Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La prefetta: «Sì, mi hanno minacciata»
Lega racconta gli anni trevigiani e il nodo profughi: «I risultati sono arrivati»
TREVISOLa «prefetta di ferro», l’hanno chiamata, ed è per questo che Laura Lega è stata inviata a Treviso nell’agosto del 2015. Per gestire l’emergenza profughi nella terra del Carroccio. «Abbiamo normalizzato una situazione complessa e rimasta tale per lungo tempo, quando i flussi in arrivo erano importanti», dice. Ma non sono mancate le tensioni. Io stessa ho ricevuto minacce importanti nel 2016, per l’azione che stavo svolgendo in materia di immigrazione».
TREVISO La «prefetta di ferro», l’hanno chiamata, ed è per questo che Laura Lega è stata inviata a Treviso nell’agosto del 2015. Per gestire l’emergenza profughi nella terra del Carroccio, dove le tensioni erano già esplose, tanto da arrivare a minacce personali nel 2016, taciute per non esasperare la situazione. Tre anni dopo, il numero delle persone accolte nelle strutture della Marca è sceso a milleottocento (erano 2.800 nell’estate 2017), il rapporto fra istituzioni e territorio è collaborativo e sereno e Laura Lega sta facendo gli scatoloni. Direzione Firenze, dove ricoprirà un incarico prestigioso, prefetto di una delle sedi più importanti d’Italia. Fra una decina di giorni in piazza dei Signori si insedierà Maria Rosaria Laganà, attuale prefetto di Pordenone. «Si chiudono tre anni impegnativi e sfidanti, ma con molti risultati raggiunti».
Prefetto Lega, era arrivata per gestire l’emergenza profughi. Possiamo dire che è un’emergenza conclusa?
«Decisamente. Abbiamo normalizzato una situazione complessa e rimasta tale per lungo tempo, quando i flussi in arrivo erano importanti numericamente. Abbiamo dovuto ricercare per due anni costantemente, in modo chirurgico e sartoriale, soluzioni che potessero coniugare le esigenze di alloggiamento dei richiedenti asilo e soluzioni a basso impatto per il territorio, riducendo le tensioni».
Si dice che anche lei sia stata coinvolta personalmente. È vero?
«Sì, le tensioni non hanno lasciato esente la Prefettura. Io stessa ho ricevuto minacce importanti nel 2016, per l’azione che stavo svolgendo in materia di immigrazione».
Com’è oggi la collaborazione fra istituzioni?
«Ottimale, abbiamo creato relazioni forti e accorciato le distanze fra governo, Comuni, Regione, attori economici e sociali. Il ruolo dei prefetti, in tutto il territorio nazionale e in particolare in questo, è stato di ammortizzatore, cuscinetto su tensioni politiche, scelte governative e ambito locale».
I temi su cui è intervenuta sono molti, a partire dalla sicurezza sul lavoro. Treviso purtroppo è maglia nera su questo fronte. A che punto è il protocollo d’intesa?
«Sarà tra i più innovativi in materia, con l’obiettivo di raggiungere ogni azienda sul territorio, favorendo chi si adeguerà alle normative, rendendo la sicurezza sul lavoro appetibile e accessibile, anche con un “bollino” premiante. Le morti sul lavoro sono uno dei temi più drammatici, lo Stato ci deve essere. Per questo abbiamo favorito la formazione e cercato di implementare i controlli».
E per la sicurezza pubblica?
«Il decreto Gabrielli ha imposto norme severe nell’organizzazione di eventi, Comuni e pro loco hanno chiesto aiuto e minori vincoli. Abbiamo sperimentato le norme di “safety and security” nel maggio 2017 con l’Adunata del Piave, più di 600 mila persone in tre giorni, è stato un successo. Ora stiamo preparando un documento che invieremo al ministero dell’Interno, che vogliamo sia utile a sindaci e operatori. Si basa su un principio evoluto, individuando il reale livello di rischio degli eventi per differenziare, grazie a dei coefficienti, la sagra di paese dall’evento complesso».
Sui migranti abbiamo normalizzato una situazione complessa
Lei ha aperto anche il primo tavolo prefettizio sulla crisi delle banche locali. Quale il ruolo della Prefettura?
Ho ricevuto minacce importanti per l’azione che svolgevo sui profughi
«Garantire i temi sui quali la comunità locale esprime delle difficoltà. Qui la crisi del credito ha procurato tensioni, non si poteva non metterci la faccia. Siamo riusciti ad essere facilitatore di un dialogo che non c’era tra banche, imprese, consorzi e consumatori. Una sfida difficile ma considero l’esito un successo».
Ho voluto garantire i temi sui quali la comunità locale esprime delle difficoltà
E ora Firenze. Dal Prosecco al Chianti. Lei a Treviso ha aperto il tavolo sulle bollicine...
«Una preziosa azione di collegamento, di mediazione tra operatori, enti locali e consumatori, spingendo il processo di riduzione dell’uso di fitofarmaci per la salubrità del territorio e la salute pubblica».
La candidatura del Prosecco a patrimonio Unesco è stata bocciata, o rimandata. Lei che ne pensa?
«Sostengo questo progetto e sono convinta che ci riusciremo, il Prosecco è un biglietto da visita che va salvaguardato».