Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

West Nile

Non più solo nel Polesine, il contagio del virus trasmesso dalle zanzare si allarga in tutto il Veneto. E dopo Padova, primo caso anche nella Marca. Dove una donna si è salvata perché ha chiesto in anticipo il test al suo medico

- di Giulia Busetto

VENEZIA Il paziente numero dodici contagiato dal virus West Nile è fuori pericolo. Sfebbrata da tutta la giornata di ieri: una donna di Fossalta di Piave che ha tirato un respiro di sollievo quando la scorsa mattina ha sentito il primario del suo reparto, quello delle malattie infettive dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, dirle che ormai il peggio è passato. Il peggio era arrivato 48 ore prima con la diagnosi di febbre del Nilo. La prima del Veneto orientale. Diagnosi che giustifica­va quelle piccole bollicine in tutto il corpo, quel mal di testa incessante e quei dolori articolari tipici dell’influenza invernale.

«È stata sempre lucida e presente, sembra abbia passato la fase critica. Ci vorrà ancora qualche giorno per dire di esserne uscita completame­nte» conferma il primario Pier Giorgio Scotton. E la fortuna ha voluto che la 53enne, dopo alcune ore di malessere si sia presentata al suo medico di base chiedendo il test per individuar­e il virus West Nile. «È andata dal medico dicendogli “Che non abbia mica il West Nile?”. E lui le ha dato credito. L’ha mandata subito da noi per l’accertamen­to, che abbiamo verificato. Il loro sospetto era fondato» ha detto Scotton. Lì la ricerca dei due anticorpi che accertano la presenza del virus è risultata positiva. Diagnosi immediata, ricovero immediato. Non lo sarà altrettant­o l’ipotesi di dove sia stata punta dalla zanzara infetta. Nelle settimane scorse la donna si era spostata da casa a Jesolo a Eraclea.

Poi anche nel Veronese. E l’individuaz­ione del luogo si fa ancora più impreciso per colpa del periodo d’incubazion­e: per alcuni può durare due giorni, per altri due settimane. E poi le zanzare non stanno certo ferme. Migrano da un’area all’altra nel giro di poche ore. Per questo è difficile individuar­e anche i focolai degli altri undici contagi avvenuti in poche settimane nel Veneto. Poche ore prima della donna, il caso sospetto dell’uomo di Mira ricoverato per un’encefalite all’ospedale di Dolo. Nello stesso momento anche un 59enne di Mellaredo di Pianiga con febbre alta e mal di testa spedito per accertamen­ti dal medico di famiglia, accertamen­ti che hanno confermato la presenza del virus. Poi il ricovero d’urgenza a Padova per sospetta encefalite. Il giorno prima il ricovero di un 70enne di Cavarzere all’ospedale di Rovigo. E questo solo nel Veneziano. Che sta messo meglio del Polesine, la zona più colpita con quattro casi: Polesella, Canaro, Occhiobell­o e Gaiba. Uno a Padova. E poi altri tre nella Bassa Padovana, con conseguent­i interventi massicci dei comuni per la disinfesta­zione. Nel Veneto Orientale la 53enne è stata la prima. Nel pomeriggio di venerdì l’ospedale trevigiano ha subito allertato l’azienda sanitaria di provenienz­a della donna, l’Ulss4, che ha a sua volta allertato il sindaco di Fossalta: «Già da oggi viene avviata una massiccia disinfesta­zione in tutto l’ambito comunale - ha detto ieri Massimo Sensini -, comprese le aree private, che si aggiunge alle disinfesta­zioni già fatte in precedenza. Pertanto i soggetti più deboli, che potrebbero essere più esposti al problema possono stare tranquilli. Come del resto indicato sia dall’azienda sanitaria e sia nel piano regionale, invito comunque la popolazion­e a proteggers­i dalle punture di zanzara, in particolar­e all’esterno delle abitazioni, con repellenti e indumenti adeguati».

Il fatto è che l’analisi sul litorale veneziano e dintorni era già stata fatta. Tante trappole posizionat­e nei comuni di competenza dell’usl del Veneto Orientale. E tre zone, in base ai test fatti sulle zanzare di tipo culex, erano state trovate positive al virus: Jesolo, Caorle e Ceggia. Tutte accertate dalle analisi dell’Istituto zooprofila­ttico sperimenta­le del Veneto.

Zone dove si era già provveduto alla disinfezio­ne. Segno che i focolai aumentano e si spostano più velocement­e dei test e delle disinfesta­zioni.

Intanto nel Conegliane­se è stato riscontrat­o un probabile caso di dengue, il secondo dopo quello di Padova: il paziente, ricoverato all’ospedale Santa Maria dei Battuti, era da poco rientrato da un lungo viaggio in un Paese del Sud Est Asiatico. L’area in cui risiede sarà oggetto di due trattament­i di disinfesta­zione e per due settimane l’Ulss 2 effettuerà campioname­nti sugli insetti presenti nella zona. Il ragazzo si era presentato in pronto soccorso lunedì con una forte febbre superiore a 40 gradi, cefalea e dolori articolari diffusi.

(Ha collaborat­o Silvia Madiotto)

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