Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
NORDEST SCONOSCESI
L’imprenditore Colomban: «Spero non facciano gli errori degli altri»
Luigi Di Maio non trova più i paroloni: dignità è persino troppo poco. E così il superministro del Lavoro e dello sviluppo economico, con il coro dei grillini, punta ancora più in alto: «è finita l’epoca del precariato» e addirittura «abbiamo cominciato a lanciare bombe di civiltà». Il mondo imprenditoriale risponde con toni altrettanto eccessivi: «Il governo è ostile», «Così si torna indietro di trent’anni», e c’è chi già intravvede «i presupposti che porteranno molte aziende a chiudere». La realtà è più banale: il famoso «decreto dignità» lascia inalterati i problemi del lavoro. Con un’aggravante: Di Maio, con il suo mini provvedimento (sostanzialmente incentrato sulla riduzione della durata dei contratti a termine), sembra non conoscere a fondo la realtà del sistema produttivo, specie del Nordest. Premessa: i contratti a tempo determinato e in somministrazione sono in netta crescita. Dietro, spesso, si nascondono abusi e percorsi di precariato pressoché infiniti per i giovani. Tutto vero, purtroppo. Il punto è quali strumenti usare per invertire la deriva senza compromettere la ripresa, intesa sia come crescita del Pil sia come creazione di lavoro.
VENEZIA Massimo Colomban, colonna degli imprenditori veneti e una parentesi romana nella giunta Raggi che l’ha catapultato sotto i riflettori della politica quando l’onda grillina ancora doveva assumere le proporzioni di uno tsunami, oggi misura le parole. «Perché - spiega Colomban - troppo spesso le mie parole sono state distorte». Certo è che sul decreto Dignità, un paio di cose da dire le ha. «Parlo a nome degli imprenditori di Rete Sì, - specifica - e dico che tutte le misure che irrigidiscono la flessibilità del lavoro e dell’impresa non sono viste positivamente. Io spero che questi nuovi governanti - in cui molti imprenditori hanno riposto la propria fiducia - capiscano e verifichino che alle imprese e alle partite Iva corrispondono il 66%, i due terzi delle entrate dello Stato». Tanto per cominciare, quindi, il peso specifico delle associazioni di categoria, dalla tonante Confindustria dei giorni scorsi in giù, non va sottovalutato. «Quindi noi imprenditori speriamo che questo esecutivo non faccia gli errori dei governi dell’ultimo decennio - scandisce Colomban - ingessando la flessibilità e tassando fuori misura le imprese hanno creato una crisi che si perpetua da dieci anni e che ci vede agli ultimi posti in Europa come reddito e crescita».
I pal e t t i c he r i ducono di molto i margini di manovra ad esempio sui contratti a termine, insomma, non piacciono e l’invito di Colomban è chiarissimo: «Come Rete Sì, quindi, invitiamo il governo a ritornare allo sviluppo e non alla burocrazia se vogliamo vedere l’occupazione crescere e così il reddito dei cittadini migliorare».
L’ i mprenditore, 69 a nni , che ha legato il suo nome ai fasti di Permasteelisa (di cui è fondatore e presidente onorario) e al maniero di Cison di Valmarino, nel Trevigiano, fatto rinascere come hotel di lusso.
Però Massimo Colomban, 68 anni, fino all‘ottobre 2017 è stato assessore alle Partecipate del Comune di Roma. Un ruolo che aveva dato lustro alla famiglia veneta degli «impren- ditori con una visione». Si è detto che Beppe Grillo, in tempi non troppo remoti lo volesse al dicastero dell’Economia ma, prima, lo convinse a «dare una mano» al sindaco Virginia Raggi a Roma. E in una posizione fra le più delicate, quella dell’assessorato alle Partecipate. Il piglio nordestino intraprendente e dinamico, nella Capitale ha cozzato contro una stratificazione quasi geologica di problemi inestricabili. Al punto che l ’e s peri e nza si è conclusa anzitempo.
E così, in questi mesi, l’imprenditore è rimasto alla finestra, osservando - sopracciglio alzato - lo scandalo dei versamenti mancati da parte dei parlamentari pentastellati e, nello stesso periodo, l’adieu dell’amico David Borrelli, europarlamentare del M5S con cui Colomban ha condiviso
Invitiamo il governo a tornare allo sviluppo e non alla burocrazia
buona parte della visione imprenditoriale e di riforma. Ecco, parentesi poco felice nella Città Eterna a parte, Colomban resta un imprenditore più che un politico a cinque stelle.
Ha tradotto in acciaio e vetro le visioni di archistar come Frank Gehry, Norman Foster e Richard Rogers. Ha partecipato a due delle cinque torri sorte su Ground Zero a New York, sue alcune sedi dell’Unione europea e anche quella di Apple a Cupertino.
Giusto per dire che le stellette guadagnate sul campo del business sono tante e che la bocciatura, pacata ma ferma, dei provvedimenti contenuti nel decreto dignità pesano.
Del resto, lo stesso Colomban, in passato aveva sottolineato come molti, nel Movimento 5 Stelle, seppur animati dalle migliori intenzioni, sul fronte economia e imprese non fossero particolarmente ferrati.