Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La giungla delle competenze «I limiti di velocità ci sono ma i canali sembrano piste»
Pochi rispettano i segnali, il Comune può intervenire solo in città
I limiti ci sono e a Venezia li conoscono tutti. D’altronde, sono gli stessi da sempre, in centro storico non si possono superare i 5 e i 7 chilometri orari, nei canali esterni gli 11 e alle bocche di porto i 20. Sono anche affissi sulla segnaletica, ossia le «bricole» che delimitano gli spazi di navigazione, ma pochi li rispettano. In laguna, corrono tutti come se fossero in autostrada, sfrecciano i taxi, i «barchini» (le imbarcazioni dei veneziani per cui non serve la patente), i lancioni granturismo e chi effettua trasporti con i mototopi (i furgoni di Venezia).
Chi corre tra rii e canali produce «onde anomale» e se una barca si trova nella loro traiettoria si rovescia, come venerdì pomeriggio. A poche ore dalla tragedia di San Nicolò, i vigili hanno soccorso un’imbarcazione e i suoi passeggeri finiti in acqua a Murano. Per fortuna, nessuno si è fatto male, in gronda lagunare, fra Mira e Valle Averto (Campagna Lupia), invece, ieri pomeriggio un uomo di 76 anni ha perso la vita, il mezzo su cui era a bordo con altre quattro persone si è ribaltato per colpa di un’onda. La mano pesante sull’acceleratore è un problema serio in laguna, mette a rischio l’incolumità di persone, mezzi e della stessa città (il moto ondoso che produce sgretola rive e fondazioni e smuove i fondali), finora nessuno è tuttavia riuscito a porvi rimedio.
A poco è servita la petizione dei residenti di San Nicolò, che chiedono controlli e limiti contro chi sfreccia nel canale dove venerdì notte si è consumata la tragedia. I sindaci di Venezia hanno sempre provato a far rispettare le regole a suon di ordinanze e controlli della polizia municipale. Da una settimana, è stato introdotto anche un sandolo con vigili-vogatori contro chi corre in Canal Grande per vedere se funziona da deterrente. Il Comune, però, ha poteri limitati, controlla i rii e i canali interni di Venezia e delle sue isole, ossia un pezzo limitato di città.
La porzione più consistente di acque fa capo al Provveditorato interregionale alle opere pubbliche e alla Capitaneria di Porto ma hanno competenze anche l’Autorità portuale e Save, la società dell’aeroporto. «Il governo accordi all’amministrazione tutte le competenze sulla laguna», chiedono a Roma i primi cittadini da almeno vent’anni. Nel 2014, è stato approvato un emendamento dell’ex onorevole Andrea Martella (Pd) che trasferisce i poteri dal Provveditorato alla Città metropolitana: non è stato mai attuato. Così, in questo bailamme di autorità, far rispettare le leggi in canali trafficati come la tangenziale nell’ora di punta è difficile. «Lo dico da amante del mare e da patentato: servono norme più severe per la navigazione in laguna - commenta il presidente del Veneto Luca Zaia - c’è un problema e va risolto con regole diverse». A oggi, nessun governo ha mai accordato provvedimenti ad hoc per la laguna, unica realtà d’Italia dove le strade sono canali e le barche autorizzate a percorrerli sono tante, circa 70 mila. Per capire il peso del traffico, basta vedere quanti mezzi passano sotto il ponte degli Scalzi: 300 l’ora. «Le barche corrono troppo, hanno motori eccessivamente potenti - dice il comandante dei vigili Marco Agostini - il nuovo codice della navigazione da diporto introdurrebbe il patentino (fino a 40 cavalli non è necessario, ndr) ma non è ancora in vigore». Approvato a dicembre, mancano i decreti attuativi e quindi le novità introdotte (patente per i barchini come per gli scooter, test su alcol e droga) restano lettera morta.
All’indomani della tragedia dell’agosto 2013 al ponte di Rialto, quando il turista tedesco Joachim Vogel è morto nello scontro tra una gondola e un vaporetto, il Comune predispose 26 punti per decongestionare i canali dal traffico e, in un secondo momento, il commissario che subentrò all’amministrazione dopo lo scandalo delle tangenti del Mose (Vittorio Zappalorto, nominato da poco prefetto di Venezia) approvò il Testo unico sulla navigazione con l’obbligo di gps a bordo, ma tutti i provvedimenti sono rimasti lettera morta. «È tempo di dotare i natanti di tecnologie che ne permettano l’identificazione e la posizione, di abbassare la potenza dei motori - dice Sara Visman (M5s) - di classificare i canali definendo quali natanti possano navigare».
Dal 1995 a oggi ci sono stati poco meno di una dozzina di incidenti mortali, quasi tutti provocati dallo scontro tra imbarcazioni che correvano troppo. Nel luglio del 1998 il quarantenne Bruno Costantini perse la vita dopo una violenta collisione con un barchino con a bordo cinque ragazzi a Malamocco, nel 2008 il cinquantenne Vincenzo Luppino è deceduto dopo un frontale tra San Giorgio e San Servolo, nel 2011 un ragazzo di 23 anni è morto vicino all’isola delle Vignole e due anni fa, il 17 agosto, due ventenni sono rimasti feriti nel tratto d’acqua tra Certosa e Sant’Elena.
Luca Zaia (Governatore)
Lo dico da amante del mare e da patentato, servono norme più severe perché in laguna c’è un problema e i problemi vanno risolti
Sara Visman (M5s)
É tempo di dotare i natanti di tecnologie che ne permettano l’identificazione e la posizione e di abbassare la potenza dei motori