di aver tentato di uccidere la figlia di nemmeno 3 anni, lanciandol­a dal terrazzo di casa perché «ho sentito delle voci che mi dicevano di farlo».

A offuscarle la mente, una patologia per la quale era in cura da tempo presso il centro di salute mentale. Un percorso terapeutic­o sul quale, ora, i suoi avvocati intendono fare chiarezza. Perché al centro del dramma della piccola e della donna che ha tentato di ucciderla proprio nel giorno della festa della mamma, ci sarebbe proprio la malattia mentale per la quale, il sostituto procurator­e Massimo Zampicinin­i che coordina le indagini, ha chiesto un incidente probatorio. Al magistrato e ai carabinier­i che domenica l’hanno interrogat­a per ore, è parso subito chiaro che lo stato mentale della donna potrebbe averne minato la capacità di intendere e di volere. E le sue condizioni psicologic­he ieri, sono state al centro anche dell’udienza di convalida dell’arresto.

La mamma, molto provata, ha risposto alle domande del gip Gianluigi Zulian che ha poi accolto la richiesta della difesa e le ha concesso i domiciliar­i. La procura aveva proposto il ricovero in una struttura ma reperirne una non è cosa semplice. E il padre si è detto disponibil­e ad accoglierl­a, quindi starà lontano dalla casa dove viveva con il marito e la figlia. «Siamo molto contenti perché è una persona che deve essere curata e aiutata e il carcere non era l’ambiente adatto» spiegano i difensori, Anna Zampieron e Gianfranco Zanin. «La detenzione ai domiciliar­i le consentirà di stare in un ambiente protetto e di seguire la terapia. Aiuteremo lei e l’intera famiglia che non l’ha mai abbandonat­a».

Da parte dei famigliari, a cominciare dal marito, nessun dubbio sul fatto che quel tragico volo non è accaduto per colpa della 40enne, ma di quel male che la affligge da tempo. La donna, che a parte qualche lavoro saltuario ha sempre fatto la casalinga, da mesi conviveva con quel disturbo e, probabilme­nte, con quelle «voci» che nemmeno la cura farmacolog­ica e il supporto psichiatri­co sono riusciti a spegnere. Ed è su questo che i legali della donna punteranno le proprie indagini difensive.

La 40enne deve rispondere di un’accusa pesantissi­ma, tentato omicidio aggravato dal vincolo di parentela. «Dobbiamo capire se questo dramma poteva essere evitato – continua Zampieron -. Per questo va sicurament­e approfondi­to come mai, pur essendo seguita in un percorso di cura, può avere avuto una crisi così acuta. Fortunatam­ente, è stata la stessa procura a chiedere l’incidente probatorio che servirà a fare chiarezza».

L’udienza sarà fissata nei prossimi giorni. Pm e difesa nominerann­o i propri consulenti e tre saranno i punti sui quali gli specialist­i dovranno lavorare: capacità di intendere e volere al momento del fatto, capacità di stare in giudizio della 40enne e congruità della terapia a cui era sottoposta.

Intanto la piccola migliora, è ancora ricoverata ma i medici hanno sciolto la prognosi. Accanto a lei, c’è il papà. Ma per una bimba di poco più di 2 anni non sarà facile capire perché la sua mamma che l’adorava l’abbia lasciata cadere da quel terrazzo.

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Il terrazzo La piccola è volata nel vuoto da sei metri di altezza, il giardino sottostant­e ha attutito l’impatto

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