Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Azioni azzerate Anche Ferrarini affossata come Pasta Zara
Azioni azzerate, il gruppo chiede concordato in bianco
VENEZIA Le analogie, al netto della differenza degli importi in gioco, sono così chiare da rendere sovrapponibili le due situazioni, al punto che ci si potrebbe interrogare su quanti siano ancora i casi simili nel tessuto imprenditoriale del Veneto e del Nord Italia. Come la trevigiana Pasta Zara, anche Ferrarini, gruppo dell’industria alimentare basato a Reggio Emilia, si è rivolto al tribunale per chiedere l’ammissione al concordato in bianco, in seguito alle pesanti difficoltà finanziarie sorte dopo il default delle due ex Popolari venete, in primo luogo Veneto Banca, e l’azzeramento delle relative azioni.
Situazioni di crisi che hanno portato, anche qui, a ritardare il pagamento degli stipendi ai circa 800 dipendenti (pochi giorni fa i sindacati avevano denunciato il mancato versamento delle buste paga di maggio) e ad avviare la ricerca di partner in grado di allontanare il pericolo di fallimento.
I numeri della voragine debitoria di Ferrarini nei confronti di una serie di banche è di 250 milioni di euro, di cui poco più di 100 riferibili a linee di credito delle ex Popolari venete. Rispetto a Veneto Banca, vanno anche segnalati una quindicina di milioni di esposizione per l’acquisto di azioni dell’istituto stesso, secondo lo schema ben noto con la definizione di «baciate».
Il lato fragile del sistema, ancora una volta, deriva dall’azzeramento dei titoli. Date in pegno come garanzia per i finanziamenti accordati dagli istituti di credito, e diventate rapidamente carta straccia, le azioni delle ex Popolari hanno minato l’argine, aprendo il rischio di richieste di rientro degli affidamenti. Per esempio, dei 20 milioni sottoscritti con Intesa Sanpaolo, dei 10 con Banco Bpm e di altri con Cassa di Risparmio Bologna, Credit Agricole, Cassa di Risparmio Parma e Banca del Mezzogiorno. In pratica anche Ferrarini, esattamente come Pasta Zara, è un’azienda messa in ginocchio dalla tenaglia Veneto Banca-Bpvi ma assolutamente sana dal punto di vista industriale e del prodotto. I ricavi nel 2017 sono stati pari a 335 milioni (dai 253 dell’anno prima), mentre l’Ebitda è passato da 23 a 29,5 milioni. I dipendenti in Italia e all’estero raggiungono le mille unità, le sedi commerciali sono dieci fra l’Europa e l’Asia.
La scelta di portare i libri in Tribunale e chiedere il concordato con riserva, la cui prerogativa è quella di congelare le pretese dei creditori di norma per sei mesi e di concedere perciò all’azienda un tempo utile a individuare la finanza necessaria e un piano di rilancio, pare sia stata assunta anche dopo la mancata conclusione di possibili intese con partner esterni. Fra questi, il nome che si era fatto più insistente era quello di Carlo Pesenti attraverso i fondi Italmobiliare (che, in Veneto, è presente nel 40% di Tecnica) e QuattroR, quest’ultimo nato apposta per entrare nel capitale di aziende italiane molto riconoscibili come brand ma in deficit di finanza. L’ipotesi sulla quale si era lavorato verteva sul 90% di Ferrarini e della controllata lombarda Vismara, ma la trattativa sembra essere sfumata. Anche un possibile interessamento di Amadori, a un certo punto, si era fatto spazio nelle cronache ma era stato presto smentito dagli stessi romagnoli.
Da qui la necessità, per Ferrarini, di prendere tempo ed evitare il peggio. La risposta sull’ammissione al concordato in bianco da parte del tribunale reggiano è attesa entro poche settimane mentre, secondo i rumors, sarebbe già in corso un negoziato con un nuovo potenziale investitore industriale.
L’esposizione
Debiti per 250 milioni, di cui 100 riferibili a Veneto Banca e Popolare Vicenza