Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Calano le imprese locali, salgono le ditte «foreste» «Rischioso per il lavoro»
TREVISO Con somme e sottrazioni non è più possibile misurare le imprese e trarre conclusioni sulla loro demografia. Per leggere il tessuto imprenditoriale veneto occorre sforzarsi di capire perché le aziende con una sede legale qui siano in calo mentre le loro filiali, o le filiali di aziende «forestiere», crescono. Ed immaginare a cosa potrà portare il loro rafforzamento per progressive aggregazioni se questo attrae gli appetiti di investitori esterni, i quali da un lato possono lusingare ma dall’altro intimorire per i rischi di trasferimento del controllo in altri luoghi. Sono gli argomenti messi sul tavolo ieri dal presidente della Camera di Commercio Treviso – Belluno Dolomiti, Mario Pozza.
Nel Trevigiano, ad esempio, rispetto a dodici mesi prima, al 30 giugno 2018 si contavano 122 sedi d’impresa in meno ma 389 «unità locali» in più, su uno stock di poco meno di 80 mila imprese attive. Analogamente, nel Bellunese, pur rimasto nel frattempo orfano di Sappada, gli indicatori corrispondenti sono – 124 e +106 su un totale di 14 mila. Se questo significhi in
generale un bene o un male lo può dire la curva dell’occupazione, in ripresa da alcuni anni, assieme ai dati di fatturato ed esportazione, anch’essi positivi ormai da molti trimestri consecutivi. È un’economia che ha cambiato pelle. Il distretto classico, fatto di imprese singole concatenate in rapporti di fornitura all’interno di un perimetro ben individuabile, è diventato fluido, le aziende si articolano in succursali nei luoghi in cui questo diventa utile, e territori contigui scambiano ed intrecciano le ramificazioni. Nel terziario la dinamica è ancora più evidente: nel commercio al dettaglio a Treviso, in 10 anni si sono aperte 171 «unità locali» (leggi negozi di catene esterne) e perse 368 aziende. «Gli assetti proprietari stanno trasformando il tessuto imprenditoriale delle due province – è il richiamo di Pozza – e gli appetiti di investitori “esterni” rischia di mettere in discussione la governance spostandola dal suo ambito locale introducendo il pericolo di una sempre possibile dislocazione delle attività».
Il Nordest ormai è cambiato. E il problema è che cresce il pericolo di improvvise delocalizzazioni