Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Il razzismo peggiora i risultati economici»
Rasul ha indagato il pregiudizio dopo l’11 settembre «I musulmani hanno subito una crescente ostilità»
Ipregiudizi? Portano a «una cattiva distribuzione del talento», che impedisce «alle persone migliori di incontrare il lavoro migliore» e in generale abbassa la produttività. Lo stesso ragionamento si applica alle varie forme di discriminazione, di genere e non solo. Imran Rasul, a lungo ricercatore sui temi del lavoro, sviluppo e politica pubblica, analizza i costi economici e sociali del razzismo. Per lui, co-direttore del Centro Esrc per l’analisi microeconomica delle politiche pubbliche all’Institute of Fiscal Studies, è in programma la conversazione durante il Festival dell’Economia di Trento con Francesca Paci, per sabato 2 giugno alle 12 a palazzo Geremia. Il tema «Giustizia e discriminazione etnica» è mutuato dalla ricerca firmata assieme a Brendon McConnell sui pregiudizi nelle sentenze del sistema criminale federale americano dopo l’11 settembre.
Lei pensa che l’attacco dell’11 settembre abbia scatenato negli Stati Uniti i pregiudizi nei confronti delle persone di fede musulmana e dei cittadini dei paesi arabi, come credono in molti?
«L’evidenza citata nella nostra ricerca, dal titolo “Differenze razziali ed etniche nelle sentenze del sistema di giustizia criminale federale”, e che proviene da molteplici fonti, suggerisce che ci sia stato negli Stati Uniti un aumento dell’ostilità verso gli islamici nell’immediato seguito dell’11 settembre. Un altro lavoro ha dimostrato che questo fenomeno potrebbe aver portato a un peggiore esito del mercato del lavoro per alcuni gruppi. Ciò che mostriamo noi nella ricerca è che lo stesso sentimento di avversione post-11 settembre si è poi esteso verso altre minoranze, specialmente gli ispanici. Tale gruppo potrebbe avere subito un impatto a causa della crescente associazione tra le politiche collegate all’immigrazione e quelle mirate verso le attività terroristiche. Il processo è iniziato prima dell’11 settembre».
Nella ricerca sui verdetti del sistema federale americano si mostra come le sentenze siano peggiorate verso gli ispanici mentre allo stesso tempo sono rimaste sostanzialmente invariate nel merito verso le persone della minoranza nera negli Stati Uniti. È così?
«Esattamente. È degno di nota il fatto che abbiamo trovato tale contagiosa avversione applicata all’interno del più esperto e competente livello del sistema di giustizia criminale in America, appunto quello federale. Questo sembra essere conseguenza sia del comportamento dei giudici che dei pubblici accusatori federali».
Nella sua opinione, esiste
una relazione tra lavoro, sviluppo e politiche pubbliche da una parte e dall’altra la discriminazione razziale e sociale?
«Il razzismo, così come altre forme di pregiudizio, è ovviamente qualcosa di eticamente sgradito e indesiderabile. Per gli economisti tali forme di discriminazione sono state studiate a partire dal 1955, dalla tesi di Phd di Gary Becker (economista statunitense premio Nobel dell’economia, ndr). Quindi il razzismo porta ad un contenimento, a una restrizione dell’economia e questo tipicamente conduce a un risultato inefficiente che significa una riduzione del welfare. I pregiudizi portano a una cattiva distribuzione del talento, dove le persone migliori non necessariamente incontrano il lavoro migliore. Questo abbassa la produttività e rende ciascuno peggiore in generale. Lo stesso ragionamento si applica alla discriminazione di genere e alle altre forme di pregiudizio
che impediscono agli individui di raggiungere e sviluppare il loro pieno potenziale».
Un’altra sua pubblicazione è intitolata «La costruzione della nazione attraverso il sistema d’istruzione obbligatorio nell’epoca delle migrazioni di massa». Che idea ha da economista del fenomeno dei flussi migratori che caratterizzano il pianeta?
«Ho studiato l’economia delle migrazioni di massa dall’inizio del ventesimo secolo quando decine di milioni di europei volontariamente si misero in viaggio per gli Stati Uniti (e milioni di questi uomini e donne vennero dall’Italia). Abbiamo provato a capire quanti di loro scelsero di rimanere in America e quale impatto ebbero sulla società americana. Una delle politiche di risposta, abbiamo notato, degli americani all’ampio e diversificato flusso di immigrati che si trovano ad affrontare all’epoca fu di introdurre leggi sugli obblighi scolastici». La costruzione della nazione quindi.
«L’istruzione nel sistema delle scuole pubbliche americane per i figli delle famiglie straniere contribuì ad assimilare i valori portati dagli immigrati. Nel mondo di quell’epoca non esistevano restrizioni alla mobilità del lavoro. Oggi invece vediamo tipicamente diverse restrizioni in loco. Ciò nonostante, come il caso del Brexit dimostra, in molti casi l’opinione pubblica resta preoccupata per il livello di immigrazione. Tuttavia nessuna di queste preoccupazioni è fondata in termini di evidenza economica e molti economisti, all’Ucl e ovunque, stanno lavorando per far sì che i reali costi e benefici dell’immigrazione siano compresi dai cittadini e dai promotori delle politiche pubbliche».
Lo stesso sentimento di avversione si è esteso alla minoranza ispanica L’immigrazione ha benefici reali, cerchiamo di farlo comprendere