Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
CULTURA, PRIMA LE IDEE E POI GLI SPAZI
Tra le sfide che i nuovi sindaci eletti poche settimane fa hanno davanti, anche in città come Treviso o Vicenza, ve n’è una spesso trascurata da programmi e dibattiti, ma non meno significativa.
È la sfida che riguarda il tema della cultura. In passato, quando i bilanci comunali lo permettevano, i comuni facevano a gara a finanziare manifestazioni ed iniziative.
Anche a seguito della crisi, questa fase si è chiusa e ci si è concentrati principalmente sull’hardware: nuovi teatri, ristrutturazione di spazi storici e musei civici. Una scelta in parte di buon senso, in parte obbligata, giacché permetteva di intercettare finanziamenti europei, nazionali e provenienti da fondazioni private.
Tuttavia è arrivato il momento di aprire una nuova fase in campo culturale, che non trascuri alcuni aspetti e cambiamenti fondamentali.
Primo. Se l’hardware è essenziale per avere luoghi per la cultura funzionali e in buono stato, esso serve ben poco senza un software altrettanto adeguato. Per software intendo formazione, spazi diffusi, occasioni di incontro, apertura ad eventi internazionali che mettano in circolo quella linfa vitale senza la quale l’hardware resta muto, o al massimo diventa un contenitore per ospitare iniziative preconfezionate, spesso indistinguibili da una città all’altra. Per fare un paragone calcistico, è inutile avere uno stadio da serie A se poi non si riesce a costruire una squadra all’altezza.
Secondo. Rispetto all’era pre-crisi, il senso e la percezione stessa degli spazi da parte dei cittadini sono cambiati. Prendiamo l’esempio delle biblioteche civiche. Diventa sempre più difficile giustificarne il costo per le casse comunali se il loro utilizzo è perlopiù quello di sale studio per studenti universitari che si portano i libri (anzi, il computer) da casa. Occorre rilanciarle come spazi vivi, luoghi aperti dove chiunque si senta invitato ad avvicinarsi anche solo per prendere un caffè e sfogliare una rivista. Gli esempi virtuosi in Europa non mancano, anche in città paragonabili alle nostre e senza bisogno di investimenti enormi.
Terzo. La cultura non è qualcosa che si può accendere il sabato mattina e spegnere la domenica sera nella piazza e nelle vie centrali. Perché ci sia vita culturale occorre che ci sia, prima di tutto, vita! I nostri centri storici sono invece sempre più svuotati di attività e residenti, sempre più pieni di affittacamere e iniziative estemporanee (le onnipresenti bancarelle gastronomiche, anche queste sempre le stesse da una città all’altra).
I nuovi sindaci e i loro assessori sbagliano se pensano che l’unico modo di lasciare il segno in campo culturale sia con l’hardware, cioè con nuove strutture. La sfida della cultura locale, nei prossimi anni, tornerà a passare per il software: contenuti, idee, saperi.