Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Lavori bloccati battaglie e incuria Quei ponti malati
Viaggio tra cavalcavia in stato di abbandono, vittime dell’umidità o della burocrazia che blocca i lavori
«Guarda lì... gocciola!». È una macchia scura che dalla campata cola lungo il calcestruzzo, sollevandolo fino a staccarne un pezzetto per volta. Poco più in là ce n’è un’altra, e un’altra ancora. Siamo in un cunicolo che si infila sotto l’autostrada, nella periferia di Brendola (Vicenza). E Bruna Bertesina, che abita a due passi da lì, in via Einaudi, assicura che «dentro questo cavalcavia piove da quarant’anni». I residenti lo usano come strada vicinale: alto quel tanto che basta per infilarci l’auto e raggiungere il lato opposto di un quartiere che decenni fa s’è ritrovato tagliato in due dall’A4.
Le condizioni di questo budello di cemento armato sono pessime: le infiltrazioni hanno scrostato le pareti fino a scoprire diversi tratti dello scheletro di acciaio che dovrebbe reggere il peso dei 95mila veicoli che ogni singolo giorno imboccano la Brescia-Padova.
«Ogni tanto qualcuno della società che gestisce l’autostrada viene a dare un’occhiata, ma è evidente lo stato di abbandono in cui si trova», osserva Bertesina alzando lo sguardo verso i camion che le sfrecciano sopra la testa. «Per fortuna, almeno i piloni sembrano solidi…». Almeno questo.
Anas e Veneto Strade, nei giorni funestati dalla tragedia del ponte crollato a Genova, ripetono come un mantra che le infrastrutture venete sono sicure, i monitoraggi continui e le manutenzioni costanti. Ma i problemi esistono, non lo nega nessuno.
A una decina di chilometri da Brendola c’è Ponte Alto, il sovrappasso che dà l’accesso a Vicenza Ovest. In primavera si erano staccati dei calcinacci e la Provincia è dovuta correre ai ripari: «Entro pochi mesi verranno appaltati i lavori che riguarderanno i piloni, c’è un logoramento del cemento armato», spiega la presidente Maria Cristina Franco. E in effetti, in almeno un paio di punti restano le tracce di strane colate che scendono lungo la struttura portante. Segno che l’umidità arriva dalla campata, dalle piogge che bagnano l’asfalto steso almeno un paio di metri più in alto. E anche dal calcestruzzo di Ponte Alto, come fossili arrugginiti, emergono le ossature d’acciaio.
Ma se questo cavalcavia necessita quantomeno di un restyling, quello di via Ferreto de’ Ferreti mette paura al punto che il sindaco di Vicenza, Francesco Rucco, ha ordinato ai tecnici di riprenderne il monitoraggio interrotto appena pochi mesi fa. Si tratta di un vecchio ponte che scavalca la ferrovia, infilandosi a pochi metri dalle case. «Lo stato di degrado è evidente a occhio nudo», ammette il primo cittadino. Anche lì, l’armatura dei piloni è esposta, e piovono calcinacci. «Hanno rinforzato i sostegni - ricorda Anna Marongio, che abita a ridosso dell’infrastruttura - ma servono altri interventi. Ogni tanto si staccano dei pezzi di cemento e un paio d’anni fa c’è mancato un soffio che colpissero in testa una bambina che passava qui sotto. Sono arrivati i vigili, i genitori hanno fatto un po’ di casino. Ma poi... niente». Rucco tenta di rassicurare gli abitanti del quartiere: «La struttura è tra i nostri sorvegliati speciali anche se le prove di carico eseguite la scorsa estate hanno escluso debolezze strutturali».
È l’umidità il nemico numero uno di questi giganti di calcestruzzo. «Il fenomeno è noto come “carbonatazione” - spiega Claudio Modena, che insegna Tecnica delle Costruzioni all’Università di Padova - e rappresenta uno delle principali cause di degrado del materiale, perché intacca l’acciaio delle armature, che arrugginisce e in questo modo aumenta di volume facendo “scoppiare” lo strato che lo ricopre». Le conseguenze? «Occorre intervenire, altrimenti potrebbe minare le caratteristiche stesse del calcestruzzo armato».
A quel che non fanno piogge e nebbia, ci pensano i camionisti distratti. A Borgoricco (Padova) da quasi cinque mesi il ponte della nuova Strada del Santo - la trafficatissima 308 - è puntellato (i lavori di sistemazione sono in dirittura di arrivo) dopo che un semirimorchio c’è passato sotto con il ribaltabile alzato. Un botto tremendo, che ha danneggiato seriamente la campata.
Altre volte, a complicare tutto si mette la burocrazia. Come nel caso del celebre Ponte di Bassano, i cui lavori di consolidamento procedono a singhiozzo per colpa dello scontro giudiziario in atto tra il Comune e l’azienda che aveva ottenuto l’appalto. Il restauro è fermo da mesi, con buona pace dei cedimenti che registrano le antiche travi di legno.
A Susegana (Treviso) c’è Ponte della Priula, il grande vecchio che da oltre cent’anni attraversa il Piave: è chiuso da maggio per consentire il consolidamento delle fondazioni. Qui neppure i cantieri bastano a calmare gli animi. «L’alveo del fiume è in un tale stato di abbandono che, se venisse una piena, la massa di ghiaia e di alberi spingerebbe sui piloni fino ad abbatterli» teorizza Roberto Orsato, che anche ieri, assieme a sua moglie, s’è sistemato sulla riva per controllare lo stato dell’opera. «È inutile rinforzare il ponte se poi non si pulisce il letto del Piave», sospira. «La struttura ha resistito al tempo. Ma se non cambiamo modo di pensare, sarà la nostra incuria ad abbatterlo».
L’esperto
Il fenomeno della carbonatazione rappresenta una delle principali cause di degrado delle strutture in calcestruzzo armato
Il residente
Inutile rinforzare i ponti se poi non si puliscono gli alvei dei fiumi: dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare