Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La stoccata di Colomban «Misure che irrigidiscono la flessibilità, si cambi rotta»
Da Re scarica le colpe sul M5S e insieme ai colonnelli chiede modifiche al testo
L’ imprenditore trevigiano Massimo Colomban, già assessore della giunta Raggi, boccia il decreto Di Maio. «Tutte le misure che irrigidiscono la flessibilità del lavoro e dell’impresa non sono viste positivamente. Invito il governo a ritornare allo sviluppo e non alla burocrazia se vogliamo vedere l’occupazione crescere».
VENEZIA Che il «decreto dignità» sia un do ut des fra Movimento 5 Stelle e Lega, non è un segreto. Lo dice neppure troppo velatamente il sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti. Dall’altro lato è arrivato il placet pentastellato sulla linea dura per l’immigrazione, per dirne una. Ma chi si aspetta un giudizioso «matrimonio» fondato s ul compromesso rischia una cocente delusione.
Come minimo in Veneto, dove la levata di scudi delle categorie, da Federalberghi a Confindustria, passando per Confartigianato, solo per citarne alcuni, agita lo spettro di una ripresa azzoppata dalle misure anti precarietà che pongono limiti stringenti ad esempio ai contratti a tempo determinato. La stessa aria tira anche in Lombardia ma i commenti, sarà la vicinanza con il «capitano» Salvini, suonano più prudenti. I colonnelli veneti della Lega scelgono sfumature diverse ma la sostanza non cambia: il decreto così com’è non va bene. E la sede per cambiargli i connotati sarà il parlamento, a suon di emendamenti. Toni Da Re, segretario nathional della Lega, questa volta non pesa le parole: «Il decreto dignità taglia le gambe alle imprese. Per tipologia economica, sono in molti ad avere organici che variano per brevi periodi, penso al turismo e agli stagionali. Il nostro tessuto imprenditoriale è questo. Penso al settore del turismo che di stagionali vive. Poi, sulla partita del reshoring, il ritorno dopo l’era delle delocalizzazioni, il decreto dice le stesse cose che la Lega diceva anni fa. Quanto al precariato, credo che l’imprenditore vero, quello di qualità, voglia avere personale stabile e alta- mente qualificato, la precarietà si combatte sostenendo le imprese». Non a caso, il collega di partito e assessore regionale allo Sviluppo Economico, Roberto Marcato, annuncia di voler convocare le associazioni di categoria a stretto giro per raccogliere un dossier da consegnare brevi manu a Luigi Di Maio. «Parto dal commento di Matteo Salvini – spiega Marcato – “è un buon inizio”. Ecco, appunto, è un inizio. Il tema del precariato andava posto come quel l o della ludopatia ma su tutto il resto bisognerà discutere. La madre di tutte le battaglie è l’autonomia. Per questo convocherò gli imprenditori raccogliendo critiche e suggerimenti e porterò a Di Maio la sintesi». Marcato aggiunge che il confronto con gli alleati di governo sarà pacato e che i compromessi sono necessari ma «sarebbe il momento peggiore per frenare». E il Movimento che dice? Da Roma Luigi Di Maio dice: «Mi dispiace che mi stia attaccando Confindustria ma sia chiaro che a me non s t a nno p i ù b e ne i contratti da 6 giorni rinnovati 10 volte». Il neo capogruppo a Palazzo Ferro Fini, Manuel Brusco conferma e si scompone poco: «È un provvedimento portato avanti sia da M5S che Lega che esprimono la volontà della maggioranza dei cittadini. È chiaro che gli imprenditori si lamentino, è un cambiamento colossale e sarà il primo di una serie. Finora si è andati avanti con un sistema che per alcune aziende si è tradotto in grossi guadagni a discapito dei lavoratori, penso alle multinazionali. In Ve-
neto abbiamo imprese spesso più piccole, certo e manterremo il dialogo con le associazioni di categoria ma devono capire che le cose stanno cambiando. Di fatto, nel Veneto delle pmi, il decreto cambierà poco lo stato di fatto perché qui siamo già un po’ virtuosi».
Non smentisce il suo (affilato) approccio british Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio Regionale: «Si tratta di un decreto molto complesso arrivato all’ultimo minuto in Consiglio dei Ministri. Non dubito che possa essere migliorato dall’esame del parlamento, soprattutto alla luce delle specificità di alcuni territori che, come il nostro, vivono di piccole e medie imprese».
Tradotto: ci si rivede alle Camere per modellare i provvedimenti reali: «In alcuni casi il compromesso può funzionare - chiosa - in altri, come per questo decreto, no. Sono temi quelli delle imprese e del lavoro che non possono essere trattati un tanto al metro».
A Ciambetti fa eco Nicola Finco, capogruppo della Lega in Regione: «Attraverso i parlamentari del nostro territorio mi auguro si possa porre r i medio. Poi , va de t to c he qualsiasi provvedimento esca dall’esecutivo è suscettibile di modifica». E i correttivi, per Marcato si riducono essenzialmente a uno, il tanto invocato cuneo fiscale: «È la via maestra. Dobbiamo ridurlo per lasciare all’azienda i margini per investire e al dipendente per spendere. Va fatto assolutamente. E va fatto a breve».
Basterà a placare l’ira funesta delle imprese? E pure del Carroccio che fra piccoli imprenditori e artigiani ha un bacino elettorale molto solido? Secondo Da Re dipenderà dall’equilibrio fra gli alleati di governo: «Perché è vero che spesso le liti furiose sono indice di un matrimonio duraturo ma ci sono dei limiti e il M5S non può calare così, dall’alto, un provvedimento del genere».