Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

DECRETO DIGNITÀ BOOMERANG

- Di Sandro Mangiaterr­a

Chissà perché Luigi Di Maio si ostina a non capire (o più probabilme­nte continua a fingere di non capire) un concetto tutto sommato semplice: la stretta sui contratti a termine non genererà alcun aumento dei contratti a tempo indetermin­ato. Gli automatism­i non esistono: se togli da una parte non aggiungi niente dall’altra. Insomma, il Decreto dignità, così come è stato concepito, non creerà buona occupazion­e. Peggio: almeno nell’immediato avrà addirittur­a ripercussi­oni negative sul mercato del lavoro. Ha voglia, Di Maio a indignarsi. Ben prima di Tito Boeri, presidente dell’Inps, e dello scontro all’arma bianca sugli 8 mila posti all’anno che andrebbero perduti, sono stati in molti a provare a spiegare al superminis­tro del Lavoro e dello Sviluppo economico questo clamoroso effetto boomerang. A partire da Matteo Zoppas, presidente di Confindust­ria Veneto, e Pietro Ferrari, leader degli industrial­i dell’Emilia Romagna, passando per il trentino Enrico Zobele. In pratica, i big di quel nuovo triangolo industrial­e Milano-Venezia-Bologna, dove la ripresa ha permesso di recuperare abbondante­mente i livelli lavorativi ante-crisi. Il coro è stato unanime: la riduzione della durata dei contratti a termine, compresi quelli in somministr­azione, e la reintroduz­ione delle causali porteranno a un maggiore turnover di lavoratori (ogni 12 mesi si cambierà personale).

Non basta: in questo scenario un buon numero di contratti non verrà rinnovato.

Si torna dunque al punto di partenza: l’idea di un travaso tra contratti a termine e contratti a tempo indetermin­ato è lontana anni luce dalla realtà. Intanto il Decreto dignità ha cominciato il periglioso passaggio parlamenta­re. Già si parla di un migliaio di emendament­i.

Mentre M5s e Lega avrebbero raggiunto l’accordo su un paio di mosse: la reintroduz­ione dei voucher in settori come l’agricoltur­a e il turismo e la restituzio­ne dello 0,5% di aggravio contributi­vo nel momento del passaggio al tempo indetermin­ato. Modifiche che non ribaltano l’impianto del Decreto. La lotta alla precarietà è un capitolo qualifican­te del governo del cambiament­o? Perfetto. Solo che la strada non è ostacolare i contratti a termine ma favorire (davvero) quelli a tempo indetermin­ato.

La partita di giro dello 0,5% non può nemmeno esser ascritta alla voce incentivi. Occorre un grande piano di agevolazio­ni, non solo riservato agli under 30, che parta dalla formazione e arrivi all’assunzione.

Per inciso, la decontribu­zione di Matteo Renzi era costata una ventina di miliardi. Ci vogliono quattrini e idee. Un dato, però, è certo: nel nuovo triangolo industrial­e le imprese non vogliono lavoratori precari ma altamente qualificat­i.

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