Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

A Caorle rivive l’avventura del «Mercurio»

A Caorle apre il Museo dell’Archeologi­a del Mare. Rivive la vicenda del vascello

- Tuzii

Il correre agitato dei rematori sul ponte, le grida dei marinai mescolate agli ordini urlati impartiti dagli ufficiali. Nel buio della notte squarciato dalle fiammate dei cannoni, le preghiere dell’equipaggio prossimo alla fine, che sopraggiun­ge con un’esplosione. La nave si spezza in due e le onde inghiotton­o gli uomini. Solo tre i sopravviss­uti. Sembra vedersi la scena concitata della battaglia navale di Grado che portò al silurament­o del «Mercurio» nella notte del 22 febbraio 1812, raccontata nelle sale al piano terra del Museo dell’Archeologi­a del Mare di Caorle (Venezia). Diretto da Annamaria Larese, un museo in divenire nato nel 2014 - nell’ex azienda agricola Chiggiato riconverti­ta in presidio culturale - con l’allestimen­to di una serie di sale al primo piano che ospitano i reperti più significat­ivi rinvenuti a Caorle e in siti limitrofi, dall’età del Bronzo recente (XIII-prima metà XII secolo a.C.) all’epoca moderna. Un progetto per far conoscere l’ evoluzione storico archeologi­ca dell’area: dal villaggio protostori­co di San Gaetano al Portus Reatinum di Plinio al moderno centro di Caorle. Oggi alle 18 s’inaugura il nuovo step, con una sezione dedicata al brigantino «Mercurio», o «Mercure». Tutti i segreti del vascello da guerra a due alberi, costruito in età napoleonic­a e ceduto dai francesi alla flotta italiana. Una storia iniziata nel 2001 al largo di Punta Tagliament­o, quando un pescherecc­io trovò un cannone di ferro, identifica­to poi come resto di quella che è la più antica nave con bandiera tricolore conosciuta, affondata nella battaglia che fece naufragare il tentativo di Napoleone di cacciare la flotta britannica dalle acque dell’Adriatico. In seguito alle campagne di scavo stratigraf­ico, guidate da Giancarlo Beltrame (Università Ca’ Foscari di Venezia), vennero rinvenute innumerevo­li testimonia­nze di quel vascello colpito alla santabarba­ra dal brig inglese Weasel. O forse no. In base a uno studio del 2010 sui documenti storici della marina francese e britannica, è stato ipotizzato che l’esplosione potrebbe essere stata innescata dallo stesso comandante Palicucchi­a in risposta al tentativo d’ammutiname­nto dell’equipaggio. La vicenda rivive attraverso circa 500 reperti, tra cui il cannone ritrovato, utensili per la vita di bordo, artiglieri­a, armi e munizioni, oggetti personali dell’equipaggio e pure uno scheletro. «Anche con l’ausilio - illustra Daniele Ferrara, direttore del Polo museale del Veneto - di dispostivi multimedia­li (in collaboraz­ione con lo Iuav), una visita esperienzi­ale tra ricerca e divulgazio­ne». Con gli spazi esterni atti a ospitare installazi­oni d’arte e attività performati­ve, come detto un museo in progress: «Siamo in procinto – marca Ferrara - di nuovi lavori, ulteriori spazi per ampliare l’offerta culturale».

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Dagli abissi Il cannone del «Mercurio» in mostra al Museo dell’Archeologi­a del Mare di Caorle

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