Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Banda dello sballo, grigliate e festini per vendere la droga
La gang sgominata dai carabinieri: linguaggio in codice e corse in auto
BELLUNO L’«albanese», il «Rosso» e il «Goldon». Sembrano i protagonisti di una barzelletta ma sono i soprannomi di tre dei sette spacciatori arrestati giovedì dal nucleo investigativo dei carabinieri di Belluno. Le intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite durante tutto il 2017 hanno portato alla luce un vero e proprio linguaggio in codice. Quando andavano a rifornirsi a Favaro Veneto (Venezia) contattavano la «Badante». Se dovevano parlare di cocaina si riferivano alle sigarette o alle magliette. Mentre la ketamina diventava «Katerina». «Un mio amico è interessato alle magliette – diceva ad esempio uno – vuole sapere con duemila quante ne riesce a prendere». E l’altro rispondeva: «36 chilometri». La prudenza che adottavano quando parlavano al telefono o scrivevano messaggi di testo scompariva in auto. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Paolo Sartorello e iniziata a fine 2016, ha portato a 12 arresti per acquisto, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Solo giovedì ne sono stati presi sette, quasi tutti con precedenti per droga: Elia Caccin 25enne di Belluno, Valentina Anderlini 36enne di Ancona e Nicolò Bolzon 28enne di Castelfranco Veneto sono finiti in carcere; Sigid Vigani 27enne di Pieve di Cadore è stato sottoposto agli arresti domiciliari; mentre Michele Coletti 27enne di Pieve di Cadore, Emanuele Vaina 29enne di Ponte nelle Alpi ed Enrico Muka 23enne di Taibon hanno l’obbligo di dimora, non possono uscire di casa dalle 19 alle 7 e devono presentarsi ogni giorno dai carabinieri. Quasi 50 le persone denunciate, una trentina gli indagati. Si tratta per lo più di giovani che «aiutavano» gli spacciatori prestando loro la macchina, accompagnandoli dai fornitori, mettendo a disposizione la casa per i festini. Il traffico di stupefacenti girava intorno a numerose persone che secondo la procura agivano in concorso e non in associazione. Gli arrestati si conoscevano ma erano divisi in gruppetti. I contatti avvenivano quando uno finiva le «scorte» o quando doveva essere accompagnato dai fornitori. Anderlini e Bolzon, coppia in affari e nella vita, erano riusciti a entrare nel mercato della droga pur essendo senza patente. I rifornitori principali si trovavano a Venezia, Padova e Treviso e servivano per la cocaina, la ketamina in polvere e liquida, l’hashish e la marijuana. L’altra coppia affiatata era quella di Coletti e Vaina. Mentre Muka e Vigani agivano da soli. Ognuno, quindi, faceva capo a se stesso. Capitava che venissero organizzate delle «grigliate» per sballarsi in una casera a Tisoi, di proprietà di uno degli arrestati, ma erano occasioni rare. La droga la consumavano loro stessi o la cedevano. Le posizioni di alcuni di loro è aggravata dal fatto che lo spaccio avveniva, a volte, al di fuori delle scuole con acquirenti anche minorenni.