Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
E a Ca’ Sugana va in scena la stretta di mano fra ex avversari
TREVISO Due sindaci: uno all’ultimo atto, con gli scatoloni già fatti e formalmente in carica ancora per poche ore; l’altro ancora da nominare ma con le spalle cariche del voto di domenica. Sorridenti, certo, ma in modo diverso - e non serve spiegare perché. Ieri mattina, a Ca’ Sugana, si sono incontrati per la prima volta dopo l’esito delle urne Giovanni Manildo e Mario Conte, l’avvocato alpino e il ragazzo dei quartieri, l’ex e il nuovo. Sui loro volti c’erano due umori diversi, come prevedibile e comprensibile, che celano da una parte l’amarezza dell’addio e dall’altra la gioia della vittoria, ma entrambi hanno dimostrato un nobile fair play nello scambio di cortesie istituzionali e in quello che, con un anticipo di qualche giorno, è stato anche lo scambio di consegne e di auguri per la nuova avventura amministrativa.
È successo al primo piano del municipio intorno alle undici: Conte doveva incontrare il segretario generale a seguito dei ritardi nel completamento dello spoglio (la sezione 39 è rimasta in ballo fino a ieri pomeriggio) e del ritardo nella proclamazione che potrebbe arrivare oggi, Manildo invece firmava gli ultimi atti ufficiali, obbligatorie formalità e burocrazia, in una stanza già svuotata di cinque anni di ricordi. Conte stringeva mani e riceveva congratulazioni a pioggia, Manildo salutava e ringraziava collaboratori e dipendenti.
La domanda che molti gli hanno fatto in questi giorni – direttamente o per interposta persona – era sempre la stessa: perché il sindaco uscente ha deciso di non mantenere lo scranno a Palazzo dei Trecento? Manildo ha annunciato che si dimetterà da consigliere. Perché non continuare il lavoro in minoranza ma lasciare il posto al primo dei non eletti, specialmente dopo l’esperienza maturata nel quinquennio da primo cittadino? Messaggi, telefonate, molti cercano di fargli cambiare idea. Manildo quando si tratta di questioni personali è di poche parole, ma chi ha saputo leggere fra le righe della sua decisione ha colto le sfumature: il desiderio di tornare al suo lavoro da avvocato e dedicarsi alla famiglia, che ha sentito di aver trascurato; ma anche, dicono, dare la possibilità a un giovane come Nicolò Rocco di continuare l’esperienza amministrativa, stavolta all’opposizione, per ricostruire un’alternativa alla destra. Ripartendo proprio dalle nuove leve. Sia i rivali che gli alleati gli hanno chiesto di rimanere, di prendere atto di quel 37% di consensi, diversi gli hanno detto che lasciare è un errore, ma Manildo ha già scelto un’altra strada.