Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Cacciari: la Lega vince in Veneto ma non per merito di Salvini
VENEZIA Professor Massimo Cacciari, se anche due città che generalmente avevano fama di essere ben governate come Vicenza e Treviso voltano le spalle al centrosinistra, è solo colpa del clima nazionale o c’è dell’altro?
«In realtà non c’è nulla di stupefacente. Era successo un miracolo la volta precedente, quando Manildo a Treviso e Variati a Vicenza, grazie anche a un Pd non ancora del tutto catatonico come quello attuale, erano riusciti a vincere. C’era ancora un partito ad appoggiarli e soprattutto Variati (che, infatti, ha governato per 10 anni, ndr) ha saputo creare un rapporto di fiducia con la maggioranza dei suoi amministrati. Oggi era del tutto prevedibile che saremmo tornati all’antico».
L’antico sarebbe il centrodestra ma ancor di più la Lega, che da queste parti si sta mangiando tutti, avversari e anche alleati.
«Nel Veneto la Lega ha confermato una forza che nasce ben prima di Salvini, anzi, lui con questo risultato c’entra poco o nulla: è un’onda che viene dal lontano, dagli anni Novanta almeno, grazie anche agli errori strategici compiuti dal centrosinistra, che all’epoca si oppose cocciutamente a qualsiasi riforma in senso federalista del Paese».
La cosiddetta area del voto moderato, nel frattempo, la possiamo considerare sparita per sempre?
«L’area moderata non c’era allora e non c’è adesso, oggi la possiamo considerare un’idea vagamente patetica».
Dobbiamo concludere che la Lega, in questa fase storica, è l’unico partito del popolo?
«Certo, lo dice Salvini per primo, in senso letterale, quando si definisce un populista e si proclama il rappresentante del popolo. Ma dire tutto ciò, oltre a essere una leggenda perché il popolo non esiste, soprattutto è pericoloso, perché è profondamente anti-democratico. Mi spiego: democrazia vuol dire che ci sono in campo varie parti e vari interessi, che naturalmente cercano di competere tra loro, ma nessuno rappresenta mai l’intero. Affermarlo significa imboccare consapevolmente una deriva molto preoccupante. Attenzione, quando dico questo non voglio attribuire a Salvini e alla sua Lega un’etichetta “nera”, di fascismo, secondo il significato più comune che in Italia assegniamo alla definizione “anti-democratico”: lui è l’espressione di una cultura diversa, contemporanea».
Dal suo punto di vista, come si argina questa deriva?
«Oggi non vedo alternative in campo, anche perché la Lega non soltanto vince ma sta anche fagocitando il Movimento 5 stelle».
A proposito: come mai i pentastellati fanno così tanta fatica a risultate credibili alle elezioni comunali? Nel giro di tre mesi sono passati dal 33% delle politiche a percentuali risibili
alle amministrative. «Lo vado dicendo dall’inizio della loro parabola politica, il voto per il Movimento 5 Stelle è puro voto d’opinione, come viene può anche andarsene a seconda delle occasioni e delle circostanze. Del resto, è una
condizione che affonda nel loro Dna: al posto del voto, loro ci mettono “I like”. Il radicamento territoriale è zero. Anche questa è una cultura profondamente anti-democratica, stiamo scherzando con il fuoco, in Italia e anche in Europa».
Il già citato Variati, nell’analizzare i risultati di domenica scorsa, ha strigliato il mondo cattolico: c’è il rischio, ha sostenuto l’ex sindaco di Vicenza, che, come è già accaduto altre volte nei momenti bui della nostra storia, i cattolici si girino dall’altra parte, facendo finta di non vedere il populismo e il sovranismo che dilagano: condivide la preoccupazione?
«Se Variati di riferiva all’affermazione del fascismo, obiettivamente non siamo in una situazione di quel genere, allora l’Italia era una potenza, oggi conta sempre di meno in Europa e l’Europa conta sempre di meno nel mondo. Resta il fatto che, in tutto il continente, la deriva intrapresa è pericolosa, persino a prescindere da chi la rappresenta: Salvini e Di Maio nei fatti sono degli attori, è il canovaccio che interpretano a essere intrinsecamente preoccupante. Per dire: non c’è più alcuna differenza tra l’I like e il Di Maio che afferma “io sono il popolo”, questo processo è il venir meno della quintessenza della politica e del concetto di rappresentanza. E allora, avanti popolo».
Massimo Cacciari La cultura dei “like” è profondamente antidemocratica. Stiamo scherzando con il fuoco in Italia e anche in Europa