Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il Conte leghista, il sindaco Pd e l’altra sinistra

L’uscente Giovanni Manildo deve difendersi dal ritorno del centrodest­ra (e di Gentilini) che cacciò 5 anni fa I Cinque Stelle e «l’altra sinistra» ago della bilancia

- Di Sara D’Ascenzo

Il vento fa il suo giro. Cinque anni fa l’avvocato trevigiano del Pd Giovanni Manildo, all’epoca 43enne, boy scout, alpino da tempi non sospetti, padre di tre figli, si prendeva con la forza di Kung Fu Panda quella Treviso simbolo per vent’anni del potere della Lega, col boss indiscusso Giancarlo Gentilini,icona del leghismo casa per casa (e frase a effetto su frase a effetto) costretto a chinare la testa di fronte allo spettacolo di un nugolo di ragazzi che la notte della vittoria del centrosini­stra intonavana no saltando Bella ciao sotto la statua della Teresona, fino ad allora simbolo leghista. Cinque anni dopo il vento fa il suo giro e Manildo - sostenuto sempre dal Pd e da quattro liste civiche - è costretto a difendersi. Dall’altra parte c’è ancora lui, quel Genty che fino a pochi mesi fa pareva essere stato accantonat­o e che invece, dopo un lungo e faticoso accordo (non senza qualche malumore) guida la lista Zaia-Gentilini a sostegno di Mario Conte, geometra 38enne, capogruppo uscente della Lega Nord in consiglio comunale e candidato del centrodest­ra unito, con Forza Italia, Fratelli d’Italia, tre civiche e la lista Quartieri al centro col simbolo del vecchio scudo crociato. «Io dico credere, obbedire, combattere, come diceva lui (Mussolini, ndr). Ma anche vincere. Perché l’importante è vincere e lui se l’era dimenticat­o», diceva ieri proprio sotto la Teresona Genty, novello sposo di 88 anni, ai tanti che lo avvicinava­no a un immancabil­e gazebo della Lega. Il vento che spira e fa il suo giro piace a Conte, che ieri gonfiava i pettorali ricevendo ai Trecento Giorgia Meloni, salita da Roma per il sostegno al candidato leghista: «Saluto il Conte di centrodest­ra», scherzava - ma mica tanto la leader di Fratelli d’Italia. Quel vento governativ­o frutto dell’accordo penta-leghista che Conte spera lo sospinga fino alla vittoria, e che non ha imbarazzi a spiegare alla gente: «L’alleanza di Roma è stata capita come un atto di responsabi­lità - dice -. Dovesse esserci un ballottagg­io non credo agli apparentam­enti, ma penso che il nostro progetto possa convincere parte della base grillina anche qui». Per Manildo, invece, quel vento «è un tornare indietro, ma ci spinge a fare meglio, è stimolante. Si scrive Conte, ma si legge Gentilini, Zaia, Gobbo. Anche su Fondazione Cassamarca la posizione di Conte mi pare abbastanza blindata». Eh sì, perché all’ombra del Palazzo dei Trecento - lo stesso da cui il ragionier Bisigato-Gastone Moschin minacciava di buttarsi per amore in Signore & Signori di Pietro Germi - negli ultimi giorni di campagna elettorale il tema del- l’ex forziere della città, ormai svuotato ma guidato saldamente ancora dal presidente Dino De Poli e da Gobbo come vice, ha infatti infiammato il dibattito tra candidati. Non solo Conte e Manildo, però. Perché la sfida per Ca’ Sugana è una corsa a sei. A sgomitare ci sono anche Said Chaibi, 28 anni, cinque anni fa il simbolo della vittoria del centrosini­stra unito e ora il simbolo che quel centrosini­stra si è disintegra­to, alla guida di Coalizione Civica; Maristella Caldato, 52 anni, ex spina nel fianco del Pd, ora in corsa con Treviso Unica; Domenico Losappio, 37 anni, professore, candidato del Movimento Cinque Stelle; e infine Carla Condurso, candidata del Popolo della Famiglia. Una corsa che vede in campo 499 candidati al consiglio comunale per 32 posti e che si sta giocando sui temi divenuti capitoli dell’epopea della campagna elettorale: la sicurezza, i quartieri, la mobilità, i negozi che chiudono, la pedonalizz­azione del centro, gli aiuti alle famiglie. Se cinque anni fa Manildo aveva vinto irrompendo con la sua forza placida e la maglia Super M (Manildo), lasciando dietro di sé l’immagine del supereroe normale che può farcela, oggi ha giocato lo slogan del «secondo tempo» per finire la partita: «In cinque anni Treviso è cambiata, si è aperta, è stata riconosciu­ta al di fuori delle mura cittadine per la sua bellezza e cultura - dice il sindaco - il secondo tempo ci serve per completare la realizzazi­one di una città più viva, solidale, accessibil­e, verde, il restauro dell’edilizia residenzia­le pubblica, un nuovo campus universita­rio, il progetto della smart city, già partito, con una nuova illuminazi­one per tutta la città, la predisposi­zione per il wi-fi, nuove telecamere, nuove piste ciclabili». La visione di Mario Conte è un’altra: «Treviso ha bisogno di un sindaco che stia in mezzo alla gente tutto il mandato e non solo l’ultimo mese, un sindaco meno ideologico. Manildo è stato molto lontano dalle esigenze dei cittadini, dalle periferie e dai quartieri. Mi piacerebbe una metropolit­ana di superficie dall’aeroporto al centro storico per alleggerir­e il carico di traffico e un assessorat­o all’Ambiente che cambi veramente la qualità ambientale, con più trasporto pubblico, nuovi alberi. E poi una città più accessibil­e». Gli altri inseguono. Losappio quasi attaccando più Conte che Manildo: «Sarà pure un uomo nuovo, ma ha Gentilini e Gobbo dietro, che sono il simbolo dell’Appiani, che ha svuotato la città e della cementific­azione del territorio. Manildo per certi versi lascia una città migliore di quella che aveva ereditato, ma si sono perse delle occasioni, come la pedonalizz­azione del centro, che è partita dal punto d’arrivo, senza sviluppare politiche propedeuti­che. Servono incentivi per tenere il traffico fuori dalle mura. I nostri punti di forza sono il rafforzame­nto delle reti sociali e solidali, e rendere “svantaggio­so” l’uso dei propri mezzi». Chaibi all’attacco di tutti: «Manildo ha preferito andare verso la destra e ci ha escluso. Ma con la Lega non parleremo mai». E le due donne? Caldato si toglie mille sassolini: «Manildo non ha rispettato il programma elettorale. Non ha portato il piano degli interventi in consiglio comunale». Condurso non si smentisce: «Non ce l’abbiamo coi gay - dice - ma noi puntiamo sui figli». (1-continua)

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Treviso Palazzo dei Trecento e la torre civica. Gli elettori sono quasi 69mila

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