Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
IL CAPITALE UMANO
Èstato definito il nuovo triangolo della produttività e ha per vertici Milano, Bologna e Padova, mentre i suoi lati sono costituiti dai ben noti tratti autostradali A4, A13 e A1 e dalla meno citata linea dell’alta velocità tra Milano e Bologna. I numeri dicono che la ricchezza generata dentro e intorno all’area del triangolo ha superato i livelli pre-crisi: fatturati al galoppo, margini in crescita e flussi di merci a pieno ritmo. Le imprese di questi territori hanno cambiato pelle.
Facendo evolvere prodotti, processi e modelli di business per agganciare le filiere globali del valore, e consolidando le specializzazioni settoriali e le vocazioni distrettuali: un modo intelligente per fare innovazioni radicali valorizzando le competenze distintive, e quindi storia e cultura locali. Ci sono altri numeri, però, che fotografano le differenze dentro il triangolo della produttività, che non viaggiano sui cassoni dei Tir lungo le autostrade e (per ora) non lasciano traccia nei bilanci delle imprese: sono quelli relativi a capitale umano e persone, elaborati dall’ultimo rapporto sul benessere equo e sostenibile in Italia (BES 2017) e ripresi dall’Osservatorio Capitale umano, Organizzazione e Lavoro della Fondazione Nord Est. Prendiamone un paio. Il primo è l’incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione e si misura come percentuale di occupati con istruzione universitaria impiegati in professioni intellettuali, scientifiche e di alta specializzazione e nelle professioni tecniche: questo indicatore ci dà una misura della diffusione nelle imprese di attività complesse che richiedono collaboratori ad elevata qualificazione per essere efficacemente svolte. Nel 2016, nelle imprese venete tale incidenza era del 13,7%, a fronte del 16,8% dell’Emilia Romagna e del 17,1% della Lombardia. Il secondo è la mobilità dei laureati (25-39 anni), calcolata come rapporto tra il saldo migratorio (differenza tra iscritti e cancellati per trasferimento di residenza) e i residenti con titolo di studio terziario (laurea, alta formazione artistica e musicale, dottorato): questo indicatore ci dice se un territorio attrae capitale umano qualificato o se, al contrario, perde residenti tra i giovani qualificati. Nel 2016, il Veneto ha registrato un saldo negativo pari a -4,6 per mille, mentre l’Emilia Romagna ha avuto un salto positivo del +15,3 e la Lombardia del +13,7 per mille. È difficile dire se la più bassa incidenza dei laureati nelle imprese venete sia lo specchio della minore qualificazione richiesta dalle attività svolte o se invece la domanda di lavoro rimane insoddisfatta per mancanza di un numero sufficiente di candidati. Nel primo caso, dovremmo riconoscere che il triangolo è disomogeneo perché le specializzazioni settoriali e le imprese sono diverse e, senza provare disagio, dovremmo salutare con favore le asimmetrie nei flussi di giovani laureati.
Se invece, come si dice spesso, le imprese venete vorrebbero assumere più laureati di quelli che già hanno, allora gli imprenditori si chiedano «perché non trovo i laureati giovani che cerco?». Ci sono varie risposte a questa domanda, che vanno da posizioni offerte poco sfidanti ad ambienti di lavoro con poche opportunità di apprendimento e culture chiuse a diversità e inclusione, passando per percorsi di carriera «a spanne» e pacchetti retributivi poco competitivi. Le imprese venete imparino a fare employer branding, cioè diano ai potenziali candidati delle buone ragioni per portare intelligenza, competenze, impegno e progettualità nelle loro imprese. Un’altra ragione che può spiegare i flussi di laureati è legata alla loro identità: i 25-39enni altro non sono se non la generazione dei Millennials, che tra le altre cose è la più diretta interprete dei nuovi valori nei modi di vivere, comunicare e relazionarsi anche al di fuori del lavoro. È gente che vuole abitare nei territori e nelle città che esprimono tali valori. E tutto questo ha poco a che fare con gli imprenditori e chiama in causa Governatori e Sindaci, corpi intermedi, intellettuali e società civile.