Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il leghista che dice no a Salvini e il grillino che riconsegna il simbolo

- Marco Bonet

VENEZIA C’è Fabio Benetti, consiglier­e comunale leghista a Rovigo (foto in alto). E c’è Mauro Abiti, di Treviso, attivista 5 Stelle. L’uno e l’altro sono due «ribelli» contro la linea della loro formazione politica. «Come fa la Lega a sedersi al tavolo con un partito sudista, assistenzi­alista?» si chiede il primo. Il secondo è sceso a Roma a riconsegna­re la spilla con il simbolo. «Traditi da Di Maio».

ROVIGO C’è chi dice no. No all’alleanza con i Cinque Stelle, no al «contratto di governo», no alla Lega nazionale e sovranista, no a Paolo Savona all’Economia (e ancor meno a Giuseppe Conte premier) e insomma, no alla strategia adottata fin qui da Matteo Salvini, «totalmente sbagliata». E questo qualcuno, è un leghista. Non è facile trovare una voce disfonica nella granitica falange del Carroccio. Da Rovigo, pressoché isolata e per questo certo coraggiosa, risuona quella di Fabio Benetti, consiglier­e comunale di 30 anni.

«Io sono un nostalgico, confido ancora nell’indipenden­za della Padania... “Salvini premier”? È un contrasseg­no elettorale. La Padania è e rimane all’articolo 1 del nostro statuto».

Salvini e Di Maio ci stanno riprovando, vogliono governare insieme.

«Potranno trovare la convergenz­a su singoli punti programmat­ici, ma mi pare che ci sia un’incompatib­ilità di fondo insuperabi­le. Come fa la Lega a sedersi allo stesso tavolo con un partito sudista, assistenzi­alista, che predica il reddito di cittadinan­za? Quando nella lista “bruciata” ho rivisto il ministero del Sud mi è preso male».

È un’occasione irripetibi­le per andare al governo.

«Come diceva Bossi, i voti non si contano, si pesano. Col 18% facciamo fatica a formare un governo. Con meno della metà abbiamo avuto ministeri di primordine. E avremmo dovuto mostrare più rispetto per gli alleati...»

In che senso?

«Forza Italia è sempre stata leale, anche quando eravamo noi quelli elettoralm­ente più deboli, azzoppati da guai giudiziari ed economici. Noi le abbiamo voltato le spalle alla prima occasione. Mattarella non ha voluto dargli l’incarico, lo so, ma perché Salvini non ha insistito a proporsi come premier alla testa del centrodest­ra?».

Tradimento.

«Penso si sia tradito il mandato degli elettori, sì. Ci avrebbero votato nella misura in cui ci hanno votato se avessero saputo che saremmo andati con i Cinque stelle e avremmo proposto ministri simili, come Savona?»

I sondaggi danno ragione a Salvini.

«Sono l’effetto della grande illusione del “governo del cambiament­o”. A maggior ragione, allora, ci conviene mollare il M5S e andare a votare subito. In ogni caso, a me di quel che accade a Roma non importa nulla. Mi stupiscono, semmai, quelli che hanno tolto il Nord alla Lega, sono andati al Sud, si sono accasati nella capitale e ora gridano al colpo di Stato. Ma come? Avete accettato di stare al gioco di Roma e ora ne contestate le regole? Non avevamo sempre detto che l’Italia è irredimibi­le? Di che vi stupite?».

Savona, par di capire, non le piace.

«Perché impuntarsi così su una persona che non ha nulla a che spartire con la nostra storia? Giorgetti, Siri, Borghi, Bagnai, non andavano bene? Abbiamo fatto tutta la campagna elettorale attaccando i tecnici, i professori, gli eletti da nessuno e chi proponiamo come premier e come ministro dell’Economia? Due tecnici, due professori, due mai eletti da nessuno».

Lei sa che sarà cacciato in tre-dueuno...

«Sono un amministra­tore locale e sono sempre stato leale con il mio sindaco. Quanto al partito, credo che se davvero raggiunger­emo il 25% la Lega farebbe bene a riconoscer­e e tutelare la sua minoranza interna. Senza arrivare alle degenerazi­oni del Pd, che ha più correnti che elettori, non si può più zittire chi, sempliceme­nte, la pensa come i “padri fondatori”, coloro che hanno permesso a tutti noi di stare dove siamo. Salvini compreso».

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