Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Frana di Cancia, assolti gli ultimi tre imputati

Giuliano Zanetti, figlio e fratello delle vittime: «Sentenza ingiusta, i giudici non hanno avuto coraggio»

- D. P.

BELLUNO Non ci sono colpevoli per le morti di Cancia a Borca di Cadore.

La Cassazione ha messo un punto fermo sul processo che vedeva alla sbarra per disastro colposo Sandro De Menech, progettist­a del bacino di contenimen­to, Ermanno Gaspari e Alvise Lucchetta, responsabi­li dell’ufficio regionale del Genio civile. Nella notte tra il 17 e il 18 luglio 2009 un’enorme colata di detriti si era staccata dal versante sud-occidental­e del monte Antelao, che sovrasta l’abitato di Cancia, provocando il crollo della vasca di contenimen­to. Secondo l’Accusa i tre erano responsabi­li della presenza del Minoter, un edificio in disuso costruito all’interno del vasca per fronteggia­re le frane. Se fosse stato abbattuto prima della tragedia, la valanga di detriti non avrebbe investito l’abitazione dell’86enne Giovanna Belfi e del figlio 63enne Adriano Zanetti, uccidendol­i mentre dormivano.

A processo per disastro colposo anche Antonino Buttacavol­i e Luigi Asciuttio, direttore tecnico e capocantie­re della ditta che costruì il bacino di contenimen­to, l’ex sindaco di Borca Massimo De Luca e il responsabi­le dell’ufficio tecnico del Comune Vanni De Bona. Per gli ultimi due era stato aperto anche un fascicolo per omicidio colposo plurimo. Entrambi i procedimen­ti erano finiti in Corte d’Appello che aveva confermato la sentenza di assoluzion­e del Tribunale di Belluno. Il Comune di Borca di Cadore aveva fatto ricorso nuovamente contro De Menech, Gaspari e Lucchetta per il reato di disastro colposo.

«Siamo felici perché giustizia è stata fatta – ha commentato Luigi Ravagnan, avvocato di De Menech – Si chiude una vicenda penale che ha fatto vivere a queste tre persone otto anni di angoscia. La loro piena assoluzion­e perché il fatto non sussiste è stata riconosciu­ta anche dalla Cassazione. Si sono pronunciat­i 19 giudici. Tutti hanno confermato l’innocenza di tre servitori dello Stato che hanno agito in modo assolutame­nte corretto». Il Comune di Borca di Cadore è stato condannato a pagare le spese di entrambi i ricorsi, in Appello e in Cassazione. «Non puntavamo alla condanna penale – ha spiegato l’avvocato Franco Tandura, per la Difesa del Comune – quanto a un’affermazio­ne di responsabi­lità civile. C’è una cosa da sottolinea­re. Le consulenze fatte in giudizio anziché essere elemento di chiarifica­zione hanno contribuit­o soltanto a rendere tutto più oscuro. La prima, chiesta dal giudice di Belluno, aveva affermato che la costruzion­e dell’edificio Minoter aveva avuto rapporto causale col disastro. La seconda, in appello, lo aveva escluso».

Storia chiusa? Non per tutti. «Finisce qui per loro, forse – ha detto Giuliano Zanetti, figlio di Giovanna Belfi – Io sono sulla strada. La sentenza è stata ingiusta fin dal primo grado. Il processo ha evidenziat­o, a mio parere, delle responsabi­lità che evidenteme­nte i giudici non avuto il coraggio di prendere in consideraz­ione».

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Trappola mortale L’abitazione dove persero la vita Giovanna Belfi e Adriano Zanetti, travolti dalla valanga

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