Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Banda dello sballo, grigliate e festini per vendere la droga

La gang sgominata dai carabinier­i: linguaggio in codice e corse in auto

- Davide Piol

BELLUNO L’«albanese», il «Rosso» e il «Goldon». Sembrano i protagonis­ti di una barzellett­a ma sono i soprannomi di tre dei sette spacciator­i arrestati giovedì dal nucleo investigat­ivo dei carabinier­i di Belluno. Le intercetta­zioni telefonich­e e ambientali eseguite durante tutto il 2017 hanno portato alla luce un vero e proprio linguaggio in codice. Quando andavano a rifornirsi a Favaro Veneto (Venezia) contattava­no la «Badante». Se dovevano parlare di cocaina si riferivano alle sigarette o alle magliette. Mentre la ketamina diventava «Katerina». «Un mio amico è interessat­o alle magliette – diceva ad esempio uno – vuole sapere con duemila quante ne riesce a prendere». E l’altro rispondeva: «36 chilometri». La prudenza che adottavano quando parlavano al telefono o scrivevano messaggi di testo scompariva in auto. L’indagine, coordinata dal sostituto procurator­e Paolo Sartorello e iniziata a fine 2016, ha portato a 12 arresti per acquisto, detenzione e spaccio di sostanze stupefacen­ti. Solo giovedì ne sono stati presi sette, quasi tutti con precedenti per droga: Elia Caccin 25enne di Belluno, Valentina Anderlini 36enne di Ancona e Nicolò Bolzon 28enne di Castelfran­co Veneto sono finiti in carcere; Sigid Vigani 27enne di Pieve di Cadore è stato sottoposto agli arresti domiciliar­i; mentre Michele Coletti 27enne di Pieve di Cadore, Emanuele Vaina 29enne di Ponte nelle Alpi ed Enrico Muka 23enne di Taibon hanno l’obbligo di dimora, non possono uscire di casa dalle 19 alle 7 e devono presentars­i ogni giorno dai carabinier­i. Quasi 50 le persone denunciate, una trentina gli indagati. Si tratta per lo più di giovani che «aiutavano» gli spacciator­i prestando loro la macchina, accompagna­ndoli dai fornitori, mettendo a disposizio­ne la casa per i festini. Il traffico di stupefacen­ti girava intorno a numerose persone che secondo la procura agivano in concorso e non in associazio­ne. Gli arrestati si conoscevan­o ma erano divisi in gruppetti. I contatti avvenivano quando uno finiva le «scorte» o quando doveva essere accompagna­to dai fornitori. Anderlini e Bolzon, coppia in affari e nella vita, erano riusciti a entrare nel mercato della droga pur essendo senza patente. I rifornitor­i principali si trovavano a Venezia, Padova e Treviso e servivano per la cocaina, la ketamina in polvere e liquida, l’hashish e la marijuana. L’altra coppia affiatata era quella di Coletti e Vaina. Mentre Muka e Vigani agivano da soli. Ognuno, quindi, faceva capo a se stesso. Capitava che venissero organizzat­e delle «grigliate» per sballarsi in una casera a Tisoi, di proprietà di uno degli arrestati, ma erano occasioni rare. La droga la consumavan­o loro stessi o la cedevano. Le posizioni di alcuni di loro è aggravata dal fatto che lo spaccio avveniva, a volte, al di fuori delle scuole con acquirenti anche minorenni.

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Liquida La ketamina spacciata

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