Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Calcutta a Verona Il nuovo pop scala le classifich­e

Il cantautore domani a Verona: «Così è nato il mio nome»

- Peluso

Ride Edoardo D’Erme, alias Calcutta, mentre risponde alle domande di quest’intervista, perché le intercala sempre a una battuta o uno sfottò. «Il trucco è far parlare il giornalist­a, per capire in che mani finiranno le mie parole» dice. Non sembra di trovarsi di fronte alla rivelazion­e del genere it pop degli ultimi anni, a soli 29 anni già premiato con dischi d’oro e platino, atteso in Arena domani con un concerto sold out.

Non è da tutti riempire l’anfiteatro romano. Come si sente?

«Non me ne rendo conto, forse perché non sono ancora salito su quel palco. Per ora la vivo bene, con allegria. L’ultima volta che mi sono esibito a Verona è stato due anni fa: per la precisione ero al Palapesca di Sommacampa­gna. Un bel salto, lo so. Eppure devo ammettere che ho vissuto con maggior ansia l’ultimo concerto fatto a Latina perché è casa mia».

Il tuo prossimo obiettivo? Vincere Sanremo? Riempire San Siro?

«Nessuno dei due. Sanremo dà prestigio, ma del prestigio che te ne fai? I soldi sono più utili. Piuttosto ho un obiettivo personale: vorrei imparare a organizzar­e meglio il mio tempo, per non arrivare sempre stremato a conclusion­e di un progetto».

Quando hai iniziato a fare musica?

«Da piccolo strimpella­vo, ma non ho mai seguito un corso di musica per più di due mesi. Dopo il liceo classico, sono stato un anno in giro per New York e più o meno contempora­neamente ho iniziato a scrivere pezzi. Non so neanch’io com’è successo: magari prendevo la chitarra per fare caciara con gli amici e usciva una strofa interessan­te su cui poi costruivo l’intera canzone, oppure, preso da mille suggestion­i, sentivo l’esigenza di mettere tutto nero su bianco».

Cosa ami più del tuo lavoro: cogliere l’ispirazion­e, scrivere, produrre o suonare dal vivo?

«Mi piace molto la preparazio­ne. Tutto quello che c’è prima. Prima di scrivere, prima di produrre, prima di impugnare il microfono. Mi piace star lì a capire, aggiustare…»

Hai scritto canzoni anche per Fedez e J-Ax, per Nina Zilli e a quattro mani con Francesca Michielin. C’è qualche altro artista che vorresti interpreta­sse la tua musica?

«Al momento non ho nessuno in mente, ma in generale non ho mai avuto dei cantautori di riferiment­o. Ecco perché faccio fatica a dirti un nome».

A proposito di nomi, Calcutta da dove viene?

«Calcutta è un nome che non era stato pensato per reggere tutti questi anni, eppure... Lo avevo pensato nel 2009 insieme al mio ex batterista e l’ho mantenuto anche quando lui ha deciso di andarsene. A questo punto, perché cambiare? È quel che faccio anche coi titoli delle mie canzoni: non amo i risvolti poetici gratuiti. Se un file l’ho sempre chiamato in un modo, perché devo dargli una veste solenne solo perché finisce in mezzo alla gente? Dare i nomi a un gruppo o a una canzone potrebbe anche essere un’attività commercial­e: potrei aprire uno studio di naming musicale».

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Indie Calcutta domani si esibirà a Verona: «Dei concerti mi piace molto la fase della preparazio­ne»

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