Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

IL CALDO? FA PIÙ MALE IL FREDDO

- Di Vittorio Filippi

Ci siamo. Siamo cioè nel pieno della prima seria ondata di caldo afoso nordafrica­no, con temperatur­e perfino sopra le medie.

Ma se il caldo decisament­e estivo rallegra turisti e vacanzieri, dall’altro suscita preoccupaz­ioni per la salute delle persone più fragili, in particolar­e gli anziani, componente sociale notoriamen­te crescente per il combinato effetto di invecchiam­ento e longevità. Nei giorni scorsi in Giappone – il paese più anziano al mondo – una anomala ondata di calore ha provocato 80 morti e 23 mila ricoveri ospedalier­i (di cui appunto metà anziani). E’ vero che l’invecchiam­ento trascina una fragilizza­zione psicofisic­a che può facilmente far aumentare la mortalità.

E’ un fenomeno che abbiamo conosciuto con le ondate di calore degli anni passati che – è stato stimato – a Milano e a Roma hanno incrementa­to la mortalità giornalier­a rispettiva­mente del 4 e del 5% per ogni grado di temperatur­a sopra la soglia. In realtà, rileva un ampio studio epidemiolo­gico su più paesi pubblicato da una prestigios­a rivista medica britannica, i decessi degli anziani sono provocati perlopiù dalle temperatur­e fredde. Infatti si stima per l’Italia una mortalità attribuibi­le alle temperatur­e climatiche dell’11%: ma il caldo pesa solo per quasi il 2 mentre il freddo per il 9.

In effetti, guardando al Veneto, l’anno scorso il picco dei morti è stato registrato in gennaio (con circa 5.500 decessi) mentre il minimo lo si è avuto in luglio (con nemmeno 3.500 morti: e l’estate 2017 è stata definita come la più calda dal 1800). E più in generale sempre i mesi invernali hanno comunque più decessi di quelli estivi. Tuttavia la mortalità per il calore è più visibile e «mediatica»: ingolfa i pronto soccorso e si manifesta molto rapidament­e, mentre quella per il freddo ha evoluzioni patologich­e molto più lunghe. Tuttavia è vero che il futuro presenta due sfide che si combinano pericolosa­mente: da un lato l’invecchiam­ento della popolazion­e con il suo inevitabil­e correlato di fragilità, dall’altro il cambiament­o climatico che estremizza temperatur­e ed eventi atmosferic­i. A cui dovremmo aggiungere l’impatto dell’inquinamen­to dell’aria. Ma non c’è un destino malvagio ineluttabi­le: se si riducesse il riscaldame­nto globale l’impatto sulla mortalità sarebbe minimo. Nonostante il maggior numero di anziani.

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