Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Era il quarto di quattro ma nell’impero stava alla pari Telai, pecore e Mapuche
TREVISO Al suo destino di essere il quarto di quattro, aveva aderito coerentemente rivelandosi alla lunga il più riservato della famiglia. I due frontmen della casa di Ponzano erano e sono, senza dubbio alcuno, Luciano e Gilberto, maestri autentici nell’arte di apparire molto - il «nudo» di Luciano per la celebre campagna mondiale del 1993 resta un pezzo di storia della comunicazione aziendale - pur rimanendo nella sostanza schivi e refrattari alle apparizioni in pubblico, alle interviste e, in generale, alle varie forme di vanità connesse a un indiscutibile successo imprenditoriale.
Carlo Benetton, mancato ieri all’età di 74 anni e in questo tragicamente primo di quattro, non appariva affatto. Semplicemente, era. Il che, detto di un Benetton, significa già moltissimo: in termini finanziari, per esempio, quest'anno Forbes ha stimato il suo patrimonio netto personale (suo e di ciascuno dei suoi tre fratelli Luciano, Gilberto e Giuliana) in 3,4 miliardi di dollari, grosso modo 2,9 miliardi di euro. Quel che si dice un uomo che conta, nel vero senso del termine.
Era nato il giorno di Santo Stefano del 1943, a Morgano nella campagna trevigiana, in uno dei momenti più bui della storia dell’Italia moderna. Tempo di guerra e di occupazione militare straniera, seguita al caos dell’8 Settembre. Secondo la storiografia ufficiale di famiglia, era ragazzino quando i due fratelli maggiori, Luciano e Giuliana, avviarono a metà degli anni Cinquanta il primo laboratorio tessile su scala ridotta, coinvolgendo via via nell’attività i più giovani Gilberto e Carlo man mano che crescevano. Perciò Carlo poteva vantare a buon diritto il titolo di co-fondatore dell’impero, poiché era ormai un giovane uomo di 22 anni quando, dopo dieci anni di esperimenti casalinghi condotti sul campo, i quattro Benetton aprirono nel ’65 la prima fabbrica della loro storia imprenditoriale, dove si concentrava una parte del ciclo produttivo. Creatività, innovazione nel prodotto e nell’utilizzo dei colori, rapporti esclusivi con i venditori e con una fitta rete locale di piccoli e piccolissimi laboratori di produzione in conto terzi: la «formula Benetton» era pronta a decollare.
Anche nella suddivisione dei compiti in azienda, Carlo aveva scelto per sé quello meno appariscente ma non per questo poco rilevante. Lui era l’uomo delle macchine o, come si direbbe oggi, il responsabile delle «operations», ovvero del cuore industriale e operativo dell’attività tessile.
Era lui, inoltre, a sovrintendere all’approvvigionamento delle materie prime che andavano ad alimentare il crescente impero del maglioncino. In questa veste gli era toccato anche il difficile compito di negoziare una soluzione accettabile dello spinoso «caso Mapuche», in Argentina. Laggiù, nella Patagonia sconfinata, i Benetton nel ‘91 avevano acquistato per 50 milioni di dollari uno sterminato pascolo di 900mila ettari, destinato alle pecore che fornivano lana pregiata per i capi della casa di Ponzano. Solo che la compagnia Tierras De Sur Argentino glieli aveva venduti senza minimamente tenere in conto l’opinione delle popolazioni indigene che lo abitavano, i Mapuche per l’appunto, i quali consideravano quelle terre una loro naturale proprietà. Carlo aveva preso in mano la situazione, era volato più volte in Patago- nia per mediare con le autorità locali e si era rivolto alla giustizia argentina, che alla fine gli aveva dato ragione. Ma la resistenza dei Mapuche è tuttora dura a morire.
Di agricoltura e allevamento, Carlo Benetton si era occupato a lungo anche come presidente della Tenuta Maccarese, carica che ha ricoperto fino alla fine dei suoi giorni. Maccarese, una delle più imponenti aziende agricole italiane (oltre 3.200 ettari), si estende dalle porte di Roma al litorale laziale e ne fa parte anche il Castello di San Giorgio. Era di proprietà statale fino al 1998, quando un massiccio piano di privatizzazioni avviato dal governo in carica l’aveva portata all’interno della galassia Benetton. Una delle ultime apparizioni pubbliche di Carlo, prima che la malattia prendesse il sopravvento, era avvenuta proprio qui, nei primi mesi di quest’anno, per l’inaugurazione della centrale del latte locale.
Quanto al rapporto con i fratelli in 50 anni abbondanti di militanza imprenditoriale comune, valga questa testimonianza del 2015 di Fabio Cerchiai, top manager di Edizione e di Atlantia: «Un aspetto singolare è che io, mai, ho assistito a una discussione o a uno scontro tra di loro... E io li conosco tutti bene». Erano un gruppo familiare straordinariamente coeso. Ma ora il quarto di quattro non c’è più.