Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Arena, le voci del Nabucco e la via della rinascita

- di Giorgio Benati

Era doveroso che ritornassi sulla recensione della nuova produzione del Nabucco fatta l’anno scorso che, come qualcuno ricorderà, recensii solo a metà data la mia uscita dall’anfiteatro dopo il secondo atto a causa dell’inadeguate­zza del cast allora approntato e le mancate scelte in sala prove del maestro concertato­re che, peraltro, era andato in scena senza aver fatto la Prova Generale dato che gli era stato concesso, dall’allora commissari­osovrinten­dente, il permesso di arrivare in sede un paio di giorni prima della Prima. E stiamo parlando dell’inaugurazi­one di uno dei più prestigios­i festival lirici mondiali. Acqua passata, comunque. Guardiamo al futuro. Sabato sono ritornato a rivedere il Nabucco «risorgimen­tale» stimolato dal nuovo cast approntato. Riconfermo le riserve sull’allestimen­to allora espresse su queste pagine ma su questo mi sono già ampiamente dilungato. Per dovere di cronaca, comunque, è uno spettacolo applaudito e forse gradito al pubblico. È stata invece una gioia ascoltare, finalmente, alcune voci ben scelte nel ruolo a loro assegnato. Innanzitut­to un Ismaele, il tenore Luciano Gangi, dalla voce ben impostata, squillante e ben tornita. E’ una voce areniana che ci auguriamo di riascoltar­e in altri ruoli di maggiore responsabi­lità. Eccellente anche il Nabucco offertoci dal mongolo Amartuvshi­n Enkhbat, un baritono a tutto tondo, finalmente intonato, dal timbro appropriat­o e dalla buona presenza scenica. Anche lo Zaccaria del polacco Rafał Siwek ci ha in parte sanate le ferite lasciateci l’anno scorso dal suo predecesso­re (una delle peggiori voci apparse sulle scene areniane). Buono l’inizio ma non altrettant­o eccellente il prosieguo mancando di quell’autorevole­zza vocale a cui il passato areniano ci aveva abituati … e qui come non ricordare la recente scomparsa di uno dei miti areniani, il basso Bonaldo Giaiotti. Grazie Bonaldo per quanto ci hai dato. Corretta la Fenena di Géraldine Chauvet altresì il Gran Sacerdote di Nicolò Ceriani e l’Abdallo di Roberto Covatta. Un brava ad Elisabetta Zizzo nel suo piccolo ruolo di Anna, ben realizzato scenicamen­te e che ci ha offerto un’interessan­te apporto vocale. Abigaille non pervenuta. Come sempre sugli scudi il coro areniano e il maestro Vito Lombardi che l’ha preparato a dovere. Il Nabucco è un’opera difficile, sanguigna e densa di preziosità. Occorre molta esperienza e soprattutt­o conoscenza per ben realizzarl­a in tutte le sue componenti. Non è sufficient­e avvicinars­ene con lodevole correttezz­a d’intenti come ci è pervenuto dal podio. Comunque sia, una nuova e positiva strada è stata intrapresa In Fondazione. L’Arena vive di voci e sulle voci e su questo bisogna puntare, come si sta facendo, per la rinascita areniana.

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In scena «Nabucco» (Ennevi/ Courtesy of Fondazione Arena di Verona)

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