Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Al via la riforma della montagna
L’idea del grillino D’Incà: «Ripopoliamo il Bellunese con i discendenti dei nostri migranti» Abbandono e autonomia, l’annuncio del ministro Stefani: «A settembre gli Stati generali»
BELLUNO Bastano poche parole del ministro per le Autonomie Erika Stefani a riaccendere le speranze della montagna veneta. Il ministro ha annunciato per settembre gli Stati generali della Montagna e subito scatta il plauso trasversale. Il deputato pentastellato Federico D’Incà lancia la proposta di lavorare anche per proporre ai discendenti dei migranti bellunesi di «tornare a casa». L’azzurro Dario Bond, però, chiede: «E le risorse?».
BELLUNO Ripopolare la montagna con i discendenti degli emigranti bellunesi. La suggestione arriva dal deputato pentastellato e questore alla Camera, Federico D’Incà. Di fatto, sono bastate poche parole nella chiusa dell’intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera al ministro per le Autonomie Erika Stefani (in foto). «In settembre partiranno gli Stati generali della montagna, tavoli permanenti in cui tutti coloro che si occupano di questo tema possano essere ascoltati e trovare un accordo. Anche qui, con l’approccio del ”su misura” applicato alle autonomie regionali: le esigenze possono variare molto da valle a valle». Questa la dichiarazione di uno dei ministri più apprezzati anche dagli alleati del M5s. Non a caso lo stesso D’Incà, che è bellunese, commenta: «Bene fa la Stefani a capire le esigenze della montagna del nostro paese. Ci sono aree più fortunate come le Province autonome di Trento e Bolzano e poi c’è la nostra montagna che, cartina al tornasole dell’intero Paese, vive la lenta eutanasia dello spopolamento. Per questo dico da tempo che la montagna deve essere vista come grande laboratorio per contrastare questo fenomeno. Il tema demografico nel Bellunese salta ovviamente agli occhi ma è un problema italiano. E a chi dice che la soluzione sono i flussi migratori rispondo dicendo che le associazioni dei Bellunesi nel mondo possono essere il ponte con milioni di persone. Qualche discendente dei nostri migranti in cui il senso di comunità, spesso la lingua ancora radicata, potrebbe “tornare a casa”».
Suggestioni, si diceva, ma fino ad un certo punto. La montagna veneta, stavolta, ci crede davvero. Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno, è l’uomo che sta tessendo rapporti sempre più stretti con la Regione dal doppio referendum del 22 ottobre scorso che ha chiesto, sì, una corposa autonomia regionale, ma anche l’applicazione del capitolo della legge Delrio per l’autonomia delle tre Province interamente montane fra cui Belluno. «Ho avuto modo di incrociare la Stefani e ne ho ricavato un’ottima impressione, tanto che ci siamo accordati per farle avere al più presto un dossier specifico su Belluno, lo sto preparando in questi giorni». La Provincia, decapitata come tutte le altre, dalla riforma, ha chiesto alcune funzioni per una cura strategica del territorio facendo riferimento proprio alla Delrio che, su questo particolare tema, è rimasta lettera morta. «Per questo accogliamo con grandissima soddisfazione le parole del ministro sugli Stati Generali della montagna - chiosa Padrin questa sua iniziativa è una straordinaria opportunità per la montagna. I fatti sono questi: abbiamo costi sui servizi decisamente superiori agli altri territori e su Belluno pesa un gap ulteriore, siamo stretti fra Trento, Bolzano e Friuli, territori che possono contare - e le amministrano bene - su risorse per noi impensabili».
Certo ci sono le bombole d’ossigeno del fondo per i comuni di confine che porta il nome di Brancher ma, spiega ancora Padrin «rischiano spesso di aumentare la disparità con altre aree della provincia». Manca un approccio strutturale al territorio. Al momento si fa quel che s i può, anche grazie alla leva di una manifattura che tiene con indici bassissimi di disoccupazione, progetti di welfare ma non basta a contenere il record negativo di provincia con l’indice di spopolamento più alto d’Italia. Sì, con i Mondiali di Sci di Cortina Anas sta investendo molto sull’Alemagna ma il resto della rete infrastrutturale resta al palo. La banda larga è un miraggio perché le compagnie telefoniche non sono interessate con un bacino d’utenza tanto striminzito. E su questo si aggancia D’Incà che, per altro, nei giorni scorsi ha portato a casa il «salvataggio» dei volontari del Soccorso Alpino facendo approvare un emendamento che li sfila dai vincoli del Jobs Act. «La ricetta per il rilancio è articolata - spiega D’Incà - serve il completamento dell’elettrificazione ferroviaria e serve la banda larga, non a 30 ma a 100 mega. Ormai sono molti i lavori che si possono fare da casa, purché si sia connessi. Immagino persone che vivano e lavorino 8 mesi l’anno fra le nostre meravigliose montagne e gli altri 4 mesi viaggino fra New York, Tokyo e Londra. A patto ci sia un treno veloce per arrivare all’aeroporto Marco Polo di Venezia. Ideale per designer e architetti visto che vivere qui è come essere vicini a Dio, la montagna accresce la cultura del bello». Un altro deputato bellunese, l’azzurro Dario Bond, ragiona: «Con l’autonomia regionale dovremmo immediatamente prevedere l’autonomia della specificità della provincia di belluno. E l’ente Provincia deve tornare ad essere elettivo. Ottima l’apertura della Stefani, dimostra che ha capito l’autonomia non di facciata ma reale, attraverso l’ascolto dei territori. Pongo però una domanda: dove troveremo le risorse? Perché l’autonomia senza soldi è un’autonomia sbilenca, mi fa paura».
Bond (FI)
Ottima iniziativa quella del ministro ma temo che il capitolo risorse sarà un problema