Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il giudice rinvia la decisione Maturità a rischio per il pusher
Oggi Manente avrebbe avuto l’orale, resta in cella. Il legale chiede un rinvio
TREVISO Non potrà sostenere oggi il suo esame di maturità Pietro Manente, il 20enne di Jesolo arrestato sabato sera lungo la Treviso Mare, al volante di una Fiat Punto con il portabagagli carico di 7 chilogrammi di marijuana, di proprietà del padre dell’amico Martino Pivato finito in carcere con lui. Il gip Angelo Mascolo, davanti al quale è comparso ieri per l’interrogatorio di convalida dell’arresto, fino a ieri sera non aveva infatti ancora sciolto la riserva sulla richiesta dell’avvocato Remo Lot, difensore del ragazzo, di scarcerazione o di modifica della misura cautelare con gli arresti domiciliari.
Istanza che il legale ha motivato con la necessità per il 20enne di poter andare al liceo a sostenere la prova orale degli esami di maturità. Me il giudice si è preso del tempo per decidere e il suo avvocato ha allora inviato una richiesta di rinvio della prova alla scuo- la, precisando che Manente oggi non potrà essere presente per l’esame per un «legittimo impedimento». E ora per il giovane si aprono tre possibilità. La più semplice quella che la commissione d’esame decida di concedergli un rinvio, che gli consenta di aspettare la risposta del gip, uscire dal carcere e sostenere la prova in differita.
La seconda, perdere l’anno scolastico e ripresentarsi alla prossima sessione, quando magari i suoi guai con la giustizia saranno risolti. O, la più estrema, che il giudice di - sponga che il ragazzo vada a sostenere l’esame da detenuto, accompagnato dalla polizia penitenziaria. Intanto ieri, assistito dal suo legale, il 20enne, che mai aveva avuto guai con la giustizia, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere alla domande del gip ma ha voluto fare alcune dichiarazioni spontanee dichiarando: «La droga che c’era nell’auto non era mia». Ha invece parlato Pivato, il 19enne, già arrestato in passato per reati legati agli stupefacenti.
Il giovane, assistito dall’avvocato Gianfranco Colletti ha spiegato che la droga che stava trasportando era stata acquistata in Lombardia e che il traffico di sostanze (a casa sua la polizia ha trovato anche più di 8 etti tra hashish e cocaina), sarebbe gestito via social, in una sorta di banda organizzata ma virtuale. Tutti i contatti, infatti, sarebbero tenuti via chat e social, ma limitati ai livelli più bassi del giro di spaccio senza contatti diretti con i fornitori. Anche per lui il difensore ha chiesto al giudice la modifica della misura cautelare.