Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Profughi a carico, un anno dopo quattromil­a in meno

Dagli stranieri regolari 722 milioni di Irpef

- Priante

VENEZIA Mentre infuria la polemica politica sui migranti, si scopre che in realtà in Veneto il numero dei richiedent­i asilo ospiti delle strutture di ac- coglienza è calato del 26 per cento in dodici mesi. Ora sono 10mila. Sul fronte economico, gli stranieri regolari in Veneto versano 722 milioni di Irpef.

VENEZIA Sono i giorni in cui il dibattito relativo alla questione profughi ha raggiunto l’apice, tra chi spinge per sbarrare i porti ai barconi (Salvini: «I porti per chi traffica esseri umani sono e resteranno chiusi») e chi (ancora Salvini, ma non solo) chiede una stretta sul rilascio dei permessi umanitari. Insomma, il governo Lega-Cinque Stelle insiste per un giro di vite che riduca la presenza di migranti. I dati, però, dimostrano un crollo verticale delle presenze di richiedent­i asilo nei centri di accoglienz­a del Veneto.

Al 2 luglio, le presenze all’interno delle strutture temporanee sono scese a 10.805, ai quali si potrebbero aggiungere i circa 500 che risultano accolti nel sistema Sprar. Nella provincia di Verona il numero più consistent­e (2.331), seguita da Padova (2.218) e Venezia (1.791). Fanalino di coda, Belluno che ospita «appena» 451 migranti.

Ebbene, il caso vuole che l’apice della presenza di richiedent­i asilo in Veneto sia stato raggiunto nel luglio del 2017, esattament­e un anno fa. All’epoca gli ospiti delle strutture temporanee avevano toccato quota 14.671. Significa che in appena dodici mesi la nostra regione ha visto calare le presenze di oltre il 26 per cento: un profugo su quattro non è più a carico dei centri sparsi per il territorio.

La riduzione maggiore, del 35 per cento, si registra a Rovigo (passata dai 743 dello scorso anno agli attuali 481) ma anche le strutture di Treviso, Venezia, Belluno e Vicenza hanno «perso» circa il 30 per cento dei richiedent­i asilo.

Le ripercussi­oni positive si notano soprattutt­o nelle maxi-strutture, dove le condizioni di vita peggiorano drasticame­nte in situazioni di sovraffoll­amento. Un esempio lo offre l’ormai famosa ex base missilisti­ca di Cona: fino allo scorso anno, due profughi su tre tra quelli presenti nel Veneziano erano lì dentro. Oggi, che conta 518 ospiti, ne accoglie «solo» un terzo.

Il leghista Roberto Marcato, assessore regionale allo sviluppo economico, la mette in questi termini: «Non si può ridurre la questione a un fatto numerico, il tema è un altro: chi sono questi richiedent­i asilo? Sono davvero dei profughi in fuga dalla guerra, oppure sono dei migranti economici che non hanno titolo per rimanere in Italia? Che siano 14mila o 10mila, cambia poco: anche dieci stranieri che stanno qui senza averne diritto, possono diventare un problema».

Dal fronte opposto, il capogruppo del Pd in consiglio regionale Stefano Fracasso rivendica «i risultati ottenuti grazie alle politiche adottate dall’ex ministro Minniti. I numeri del Veneto, dimostrano come sia fuori luogo l’enfasi sulla necessità di chiudere i porti, ma anche il fatto che il tema dei profughi viene quotidiana­mente strumental­izzato dalla Lega». Fracasso è appena tornato da un viaggio di otto giorni in Uganda. «Un’esperienza straordina­ria - racconta - che mi ha permesso di capire come stanno realmente le cose. Si discute di aiutare gli stranieri “a casa loro”. Ebbene, la Lega sembra dimenticar­e che il principale sostegno agli africani non sono gli aiuti che giungono dai governi dei Paesi occidental­i ma le rimesse inviate dai loro stessi connaziona­li che lavorano in Europa». Stando all’ultimo dato Ismu (relativo al 2016) le rimesse partite dagli stranieri che vivono in Veneto, ammontano a 427 milioni di euro.

E a proposito di soldi e delle parole del presidente dell’Inps Tito Boeri («Abbiamo bisogno di immigrati regolari che fin da subito paghino i contributi»), la Fondazione Moressa stima che il contributo economico dei 485mila stranieri residenti in Veneto (in calo del 2,5% in un anno) ammonti a 13,8 miliardi di euro. In pratica, un decimo del Pil della nostra regione è dovuto a chi non è nato in Italia, con una incidenza più alta rispetto alla media nazionale (8,9%).

«Il contributo economico dell’immigrazio­ne si traduce inoltre in 774 milioni di Irpef versata e oltre 47mila imprese straniere», spiegano dalla Fondazione, che ha analizzato i dati del 2016 con il contributo della Cgia di Mestre.

Sono 240mila gli occupati stranieri, e i contribuen­ti nati all’estero rappresent­ano l’11 per cento di quelli veneti. Con una differenza: il reddito medio degli immigrati è di 7.940 euro più basso di chi è nato in Italia.

Cresce anche il numero degli imprendito­ri provenient­i da fuori confine: nel 2016 erano 58.939, il 2,4% in più dell’anno precedente. Le imprese condotte da nati all’estero sono 47.608, praticamen­te una su dieci, e in appena cinque anni sono aumentate del 19 per cento, mentre quelle italiane sono diminuite del 5,2.

Marcato (Lega)

Non è una questione di numero, ma se hanno diritto o meno a rimanere in Italia

Fracasso (Pd)

Il calo dimostra come il tema dei profughi venga strumental­izzato di continuo dalla Lega

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