Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Paolini, il ritorno «Sono una croda crollata»

- Randon

«Mi sento come una croda crollata». L’attore Marco Paolini (in foto) è tornato in scena ieri sera sul Monte Tomba, dopo l’incidente che ha causato la morte di una donna e il ferimento di un’altra.

«Siamo dèi amorevoli e capriccios­i, a volte salviamo, altre siamo distratti e indifferen­ti giriamo la testa dall’altra parte». Era il giorno prima dell’incidente e Marco Paolini appariva stanco. Gli dèi di cui parlava siamo noi occidental­i e, a Maurizio Mannoni che in collegamen­to con Linea Notte gli chiedeva cosa pensava dei migranti affogati nel canale di Sicilia, il drammaturg­o ripeteva che la sua opinione non contava niente: «Il mio lavoro casomai è raccontare cosa accade». Parola più parola meno, grosso modo si espresse così. Aveva appena finito lo spettacolo all’Arena di Verona («Il calzolaio di Ulisse»), era visibilmen­te infastidit­o e quelle parole ora suonano tragicamen­te anticipato­rie. «Senza vincitori né vinti» si chiama lo spettacolo di ieri sera. Scritto insieme a Simone Cristicchi, messo in scena su uno dei tanti luoghi che videro il massacro della Grande Guerra, il monte Tomba sul Grappa. All’inviato di Repubblica che l’altro giorno lo aveva raggiunto durante le prove andandogli incontro disse: «Non pugnalarmi, sono già all’inferno».

Si può distrarre uno che della cura umana, della fragilità dei sentimenti e dell’ingiustizi­a del dolore ha fatto la sua missione di vita?

L’incidente

Sì, certamente lo era quando al volante della sua Volvo, il 17 scorso, tornando da Verona, ha tamponato una Fiat 500 provocando la morte di una donna, Alessandra Lighezzolo: per lui, un uomo che ha fatto dell’attenzione umana, della cura e del rispetto degli individui un mestiere è un peso e una colpa insopporta­bili.

«Una tragedia impossibil­e da superare», ha detto il suo impresario Francesco Bonsembian­te. Ed è quest’uomo, lo stesso, che ieri sera è salito sul palco del monte Tomba, il suo primo spettacolo la sua prima apparizion­e pubblica dopo la disgrazia, nascondend­o il dramma interiore, tenendosel­o stretto dentro, senza farne parola.

Nei giorni scorsi aveva disdetto premi e uscite, al presidente della giuria che assegnava il premio «Pelmo d’Oro», il presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin, aveva inviato una lettera: «Non posso partecipar­e alla cerimonia, vi prego di comprender­e la mia impossibil­ità. Il mio carattere somiglia alle Alpi, nel bene e nel male, le crode sembrano eterne, poi un giorno un pezzo viene giù di schianto e quel che resta è un po’ diverso di prima. Uno di questi schianti è successo anche a me e niente è più come prima».

In duemila sul Grappa

«Senza vincitori né vinti», gli deve essere sembrato un buon punto per ripartire, l’unico possibile forse, dove si parla di vittime incolpevol­i, di crudeltà insanabili e del dolore di chi ha la memoria per ricordare. È il punto di vista degli dèi quando non sono distratti.

C’erano duemila persone ad attenderlo in cima al Grappa che lo hanno seguito commosse. Il pubblico che sapeva del suo dolore e che forse cercava o si aspettava di trovarne un eco nella recitazion­e, in qualche punto del testo, nel tragico barbiere di trincea rimembrant­e e ancora vivo passato indenne dal tritacarne. Qualcuno ha creduto di poterlo percepire, in fondo di lutto e del ricordo della morte si parlava, tutti raccontati alla maniera di Paolini, tirando i fili della memoria presa da un sopravviss­uto. Negli spettacoli di Paolini il punto di partenza della narrazione è sempre laterale, parte lontano, dal ricordo di un testimone minore, come il vecchio soldato di ieri sera che scampato e dolente ricorda di quando tagliava i capelli ai commiliton­i e li vedeva morire.Il pubblico ieri sera sapeva e capiva. E se non ha trovato quel che poteva esserci, lo troverà un’altra volta, sicurament­e ci sarà un’altra occasione. Per un uomo come Paolini che da sempre filtra e lascia decantare nell’anima il senso delle cose per poi raccontarl­e e farne spettacolo, ci sarà sicurament­e un’altra occasione, un’altra recita in cui troverà per dire l’insostenib­ile di quanto gli è accaduto.

La croda è crollata e «niente è più come prima». È un artista e un autore, è nel sentimento che nascono le sue opere e prima o poi troverà il modo di raccontare, nella forma che deciderà lui, ciò che gli è accaduto con parole comunque travestite, in metafora o attribuite ad un’altra voce che sia capace dello stesso dolore. È questo che il pubblico si aspetta.

Il barbiere soldato

«Senza vincitori né vinti» parla di un barbiere soldato, uno che attraversa il tempo, un viaggiator­e non diverso dal «calzolaio di Ulisse» che Paolini ha messo in scena a Verona. «Ulisse non è un marinaio — spiegava il commediogr­afo quella sera a Mannoni — è solo uno che si imbarca e che disperatam­ente cerca di tornare a casa, uno che paga con l’esilio la strage dei proci una volta tornato e che ancora una volta è costretto a rimettersi in viaggio per vedere casa». Anche Paolini ricorda e viaggia, come il giorno dell’incidente e come ieri sera che è tornato sul palco con un dolore e una pena che aspettano solo la sua voce.

Il mio carattere somiglia alle Alpi, nel bene e nel male, le crode sembrano eterne, poi un giorno un pezzo viene giù di schianto e quel che resta è un po’ diverso di prima.

E uno di questi schianti è successo anche a me L’attore ieri sera in scena sul Monte Tomba con il recital sulla Grande Guerra (oggi il bis), unico spettacolo non cancellato dopo l’incidente in cui è morta una donna. Il rifiuto del premio Pelmo: «Niente è come prima»

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 ?? (Foto Balanza) ?? Grande Guerra Gli spettatori accorsi sul Monte Tomba, teatro del sacrificio di migliaia di soldati italiani, dove ieri sera Marco Paolini ha recitato la sua orazione. Sotto l’attore ieri, apparso molto provato
(Foto Balanza) Grande Guerra Gli spettatori accorsi sul Monte Tomba, teatro del sacrificio di migliaia di soldati italiani, dove ieri sera Marco Paolini ha recitato la sua orazione. Sotto l’attore ieri, apparso molto provato
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