Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Liste d’attesa troppo lunghe? «Stop all’attività intramoenia»
VENEZIA L’idea, dice Piero Ruzzante di Leu, è molto semplice: «Se in una struttura pubblica del Servizio sanitario regionale le liste di attesa sono fuori controllo, scatta il blocco della libera professione intramuraria». Nulla di rivoluzionario, per il consigliere di opposizione in Regione, perché in Emilia Romagna è già così dal 2015. «E funziona: in poco più di un anno lì si è passati dal 58% al 97% di prestazioni fornite entro i tempi standard». Per questo Ruzzante ha deciso di replicare quell’esperienza in Veneto, inserendola in una proposta di legge tesa ad abbattere i tempi i tempi d’attesa delle visite specialistiche, proposta che sarà sottoposta all’attenzione dell’aula dove anche nella maggioranza non mancano le voci critiche nei confronti del personale medico che svolge la libera professione in ospedale. «Chiaro è - precisa Ruzzante - che questo intervento da solo non è sufficiente a risolvere il problema delle liste d’attesa, ma deve essere accompagnato da assunzioni e investimenti. Il blocco delle visite intramoenia – spiega Ruzzante – serve ad evitare sproporzioni macroscopiche tra il pubblico e la libera professione: se per una ecocardiografia, ad esempio, i tempi d’attesa medi sono di 95,4 giorni nel pubblico e di soli 7,1 giorni nell’intramoenia, allora vuol dire che c’è un problema grave. Lo stesso vale per la colonscopia, dove i tempi d’attesa sono 60,4 giorni nel pubblico e di 12,1 giorni nell’intramoenia. Con delle differenze così marcata, è chiaro che chi può permetterselo sceglie l’intramoenia e in questo modo si scaricano sui cittadini le inefficienze del sistema. E se a questo si aggiunge l’aumento dei ticket sanitari, il risultato è che nel 2016 il 15% della popolazione veneta, 749.437 persone, ha rinunciato a curarsi nel 2016». Ruzzante spiega di aver deciso di depositare questo progetto di legge dopo i fatti eclatanti denunciati dalla trasmissione Petrolio, in cui si è visto come alcuni medici (nei guai finì in particolare il professor Pietro Litta della Clinica di Ginecologia e Ostetricia di Padova) possano approfittare delle lunghe liste d’attesa nel pubblico per «dirottare» alcuni pazienti verso la libera professione e realizzare cospicui guadagni. «Il fatto che sempre più pazienti scelgano di ricorrere alla libera professione intramuraria per scavalcare le liste d’attesa del pubblico o del privato convenzionato chiude il consigliere di Leu favorisce il concreto rischio di comportamenti corruttivi, come conferma anche l’Anac. La mia proposta va nella direzione tracciata dal Tribunale dei diritti del malato, secondo cui il sistema emiliano dovrebbe diventare uno standard a livello nazionale». (ma.bo.)