Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
LA REGINA E LA CORONA MAI PERSA
Giusto cent’anni fa, con la fine della Grande Guerra, nasceva la Cortina italiana. Lo faceva con un cambio di nome: dopo quattrocento anni di monarchia asburgica, la vallata d’Ampezzo (Hayden, come la chiamavano gli austriaci) veniva ribattezzata Cortina, prendendo a prestito il toponimo che fino ad allora era stato di uno solo dei suoi tanti villaggi. Era l’inizio di un rapporto contrastato, di seduzione e rifiuto, di dipendenza e diffidenza, tra questo paese di montagna così innamorato della propria autonomia e lo Stato italiano, e con esso i turisti veneti e romani che cominciarono a venirvi in vacanza. Il culmine arriva nel ’56, con le Olimpiadi invernali che consacrano le piste della Tofana alla ribalta mondiale della Vertigine bianca televisiva. Pillole di storia del Novecento per provare a spiegare la nuova avventura in cui si trova immersa Cortina, perno di una candidatura italiana ai Giochi invernali del 2026 che si lancia, vacilla, si arena e forse riparte, nella inedita tripartizione con Milano e Torino. Un espediente, quello delle Olimpiadi in tre sedi diverse, ideato dal presidente del Coni Giovanni Malagò per tenere insieme una candidatura che vuole essere innanzitutto italiana e che cerca di superare le competizioni tra città. Di questo si può discutere, come fa chi vi vede l’eterna indecisione e conflittualità italiana, o se ne può apprezzare la capacità flessibile di conquistare una deroga alle regole olimpiche, come fa il sindaco di Cortina, Gianpietro Ghedina.
Allo stesso modo, si può credere nelle Olimpiadi cortinesi del 2026 o considerarle ancora un miraggio lontano - i Giochi, in fin dei conti, sono tutt’altro che conquistati. Il fatto che rimane, però, è che la Regina delle Dolomiti non ha ancora perso la sua corona, come qualche Cassandra vaticinava negli anni scorsi. E questa, se permettete, è una notizia. I politici che l’anno scorso vi venivano in vacanza e in passerella quest’anno vanno in Riviera Romagnola in omaggio al «Paese reale»: poco importa. Cortina l’inossidabile. Forse grazie anche alla speciale attenzione che le sta riservando il Presidente del Veneto, che si è speso attivamente e con risultati in questi mesi per la montagna veneta, con una consapevolezza della strategicità di Cortina che a Venezia raramente si era vista in passato. «Abbiamo cominciato questa piccola grande avventura olimpica da veri outsider, dietro a Milano così forte, e a Torino, arrivati all’ultimo, trattati quasi con snobismo», confessa Ghedina. «Poi, grazie al lavoro di Zaia e alla nostra compattezza tra maggioranza e opposizione in consiglio comunale...». Che soddisfazione, togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Zaia, come ha notato Venanzio Postiglione sul Corriere della Sera, è il vero cardine, potremmo dire il padre putativo di questa avventura. Lo è in modo preideologico e pre-partitico. «Lavoriamo in squadra», gli fa eco un amico come Alessandro Benetton, scelto per guidare il paese verso i Mondiali 2021 e ora naturalmente coinvolto nella corsa alle Olimpiadi. E poi, quello di Cortina è il grande ritorno dei deprecati, dei biasimati: dopo gli anni dell’Agenzia delle Entrate, della demonizzazione, della gogna - i borghesi in vacanza a Cortina in espadrillas mentre i poveri soffrono, gli sfottò un po’ crudeli di Francesco Merlo che la chiamò «la Gomorra delle Dolomiti» - Cortina torna strategica per dire insieme «Italia» e «Montagna». Ma forse non è solo questo. Ieri sera, dopo che il clima che cambia (i negazionisti se ne facciano una ragione) ha fatto piombare un diluvio sui torrenti e qualche nuova frana si è affacciata sull’abitato del centro, in una palestra di roccia nuova di zecca, voluta dal Comune e costata anni di lavoro, centinaia di amanti della montagna si ritrovavano intorno allo scalatore Manolo e alle sue storie. Una serata di semplici emozioni, di natura «pulita». Forse, sotto la patina, sotto la polvere dorata, sotto il glitter vacanziero, batte la vita di un paese. Un paese di montagna, con i suoi abitanti.