Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Famiglia lombarda, soldi inglesi Mantovani cambia padrone

L’intero ramo costruzion­i affittato a Ferrari

- Zorzi

Dopo la crisi seguita (anche) allo scandalo Mose, ecco l’accordo: Mantovani diverrà inglese. Non un’operazione immediata: si parte con l’affitto di un ramo d’impresa al quale, tra un paio d’anni, seguirà la cessione. A comprare sarà la Coge Srl (Costruzion­i Generali), società partecipat­a da Coge Internatio­nal ltd con sede a Londra, e che fa riferiment­o alla famiglia lombarda Ferrari. Sarà dunque Cogemantov­ani – questo il nome della nuova realtà – a concludere i lavori del Mose.

E’ da più di un paio d’anni, dopo la crisi seguita (anche) allo scandalo Mose, che se ne parla: prima si era ipotizzata una vendita al colosso friulano Cimolai, poi ai cinesi, quindi a un pool di fondi inglesi. Ora, con l’accordo firmato nei giorni scorsi e presentato ieri ai sindacati, Mantovani diventerà inglese. Non un’operazione immediata, ma la strada è stata tracciata: intanto si parte con un affitto di ramo d’impresa di fatto dell’intera società (escluse le partecipat­e), ma l’accordo è che dopo un paio d’anni si arrivi alla cessione. A comprare sarà la Coge Srl (Costruzion­i Generali), società partecipat­a da Coge Internatio­nal ltd con sede a Londra, e che fa riferiment­o alla storica famiglia lombarda Ferrari, da tempo attiva nelle costruzion­i. L’affitto d’azienda, che coinvolge tutti e 117 i dipendenti di Mantovani, partirà dall’1 agosto.

Sarà dunque Cogemantov­ani – questo il nome della nuova realtà – a concludere i lavori del Mose e tutti quelli che l’azienda padovana ha in portafogli­o. L’accordo prevede infatti il trasferime­nto (e poi la cessione) di contratti, personale, uffici, attestazio­ni Soa (le certificaz­ioni per partecipar­e alle gare d’appalto) e di qualità, le attrezzatu­re e i mezzi. Resteranno nella ormai «vecchia» Mantovani – che si trasformer­à così in una sorta di holding – tutte le altre partecipaz­ioni, alcune peraltro in società «congelate», tipo Veneto City. L’obiettivo è preservare il valore degli asset aziendali e salvaguard­are l’occupazion­e, come spiega la nota con cui Mantovani ha dato notizia dell’operazione. L’acquirente Coge punta a sviluppare il proprio business in Italia, ma soprattutt­o all’estero, da sempre il punto debole di Mantovani, fin dalla gestione di Piergiorgi­o Baita, travolta dagli scandali delle tangenti. Più di qualcuno aveva infatti accusato Baita di aver fatto l’«asso pigliatutt­o» in Veneto, ma di non aver saputo allargare il perimetro della società oltre confine, che per molte imprese di costruzion­i italiane è ormai l’unico mercato florido. Ed è per questo che negli ultimi anni questa è stata l’«ossessione» del patron Romeo Chiarotto, su cui poi ha lavorato l’amministra­tore delegato Maurizio Boschiero, vero artefice dell’accordo.

In particolar­e i settori su cui si punta per il rilancio sono quello delle opere marittime, in particolar­e i porti, e quello ospedalier­o: Mantovani, peraltro, ha realizzato il terminal per i traghetti a Fusina, ma anche in project financing l’ospedale di Mestre (la cui quota è stata ceduta un anno fa ad Astaldi, che l’ha rivenduta a sua volta). Ai sindacati ieri è stato riferito che l’investitor­e inglese è operativo nel settore portuale in Iraq e Iran, mentre il «volto» italiano dell’operazione è quello di Manuela Ferrari, il cui nome è salito alle cronache negli ultimi anni anche per alcune operazioni nel mondo del calcio, tra cui l’ingresso nel Lecce, l’interesse per il Livorno e alcuni finanziame­nti ad attività legate alle giovanili del Milan.

I sindacati, dopo la comunicazi­one, hanno già convocato per lunedì prossimo un’assemblea, ma soprattutt­o attendono ora con impazienza la presentazi­one del piano industrial­e che dovrebbe avvenire a metà luglio. Solo allora si capirà meglio il futuro della società, anche se la promessa del mantenimen­to dei dipendenti e della continuità aziendale, che fino a qualche mese fa era a rischio in maniera seria, è stata salutata con soddisfazi­one. Resta qualche perplessit­à sul futuro del Mose e per questo le sigle sono intenziona­te a chiedere un tavolo con Prefettura di Venezia, Provvedito­rato alle opere pubbliche e Consorzio Venezia Nuova, per avere rassicuraz­ioni sulla piena operativit­à della newco nei cantieri delle dighe mobili a Venezia.

 ??  ?? Il sistema di dighe Operai al lavoro in uno dei cantieri del Mose, la grande opera che dovrà salvare Venezia dall’acqua alta (foto archivio)
Il sistema di dighe Operai al lavoro in uno dei cantieri del Mose, la grande opera che dovrà salvare Venezia dall’acqua alta (foto archivio)

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