Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Autisti in trincea: a bordo fra insulti e violenza
L’INCHIESTA: MESTIERI DI FRONTIERA/ 2
Fermo davanti alla stazione l’autobus della linea 14 odora ancora di cloro, nell’aria afosa di fine luglio si potrebbe quasi credere di essere a bordo piscina. Il sogno s’infrange con il rumore della messa in moto, il motore che scalcia e borbotta. Fuori una signora aspetta l’ultimo istante per saltare a bordo, prima deve svuotare il pacchetto di sigarette che tiene stretto in una mano assieme all’accendino; quando entrerà lei, in una nuvola di cenere, anche l’ultima illusione si sarà dissolta. Poteva andare peggio, chi prende ogni giorno i mezzi lo sa: si passa dal normale odore di sudore alla puzza di spazzatura. È però quando i passeggeri riconoscono l’olezzo di alcol che tutti alzano la guardia: nove volte su dieci quel puzzo rancido anticipa problemi, discussioni, urla, un principio di rissa. «Non dico che non passi giorno senza un’aggressione, ma almeno un caso a settimana, quello sì». Mario, autista e «verificatore» sulle linee urbane di Padova da oltre vent’anni, è sconsolato: «In questi mesi va anche bene, ma in inverno tanti sbandati trasformano autobus e tram in ricoveri per sfuggire al freddo. I biglietti? Non gli servono, sanno di poter fare quello che vogliono».
Chi stacca una multa lo fa a suo rischio e pericolo: «Te la strappano davanti agli occhi, se ti va bene ti insultano, altrimenti ti sputano in faccia. E se sei veramente sfortunato rischi pure di prenderle - conferma Luigi, un altro controllore degli autobus – Il problema è che c’è tanta maleducazione, anche quando la situazione non precipita il confronto con i passeggeri, stranieri o italiani che siano, è sempre una battaglia».
Guerra di logoramento
Mario è uno di quelli che ha sperimentato sulla sua pelle l’aggressività dei «portoghesi»: nelle prossime settimane dovrà presentarsi davanti al giudice perché, mesi fa, è stato malmenato da un ragazzo senza biglietto: «Sono riuscito a farlo scendere, poi però, a terra, non voleva fornirmi le sue generalità e quando ho chiamato i carabinieri si è innervosito. Mi ha picchiato che ero ancora al telefono con la caserma».
Ogni anno, in tutto il Veneto, si contano più di cento denunce per violenze - fisiche e verbali - ai danni del personale del trasporto pubblico. Gli episodi sono equamente distribuiti in tutte le provincie, anche se Verona e la stessa Padova superano di poco la media, arrivando ad una ventina di casi in dodici mesi. Ma la statistica inganna, perché per ciascuna segnalazione alle forze dell’ordine almeno dieci aggressioni passano sotto silenzio. «I lavoratori ci hanno fatto il callo, hanno dovuto - spiega Marino De Terlizzi, segretario Cisl - Le aziende sono restie a costituirsi parte civile, perché rischiano poi contestazioni per arricchimento indebito dei dipendenti, che riceverebbero il risarcimento quando a pagare le spese è la società». Ma comunque la tenuta della prima linea è affidata proprio ad autisti e controllori, a cui non si risparmia nulla, tanto sulle linee cittadine quanto su quelle extraurbane. Due anni fa, sulla corriera di Mobilità di Marca - il trasporto pubblico provinciale trevigiano - diretta a Vittorio Veneto quattro minorenni di origine straniera hanno circondato e preso a pugni il verificatore che li voleva multare perché senza biglietto. A Verona, l’anno prima, sono persino volati sassi contro i parabrezza dei mezzi, mentre in cabina c’erano controllori che venivano presi a cinghiate dai passeggeri; ancora adesso non è raro che qualcuno finisca a guardare un coltello dalla parte della lama. Nel Bassanese, a fine 2016, ad avere la peggio fu un agente della polizia locale, che si intromise in una lite tra il personale di bordo e un italoalgerino di 19 anni; il vigile fu colpito al volto con tanta forza da ritrovarsi con il bulbo oculare scoppiato e la retina danneggiata. A Venezia gli autobus notturni sono terra di nessuno, e addirittura nella centralissima piazzale Roma - porta di accesso al centro storico e quindi battuta da poliziotti, carabinieri e persino soldati in mimetica - le risse si sprecano, sempre per futili motivi. A Padova, tra luglio e agosto del 2017, si è vista una violenza ogni cinque giorni.
Prostitute, tossici e stranieri
Le linee «calde» a Padova sono note a tutti: la 5, la 6, la 7, la 10, che coprono i percorsi delle prostitute nigeriane e dei loro protettori, tutti a bordo senza biglietto. Poi ci sono il 4, l’11 e il 30, i bus che raggiungono il servizio dipendenze: «I tossicodipendenti creano spesso problemi – conferma Claudio, che guida quasi tutti i giorni in quella direzione – Il fatto è che quasi nessuno rispetta le norme di comportamento appese tra i sedili, sono lettera morta, figuriamoci per i ragazzi schiavi della droga. L’altro giorno un giovane è salito con un pittbull, ho dovuto discuterci a lungo prima che si decidesse a mettere la museruola al cane. Alla fine ha ceduto, ma appena ha raggiunto i posti in coda subito gliel’ha tolta, l’ho visto dalle telecamere interne. Al ritorno mi sono rifiutato di farlo salire e a momenti scoppiava un macello». Basta molto meno, comunque, per far degenerare la situazione: «L’altro giorno uno sbandato ha distrutto la porta vetrata di un pullman spaccandogli contro una bottiglia di birra». La colpa dell’autista? Non l’aveva fatto salire al semaforo.
C’è anche chi, come Paola, nonostante tutto si preoccupa di «restare umana»: conducente Actv sulla problematica linea 53E, che collega Venezia a Padova attraverso la Riviera del Brenta, è più allarmata dalla mancanza di rispetto dei passeggeri «normali». «Gli italiani pagano biglietto e abbonamento, in cambio si aspettano un servizio impeccabile, e se non è così si lamentano con noi – spiega la donna - Peccato che noi per primi vorremmo viaggiare su mezzi nuovi, con l’aria condizionata che funziona e le frenate morbide. Mi aspetterei più comprensione da chi sta bene, posso invece capire che uno straniero in difficoltà sia più instabile, magari si rifugia anche nell’alcol e il risultato è prevedibile. Negli autobus vedo tanta intolleranza: tutti si lamentano dell’odore degli immigrati, ad alta voce, senza pensare a cosa può provare un giovane per bene, colpevole solo di avere la pelle di un colore diverso, preso in mezzo in un simile turbine di disprezzo. Qualcuno si è mai chiesto che puzza devono sentire loro su di noi, stretti a decine in una cabina?»
Vigilantes, tornelli e spray al pepe
Trovare una soluzione resta imperativo, e ogni città ne ha sperimentate diverse, ma raramente il risultato è stato quello sperato. Venezia negli ultimi anni ci ha provato con i tornelli sulla porta anteriore, dando vita ad una giostra continua di saliscendi che ha presto costretto a dimenticare il tentativo, quindi ha piazzato guardie giurate a chiedere i biglietti nelle corse serali delle tratte più pericolose, riuscendo a malapena ad arginare i comportamenti dei meno educati. Il personale Actv, poi, può scegliere di dotarsi di spray al peperoncino, previo corso di addestramento (anche perché, in un ambiente chiuso, la bomboletta urticante può causare disastri). L’ultima prova è proprio di questi giorni, quando il sindaco Luigi Brugnaro ha personalmente presentato una sessantina di nuovi autobus dotati di postazione di guida blindata: l’autista, almeno lui, sarà sempre al sicuro.
Anche Treviso ha tentato la via dei vigilantes, sempre sulle linee più difficili, sempre per periodi di tempo limitati, con risultati altalenanti. Verona ha avviato un processo più sistematico, piazzando da oltre un anno le guardie giurate a bordo; gli effetti positivi ci sono stati, ma la guerra continua. Padova tempo fa aveva provato con la stessa strategia: Aps aveva già assunto qualche decina di vigilantes armati con contratti di sei mesi. «Dopo trenta giorni sono stati tutti rimandati a casa - racconta ancora Mario, stringendosi nelle spalle - I cittadini non volevano saperne di viaggiare assieme alle pistole, e tanto hanno protestato che è sfumato tutto». Spesso qualche amministrazione comunale strappa un accordo con le forze dell’ordine, e a bordo salgono poliziotti e carabinieri, «ma la verità è che anche loro sono in carenza di personale, non possono essere la nostra soluzione». (2-continua)