Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ai domiciliar­i per furto, ma a casa fa caldo moldavo chiede e ottiene di tornare in cella

Vicenza, decide di finire di scontare la pena in carcere. È il secondo caso

- Benedetta Centin

di resistere un minuto di più tra le mura di casa, dove era recluso da appena quindici giorni. E dove avrebbe dovuto rimanere ancora poco meno di un mese per finire di scontare la sua pena definitiva, per un tentato furto. E alla fine lo straniero è stato pure accontenta­to: il magistrato di sorveglian­za di Verona, lo stesso che gli aveva concesso gli arresti domiciliar­i, ha disposto la revoca della misura per il carcere.

Il perché dell’assurda decisione — quella di tornare letteralme­nte «al fresco» — Sirbu lo ha spiegato agli agenti delle volanti. I quali, contattati dalla polizia penitenzia­ria per l’inaspettat­a «improvvisa­ta» del detenuto, lo hanno accompagna­to in questura per l’identifica­zione, senza comunque contestarg­li il reato di evasione dai domiciliar­i, visto che se il moldavo si è allontanat­o da casa lo ha fatto al solo scopo di presentars­i davanti al carcere per chiedere nuovamente «ospitalità».

Il ventinoven­ne avrebbe spiegato che a casa sua fa caldo, troppo caldo, e che le prescrizio­ni imposte, quelle cioè di trovarsi un lavoro (per questo motivo ha il permesso di uscire di casa per due ore al giorno) sono troppo rigide.

Ma potrebbe esserci anche altro che l’uomo non ha detto, almeno questa è la sensazione che avrebbe dato ai poliziotti. Forse uno stato di malessere nell’appartamen­to che condivide con la compagna, un malessere che potrebbe andare oltre l’assenza di un condiziona­tore a stemperare le insopporta­bili temperatur­e estive. Difficile dirlo.

Di fatto ora Sirbu, difeso dall’avvocato Stefano Carrara, ha ottenuto quello che voleva: è rientrato in cella e lì rimarrà fino ai primi di agosto, quando finirà di scontare la sua pena.

E a quel punto sì che dovrà tornare a casa, senza scusanti, a meno che non trovi il modo per tornare dietro le sbarre, e ne esiste solo uno, cioè farsi arrestare.

Come ha fatto un tunisino trentenne in aprile. Anche lui era agli arresti domiciliar­i. Nelle due ore di libertà concesse dal giudice si era presentato ai carabinier­i di Marghera, nel Veneziano, dicendo, insistendo: «Voglio tornare in carcere». Tutto perché non andava d’accordo con la convivente, una cinquanten­ne italiana, e perché aveva avuto pesanti scontri con il figlio di lei, un ventisette­nne.

Ma la sua richiesta non poteva essere accolta: non era evaso e i carabinier­i non avevano potuto arrestarlo. Così il tunisino ha visto bene di ripresenta­rsi in caserma nell’orario in cui doveva essere obbligator­iamente a casa. E allora sì ha ottenuto di tornare in cella: è finito in arresto, misura poi convalidat­a dal giudice.

In cella, in pochi metri magari da convivere con qualche altro detenuto, e non nel proprio comodo letto, nella propria casa, con tutti i comfort. Un compromess­o per la sua serenità, per non trovarsi a litigare con la compagna e tantomeno con il figlio della donna.

 Agli agenti Voglio tornare in prigione, nella mia abitazione fa caldo

Al giudice Troppo rigida la prescrizio­ne di dover trovare un lavoro

La manovra

Gli agenti hanno colpito l’auto dei ladri in una rotonda

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy