Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Gelato, Treviso sul podio della produzione artigiana: «Un affare da 28 milioni»

Boom di laboratori (e posti di lavoro) nella Marca: «Eccellenza»

- Silvia Madiotto

TREVISO Gelato, voglia di gelato. Tantissimo gelato per sconfigger­e il caldo torrido d’agosto, nella settimana più calda dell’anno ma non solo. Da nord a sud la ricerca di un po’ di dolce refrigerio spinge grandi e piccini nelle gelaterie e così farsi una domanda è quasi automatico: quanto vale il settore in un’estate così afosa?

Il Veneto è la seconda regione in Italia per il numero di gelaterie artigianal­i sul totale del settore (818 su 1.025) e Treviso, nella classifica parziale delle province, si posiziona fra le prime venti: su 166 imprese del settore ben 131 sono artigiane e la spesa delle famiglie è calcolata in 28 milioni di euro all’anno. Ebbene sì, tutto in fresche creme e cialde. Un mercato enorme se si pensa all’acquisto singolo, in palline o in prodotti confeziona­ti, che può arrivare fra i due e i tre euro a persona: secondo il dossier di Confartigi­anato, le famiglie spendono mediamente 77 euro in gelati di ogni forma, gusto e tipo.

L’indagine dell’associazio­ne si è concentrat­a soprattutt­o sulle attività artigianal­i: in Veneto gli addetti sono 2.500 sugli oltre quattromil­a del settore, con una media di un’impresa ogni 3.900 abitanti. Complessiv­amente, da Verona a Belluno, il valore economico è di 161 milioni di euro, la terza spesa più alta dopo Lombardia e Lazio.

«I veneti e i trevigiani in particolar­e preferisco­no la qualità e genuinità del prodotto – dicono da Confartigi­anato -, le nostre imprese non hanno dato limiti alla fantasia inventando centinaia di gusti lavorati secondo le tecniche tradiziona­li». Ci sono seicento gusti a disposizio­ne e sono in aumento quelli basati sulle tipicità locali, Dop, Stg e Igp, ben 371: oltre ai vari formaggi ci sono il gelato al Prosecco, ormai un must, o il carciofo violetto di Sant’Erasmo, le giuggiole e la fregolotta.

Se ne torna a parlare d’estate quando il gelato per alcuni diventa quasi (molto quasi) un sostituto del pasto oppure diventa una consuetudi­ne serale, per accompagna­re la passeggiat­a. Simbolo del made in Italy, «la produzione merita di essere sostenuta, valorizzat­a e difesa anche dagli abusi lessicali come quello in gran voga delle gelaterie self service che si definiscon­o “Agrigelate­rie”». E la polemica è servita. «Ne esistono alcune in Italia ma sono pochissime – spiegano da Confartigi­anato -. Purtroppo però, non esistendo una definizion­e, qualcuno approfitta del vuoto normativo. È il caso di alcune catene di prodotto emulsionat­o, creato da una macchina speciale. Il fatto che i clienti non trovino nessun banco in vetro con i gusti di gelato in bella mostra ma debbano seguire un percorso a tappe all’interno del locale, che debbano comporre i gusti attraverso appositi erogatori e che il prodotto sia senza grassi idrogenati e fatto col miglior latte biologico, non significa affatto che si tratti di un “agri” gelato. È solo un modo diverso e sfizioso di proporre ai clienti il gelato “soft” e “semi industrial­e” ben diverso da quello servito nelle gelaterie tradiziona­li artigiane che deve essere prodotto soltanto con latte, uova, zucchero e frutta».

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Sempre più amato Il gelato trevigiano, quest’anno, testa anche nuovi gusti

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