Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Altri inquinanti nella falda nuova inchiesta sulla Miteni
Oggi mamme No Pfas in Procura: «Va chiusa»
VICENZA La Procura di Vicenza si appresta ad aprire un se- condo filone d’inchiesta a ca- rico della Miteni srl di Trissino, già indagata per disastro ambientale perchè accusata di aver inquinato con i Pfas la falda acquifera di 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova. Stavolta sotto la lente sono finite le nuove molecole derivate da rifiuti tossici lavorati dalla Miteni dietro autorizzazione di un dirigente regionale. Ci potrebbero essere nuovi indagati. Oggi protesta in Procura delle mamme No Pfas.
VICENZA La Procura di Vicenza si appresterebbe ad aprire un ulteriore filone d’inchiesta a carico della Miteni srl di Trissino, già indagata per disastro ambientale perché accusata di aver inquinato la falda di 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova con i Pfas, sostanze perfluoro alchiliche. Il nuovo fascicolo si riferisce allo sversamento di una molecola usata dall’industria al posto dei Pfoa, ovvero il GenX, nome commerciale dell’HFPO-DA, l’ acido dimeri coesa fluoro pop i lene ossido. S versamento segnalato alla Regione lo scorso 13 marzo dal ministero delle Infrastrutture olandese, che parla del trattamento di rifiuti tossici nell’azienda vicentina per conto di un impianto del Paese dei tulipani. Operazione però autorizzata nell’ottobre 2014 dal direttore dell’Area Tutela e Sviluppo del Territorio, Andrea Benassi, che ha ratificato il via libera sancito in Conferenza dei servizi anche dalla Provincia.
Ora, dopo la segnalazione inoltrata in Procura dall’Arpav, che ha rilevato concentrazioni di HFPO-DA tra i 25 e i 40 nanogrammi per litro d’acqua «in alcuni punti di monitoraggio delle acque sotterranee negli immediati dintorni dello stabilimento Miteni e, in modeste quantità, in alcuni pozzi situati a pochi chilometri a valle dell’insediamento produttivo», l’apertura di un altro fascicolo servirebbe a ottenere riscontri anche sulle responsabilità. E a effettuare accertamenti sull’acido, sulla sua pericolosità e concentrazione nelle acque, a partire proprio dalle analisi eseguite dal laboratorio Arpav di Verona. Anche perché i filtri a carboni attivi installati a valle di pozzi contaminati possono rimuovere l’HFPO-DA solo in concentrazioni inferiori ai 10 nanogrammi per litro.
Con l’apertura del secondo troncone potrebbero arrivare altri indagati oltre ai nove, tra ex e attuali manager della Miteni, finiti nell’inchiesta per disastro ambientale. L’obiettivo della Procura è di chiudere gli accertamenti tecnici e le indagini preliminari a breve. «La lavorazione di HFPO-DA è stata autorizzata dalla Conferenza dei servizi — replicano dalla Miteni —. Noi rigeneriamo queste molecole di tensioattivo, le FRD, invece di crearne di nuove, e le riconsegniamo integralmente al cliente. Non c’è nessun via libera a sversare alcunché. La Regione ha autorizzato la lavorazione, tra cui il processo di trattamento delle acque, che ha dimostrato la sua efficacia nell’abbattimento delle emissioni. Miteni, come previsto dell’Autorizzazione integrata ambientale, invia ogni anno a Palazzo Balbi l’elenco delle sostanze che produce, con le quantità di materiale in ingresso e di materiale creato». Intanto c’è il nome del commissario per il concordato chiesto e ottenuto dalla ditta: è Domenico De Rosa, commercialista di Vicenza.
Oggi infine, alle 16, i Movimenti No Pfas manifesteranno davanti alla Procura. «L’inchiesta è ferma da un anno e nel frattempo la Miteni continua a sversare di tutto nelle nostre acque — avverte Michela Piccoli, a capo delle Mamme No Pfas —. E’ ora di finirla e di chiudere l’impianto(lo chiese invano l’Arpav nel 2013, ndr), sennò risolviamo un problema e ne emergono altri dieci. Possibile che con 24 barriere idrauliche si scoprano nuovi inquinanti?».