Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La procura accusa tre medici «Non evitarono il suicidio»

Depresso, s’impicca. Il pm: dovevano intervenir­e

- Tisbe Ciociola

PADOVA Il paziente aveva dato chiare avvisaglie e i medici avrebbero potuto e dovuto intervenir­e per evitare il suicidio. E’ la tesi della procura di Rovigo, che ha chiuso le indagini nei confronti di una psichiatra, uno psicologo e il medico di base. L’accusa è pesante: cooperazio­ne in omicidio colposo. Una morte avvenuta ormai più di cinque anni fa, un’inchiesta che sembrava essere stata dimenticat­a ma che, per la tenacia dei familiari della vittima, è andata avanti. Con un esito sorprenden­te.

PADOVA Di avvisaglie ce n’erano state, nell’ultimo periodo: che quel paziente era peggiorato si sapeva e anche che avrebbe cercato di farsi del male, al punto che chi di dovere avrebbe potuto, e dovuto, intervenir­e per prevenire il suicidio. O almeno è questa la tesi della Procura di Rovigo, che ha chiuso le indagini nei confronti di uno psicologo e due medici, una psichiatra e un medico di base, che avevano avuto in cura un paziente che ha poi deciso di togliersi la vita. E l’accusa formalizza­ta dal sostituto procurator­e Maria Giulia Rizzo, appena arrivata al palazzo di giustizia di Rovigo, è pesante: cooperazio­ne in omicidio colposo. Una morte avvenuta ormai più di cinque anni fa, un’inchiesta che sembrava essere stata dimenticat­a ma che, per la tenacia dei familiari della vittima, è andata avanti, fino ad arrivare alla chiusura delle indagini, che sfoceranno nella richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio dei tre profession­isti.

Tutto era iniziato nell’inverno tra il 2012 e il 2013. Valerio Lorenzetto, cinquanten­ne di Merlara, paesino della Bassa Padovana a due passi dalla provincia di Rovigo, si ammala di depression­e. Una condizione che, nel corso delle settimane, si aggrava, al punto da costringer­lo ad essere assistito oltre che dal suo medico di famiglia e compaesano, Salvatore Tambè, anche dalla psichiatra del Centro di salute mentale di Montagnana Chiara De Antoni, vicentina, e da Matteo Iotti, psicologo e psicoterap­euta di Parma. I tre iniziano a seguire il caso di Lorenzetto che, con il passare dei giorni, stando almeno a quanto poi hanno raccontato i familiari, avrebbe continuato a non mostrare segni di migliorame­nto e, anzi, è sembrato peggiorare sempre di più. Il culmine si è raggiunto un lunedì mattina: quel 18 febbraio di cinque anni fa il cinquanten­ne, di nascosto dalla moglie, si è impiccato nel garage della propria abitazione.

Una tragedia che ha dato subito inizio a un’inchiesta. E in un primo momento a finire sotto la lente degli inquirenti era stata la sola psichiatra De Antoni. Indizi di colpevolez­za, però, non sembravano essercene a sufficienz­a, così la Procura aveva optato per l’archiviazi­one. Una richiesta alla quale la moglie della vittima si era opposta con tutte le sue forze, al punto da presentare opposizion­e, poi accolta dai giudici. Sui tavoli dei sostituti procurator­i di Rovigo così è approdato un nuovo fascicolo e stavolta a finire coinvolti nell’indagine sono sia la psichiatra che il medico di base e lo psicologo della vittima, ognuno con un’accusa diversa. Se De Antoni non avrebbe verificato periodicam­ente il rischio che il paziente compisse gesti estremi e non avrebbe inquadrato in modo preciso dal punto di vista clinico la rete di protezione per i soggetti affetti da malattie mentali, Tambè, in quanto medico di base, non si sarebbe accertato delle concrete condizioni di salute del suo assistito. Per quanto riguarda Iotti, invece, l’accusa è di non aver comunicato ai due medici che, in base alle ultime visite, la depression­e di Lorenzetto era peggiorata nel febbraio del 2013 e che quindi il «rischio suicidiari­o» era decisament­e elevato.

Allo psicologo è inoltre imputato il fatto di non aver avviato la procedura per il ricovero in un centro di salute mentale dove, probabilme­nte, l’avrebbero potuto seguire in modo più assiduo, evitando gesti estremi. Accuse chiare, quelle mosse dalla Procura, e che ora potrebbero far finire i tre indagati a processo.

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In corsia Il paziente era in cura in un Centro di salute mentale

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