Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Turni anticipati, pause, vertenze Cosi il caldo rivoluziona il lavoro
Aumentano richieste di pause e vertenze. Nei campi solo al mattino, in fabbrica inizio anticipato Il «dramma» delle fornaci
Nei campi solo al mattino, turni anticipati in fabbrica. E non senza tensioni. Nel mondo del lavoro senza aria condizionata aumentano richieste di pause, modifiche di orari e vertenze per fronteggiare la settimana oltre i 35°. Il «dramma» delle fornaci.
VENEZIA La colonnina di mercurio s’impenna, la bottiglia d’acqua si svuota, la canottiera s’inzuppa fino a diventare trasparente. Non bastano i temporali - pure frequenti - a rinfrescare l’aria torrida del Veneto. E se negli uffici la battaglia per il condizionatore entra nella sua fase finale, senza quartiere, le vere vittime di guerra si contano tra le professioni che l’aria condizionata non sanno cosa sia: stradini, edili, operai agricoli, netturbini e addetti di fonderia saranno anche abituati alle alte temperature, ma quando il termometro esterno sfonda la soglia dei 35 gradi non possono evitare di boccheggiare e, anzi, rischiano di pagare il prezzo più salato, tra disidratazione e colpi di calore. Che il problema sia reale - e stringente - lo conferma la Regione, che lunedì ha proclamato lo stato di allarme per il caldo e il disagio fisico, almeno fino a domani. Bambini, anziani e malati potranno quindi contare su assistenza sanitaria e sul numero verde 800 462 340, ma le condizioni di lavoro dipendono dai vari settori, quando non dalle singole aziende.
Ecco allora che a Susegana, nel Trevigiano, è scattata la consueta lotta stagionale all’interno dello stabilimento Electrolux: le Rsu chiedono dieci minuti di pausa per ogni ora passata in catena di montaggio, almeno per i turni pomeridiani; la proprietà risponde regalando fette di anguria, ma di rallentare la produzione non se ne parla. E così partono gli scioperi: braccia incrociate per un’ora e mezza lunedì e martedì, e la minaccia di ulteriori proteste. Se necessario i lavoratori sono pronti a prendersi da soli quei dieci minuti di stop, «autogestiti». Dove non si è ancora arrivati ai ferri corti si cerca di mediare tra esigenze imprenditoriali e tutela dei dipendenti. «Non potendo migliorare le condizioni in fabbrica, delegati e rsu spingono molto per una diversa organizzazione del lavoro - spiega Luca Trevisan di Fiom Veneto Si anticipano gli orari, invece di iniziare alle 8 si parte alle 7, se possibile alle 6, e si combatte per bloccare gli straordinari. Poi le aziende mettono a disposizione acqua fresca, sali minerali e aree ristoro ventilate. Chi lavora nelle linee produttive non ha solo il problema dei macchinari, bollenti, ma anche quello dei pesanti indumenti protettivi». Proprio la Fiom, ieri, ha diffuso una nota che raccomandava di prendere «ogni precauzione possibile». In questo senso lo scotto maggiore lo pagano i lavoratori delle aziende calzaturiere, spesso piccole e meno attrezzate: «Molti non hanno neppure il condizionatore», ricorda Riccardo Coletti, chimico della Cgil. Caso limite sono le fornaci per il vetro nell’isola di Murano, a Venezia: «Una volta ad agosto chiudevano tutte - continua Coletti - Dopo la crisi non è più possibile, comandano le commesse: se c’è lavoro, bisogna evaderlo e i forni non si possono spegnere, mai. Diventa fondamentale il tradizionale “goto de fornasa”, il bicchiere di ciascun lavoratore, che deve essere sempre pieno d’acqua».
Anche nei campi gli orari vengono anticipati, come racconta Maurizio, operaio agricolo nelle vigne di Portogruaro: «Martedì mattina i paletti di ferro che sostengono le viti erano bollenti, fortunatamente si è deciso di lavorare solo al mattino e a mezzogiorno tutti a casa. L’azienda ci ha fornito cappelli di paglia a falda larga, per riparare la testa, e ci raccomanda di spostarci all’ombra a bere. Anche così, lunedì un collega si è sentito male». Nel settore edile il rischio si somma al rischio: «Un mancamento su un ponteggio può avere conseguenze tragiche - sottolinea Alessandro Marcato, di Filca Cisl - per questo negli ultimi anni si è cercato di fare formazione, aiutando i lavoratori a distinguere per tempo un colpo di calore. Dove si può si anticipano gli orari di cantiere, ma non è possibile per chi stende l’asfalto o per chi opera sulle guaine dei tetti: con 35 gradi sopra la testa e altri 50 sotto i piedi si è come in un forno, non stupisce che qualcuno si ritrovi con la febbre a 38 senza neppure un raffreddore. Nei casi più estremi può scattare la cassa integrazione». A Verona gli stradini, oltre i 35 gradi, mollano i caschi e scappano a casa, ma si tratta di un’abitudine poco diffusa nelle altre provincie.
Nessuna possibilità di fuga, invece, per i lavoratori della nettezza urbana: «È vero che i turni dei netturbini iniziano presto, ma il momento di massimo carico dei camion è dopo le 10, con il sole già alto - spiega Daniele Giordano, di Fp Cgil Sulle barche veneziane non esiste l’aria condizionata, nelle altre città si suda comunque tra bidoni da agganciare e un continuo saliscendi. Tra giugno e settembre, poi, scatta il blocco degli scioperi, e il carico turistico compensa in pieno le ferie dei residenti delle città d’arte».
Nessuna preoccupazione per i «rider» delle consegne a domicilio, che pure si muovono nella giungla metropolitana nelle ore peggiori: «Le biciclette sono rare, la maggior parte si sposta in motorino o in auto - spiegano da Foodracers - In realtà poi il grosso del lavoro è per i privati, all’ora di cena, non per le pause pranzo di mezzogiorno».
Coletti (Cgil) Un tempo le fornaci di Murano chiudevano ad agosto, oggi i forni non si possono spegnere