Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Non solo Bach Vicenza, così cambia il Conservatorio
Conquistare il palco del teatro Olimpico è una consacrazione. Sullo stesso parquet di Rubinstein, Pollini, Benedetti Michelangeli, è toccato agli studenti del Conservatorio «Arrigo Pedrollo», che quel palco l’hanno conquistato con la loro bravura. Una «stagione» concentrata in quattro serate fino al 24 maggio, quasi un’occupazione continua del teatro da parte della giovane musica cittadina. Tutto diverso dai saggi finali di fine anno, o dalla serata estemporanea dell’orchestra del conservatorio. Prezzi modici, sconti per studenti perché l’obiettivo è stato uno solo: far sapere che il conservatorio è un cuore pulsante della città, che dietro le mura restaurate del convento di San Domenico, quattrocento metri più in là, c’è una cittadella della musica che è un motore scoppiettante. Musica silenziosa, fino ad ora? Le stanno provando tutte, per superare questo «problema di visibilità». Dove arrivano le orecchie, devono arrivare anche gli occhi, si sono inventati perfino una linea di gadget. Ma il merchandising, diciamolo, è soprattutto intellettuale.
i conservatori sono Istituti Superiori di Studi Musicali e sono equiparati alle Università. Hanno quindi un percorso accademico, ma non ci si può mettere a studiare musica a diciott’anni. Quindi è anche importantissima la formazione pre-accademica, quella dei ragazzini per intenderci. Al «Pedrollo» ci sono allievi di otto anni («Pochi, devono essere dei veri talenti. Noi non accettiamo nessuno a formazione zero» dice il direttore Roberto Antonello) e quindi anche questi bambinetti devono aver frequentato subito dopo lo svezzamento qualche scuola di musica.
Nessuno pronuncia quella parola antipatica – selezione – ma qui c’è eccome. L’esame di ammissione è obbligatorio e severo. Con tutto questo, sono quasi 700 gli studenti immatricolati, tra percorso accademico e pre-accademico. Poi ci
Il direttore
«Le nostre start up: ragazzi che fanno concerti, incidono cd»
sono i corsi individuali, le specializzazioni. Lezioni quasi tutte individuali, alta specializzazione degli insegnanti, che sono 87 in organico, più qualcuno che viene assunto a contratto direttamente dal conservatorio. E alla faccia delle lentezze ministeriali, l’impressione è quella di una macchina che funziona.
Il maestro Roberto Antonello è direttore da un anno e mezzo, ma insegna qui da quasi vent’anni – è un organista. Anzi, continua ad insegnare anche da direttore, senza raddoppio dello stipendio. Quello che ha raddoppiato pare sia l’entusiasmo: e non solo per quello che incuriosisce. La musica indiana, per esempio: ma è una vecchia tradizione vicentina, coltivata in disparte. O la musica elettronica, declinata in tutte le sue forme attuali, addirittura con tre cattedre. O la visione globale: ci sono convenzioni, cioè scambi, con più di trenta istituzioni musicali europee e non solo. Si dialoga e si scambiano esperienze con la Cina, il Kazakistan, la Corea del Sud, Gerusalemme; i ragazzi in uscita e in arrivo con l’Erasmus magari non sono moltissimi, ma l’ufficio mobilità Erasmus ha ricevuto dall’Agenzia nazionale un punteggio di 82/100, uno dei più alti. Resta il problema: dove mettere a dormire i ragazzi che arrivano da fuori. Il convento non è più un convento, dai tempi di Napoleone. È stata casa di accoglienza, poi orfanotrofio, infine restaurato. Le antiche suore domenicane si stupirebbero nel vedere l’ala biblioteca: 21 mila volumi propri, 8 mila in affido dal Comune, antichi tesori ancora da scoprire tanto che si pensa ad uno scanner planetario per poterli riprodurre senza aprire completamente il libro, per non rovinarlo; soprattutto connessione in rete di tutti i contenuti, da qualsiasi aula in qualsiasi momento, e dal mondo. Ma anche il tempo per pensare a due file di rose attorno all’antica magnolia al centro del chiostro, dove si incrociano note frequenti in libera uscita dalle finestre.
L’obiettivo non è quello di bearsi nella bellezza della musica, ma di imparare per farne possibilmente un mestiere, pardon una professione. «Abbiamo anche noi le nostre start up – dice il maestro-direttore Antonello – Ragazzi che si lanciano, si mettono assieme, fanno concerti, incidono cd». Si aprono le porte: per vedere la chiesa di San Domenico, custode di tredici tele del Maganza, sono arrivati in 750 in un giorno, auspice il Fai. La ricerca dell’eccellenza deve fare i conti con i soldi, ma ci si riesce. A parte la gratuità garantita per legge ai meno abbienti, fino a 42 mila euro di reddito familiare la retta è di 800 euro l’anno. Oltre questo reddito si va da 950 a 1300, e questo l’ha deciso il Cda del «Pedrollo» nella sua autonomia.
Si ripaga la città, con un centinaio di eventi gratuiti l’anno. E si fanno piccole pazzie: è un unicum l’organo fatto costruire apposta - è lì dal 2011 -, si suppone per la strenua volontà dell’organista Antonello, da Andrea Zeni di Tesero (Trento), copia lievemente rimpicciolita di quelli settecenteschi costruiti da Gottfried Silbermann in Sassonia. Trecentomila euro arrivati da Regione e Fondazioni, ma ben spesi: quando lo vedono gli esperti dicono che vale quasi il doppio. Sarà anche direttore, e docente, ma quando Roberto Antonello passa nella chiesetta, non resiste, torna musicista e fa vibrare le canne del «suo» organo pastello e metallo.