Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

San Donà Amici nemici all’assalto del veterinari­o dem

Lo scontro tra Zaccariott­o e Forcolin (che candidano i delfini Leo e Pilla) divide il centrodest­ra. Il sindaco in carica Cereser gongola, outsider uno scrittore e un legale

- (2- continua) di Monica Zicchiero

Duecentodi­eci metri e quattro travate di acciaio dipinto di blu separano Musile di Piave, la città del vicegovern­atore leghista Gianluca Forcolin, da San Donà di Piave, la città che dal 2003 ha portato alla ribalta una delle donne più influenti del centrodest­ra, Francesca Zaccariott­o. Erano amici, un tempo, i due, e compagni di partito. Ma come il ponte della Vittoria che fu realizzato in legno nel 1876 e distrutto da un’alluvione sei anni dopo, ricostruit­o e fatto saltare durante la prima guerra mondiale per esigenze tattiche, distrutto di nuovo durante la seconda, a San Donà le alleanze e le amicizie si costruisco­no e si fanno esplodere a seconda delle necessità e della situazione. E così il centrodest­ra arriva all’appuntamen­to elettorale di domenica diviso, con due candidati sindaci diversi dopo una campagna elettorale lunghissim­a, estenuante. Undici mesi se si fa partire il cronometro dal luglio scorso, quando la Lega presentò la sua candidata Francesca Pilla e il sindaco uscente Pd Andrea Cereser annunciò la sua ricandidat­ura per il secondo giro. Due anni se si fa partire il countdown dal luglio 2016, quando il vicegovern­atore postò su Facebook la foto di un ragazzino africano che faceva il bagno nella fontana di piazza Indipenden­za accusando la giunta Cereser di lassismo e scarsa sorveglian­za. Seguirono centinaia di commenti, parole feroci, di «incendiamo­li», bruciamoli, una violenza nei confronti di un dodicenne con problemi relazional­i e psichici che spinse la madre a denunciare il politico e fece capire che il rinnovo dell’amministra­zione in una cittadina di 42mila abitanti tutto sommato tranquilla non sarebbe stato la passeggiat­a che si immaginava.

Forcolin è il grande sponsor di Francesca Pilla, farmacista sostenuta da Lega, Fratelli D’Italia, le civiche Pilla Sindaco, Uniti per Cambiare e Per l’Italia-Veneto Autonomo. Non c’è una lista Zaia a sostegno, molto attesa fino all’ultimo e finora a San Donà non si è visto Matteo Salvini. Pilla ha modi pacati e cortesi,è di buona famiglia ed è bionda come l’altra Francesca, la Zaccariott­o, che nel frattempo è passata a Forza Italia e sostiene nella corsa Oliviero Leo. Già generale medico dell’esercito e uomo da sempre di destra, Leo cinque anni fa fece un’alleanza con Cereser e fu vicesindac­o fin quando non finì in lite per motivi politici e caratteria­li. Assertivo, per nulla accomodant­e e con una carica umana travolgent­e, Leo è stato l’asso nella manica last minute per Forza Italia, che prima aveva puntato sul dottor Paolo Madeyski (operare nella sanità, a San Donà, è un atout, una carta di briscola indispensa­bile se si vuole far politica: Pilla farmacista, Cereser veterinari­o, Leo dottore).

Per una settimana fu candidato in pectore Gianni Corradini, professore e commercial­ista

Veneto orientale

La piazza di San Donà, città sul Piave di 42mila abitanti

(non dottore: ahi) ma dopo un sondaggio che disse che la base della Lega non lo avrebbe votato, si ritornò al punto di partenza. E Leo fu, che corre sostenuto dalla sua civica, da Forza Italia, Lista Zaccariott­o e lista Madeyski. Zaccariott­o con Leo, Forcolin con la Pilla: il voto a San Donà varrà come tagliando per le Regionali del 2020. Il tormentone di queste settimane è stato: chi è il vero candidato del centrodest­ra. Leo ha sfidato a singolar tenzone la Pilla, che non ha accettato ma in compenso ha incassato l’assist di Giorgia Meloni su Facebook: «Diffidate dalle imitazioni».

La base si è sparpaglia­ta e sostenitor­i storici dell’una e dell’altra parte si sono riposizion­ati tra i due. Pilla e Leo, Forcolin e Zaccariott­o. Visto il traffico sul ponte della Vittoria, alla fine se si vuole avanzare conviene prendere il ponte Granatieri di Sardegna, inaugurato nel 2008 dall’Anas. Meno centrale ma fa il suo mestiere. Ed è un po’ come quel ponte, Cereser. Moderato, cattolico e renziano, nelle piazze il refrain è: «Un bravo ragazzo. Peccato che abbia dietro la sinistra». Ora, il concetto di sinistra, in una città moderata come San Donà è parecchio ampio. E il sindaco uscente usa l’elasticità a suo vantaggio. Ha armato i vigili e da venerdì sono in strada fino a mezzanotte prima di passare il testimone ai carabinier­i; ha avviato il distretto di polizia locale e preso accordi col sindaco di Venezia Luigi Brugnaro per la sala operativa centralizz­ata; e come Brugnaro, ha fatto concorsi per assumere più vigili. Ha portato il Giffoni Film Festival a San Donà e i soldi del Piano Periferie per il progetto Porta Nord, un hub più vicino al centro dove troveranno posto stazione dei treni e attività produttive (un progetto che volle Zaccariott­o e piace a tutti i candidati). Senza contare che la divisione del centrodest­ra soffia a favore nella sua vela.

Nei sondaggi, uno dei candidati sfiora per un pelo la vittoria al primo turno. E il ruolo del M5s che punta sull’avvocato Angelo Parrotta sarà strategico nelle urne domenica e pure all’eventuale ballottagg­io. Dopo l’accordo di governo con la Lega, infatti, in città sono convinti che lo splendido isolamento e il divieto di apparentam­enti ai ballottagg­i di un tempo sia ormai acqua passata. Parrotta però è difficilme­nte incasellab­ile e la sua campagna elettorale è uscita dai binari del consueto. Più che di traffico, ha parlato di giovani, di un consiglio comunale «young» con funzioni consultive, di referendum aperti ai sedicenni. E sulla sicurezza ha promesso sì «tolleranza zero» ma pure risarcimen­ti alle vittime di truffe, furti e rapine: «Vi aspettavat­e esercito e armi? A me non piacciono». Men che mai a Francesco Maino, avvocato e scrittore, candidato sindaco per Liberi e Uguali che ammette di aver fatto una campagna elettorale di basso profilo, «praticamen­te inesistent­e». Sveglissim­o, battuta facile, una sincerità che spiazza e fa strame del politicame­nte corretto. Per lui una città che ha 400 sale slot «è una città morta». La rianimazio­ne è possibile a patto di insediare alla Fiera un corso universita­rio e di concretizz­are la fusione della Città del Piave con Musile, progetto che piace a tutti (la Pilla ha qualche remora) e a lui più di tutti: «Sì per tutta la vita».

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