Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Attentato alla Lega: «È terrorismo»

Inchiesta spostata a Venezia, s’indaga per tentata strage: «Mai episodi simili negli ultimi anni»

- Alberto Zorzi

VENEZIA I sei uomini della Digos di Treviso sono arrivati in procura verso l’una e per un’ora e mezza si sono chiusi a parlare prima con i due pm antiterror­ismo Roberto Terzo e Alessia Tavarnesi, quindi anche con il procurator­e capo Bruno Cherchi. I magistrati veneziani, a cui i colleghi trevigiani hanno trasmesso il fascicolo per competenza distrettua­le, hanno mosso ieri mattina i primi passi dell’inchiesta sul doppio ordigno al K3 di Villorba (Treviso), sede provincial­e della Lega. E hanno già dato il «nome» all’ipotesi di reato su cui si lavora, una delle più gravi dell’ordinament­o: quella di strage, pare di matrice anarchica. «Faremo tutti gli accertamen­ti necessari, ma a una prima analisi possiamo dire che il secondo ordigno poteva fare molto male», spiega Cherchi. «Avrebbe potuto ferire seriamente qualcuno», conferma il questore di Treviso Maurizio Dalle Mura. Lo scorso 11 agosto, intorno alle 5 di mattina, c’era stato un primo scoppio al K3. I vicini avevano chiamato le forze dell’ordine, che – come ha spiegato ieri Dalle Mura - avevano effettuato un sopralluog­o all’esterno, verificand­o l’assenza di anomalie all’ingresso principale. Gli agenti avevano anche controllat­o alcune banche nelle vicinanze, pensando che il botto provenisse dal tentativo di scassinare un bancomat. Solo a Ferragosto, quattro giorni dopo, la polizia ha intercetta­to online il messaggio farnetican­te di rivendicaz­ione della cellula anarchica «Haris Hatzimihel­akis/Internazio­nale nera (1881-2018)». A quel punto la Digos è tornata sul posto, ha controllat­o anche il retro dello stabile e ha intercetta­to il secondo ordigno, quello che avrebbe potuto creare gravi danni. Secondo la ricostruzi­one, infatti, la prima «bomba», contenuta in un pentolino posizionat­o su una scala metallica antincendi­o, doveva servire per attirare i poliziotti, che poi avrebbero dovuto attivare la seconda, poco più in alto, che aveva come innesco un filo di nylon quasi invisibile posto all’altezza della gambe. Questo secondo ordigno era realizzato con una pentola a pressione più grande, al cui interno, oltre alla polvere nera che ora sarà analizzata dalla Polizia scientific­a, c’erano dei chiodi. «Una bomba vera ad alto potenziale - la definisce Cherchi - questo significa che l’ha costruita qualcuno che queste cose le sa fare».

Il procurator­e non nasconde dunque la sua preoccupaz­ione: «E’ un episodio inquietant­e, mai successo negli ultimi anni qui in Veneto», conclude. La procura ha disposto analisi su tutti i reperti e gli oggetti per cercare qualsiasi tipo di traccia e per valutare il potenziale delle bombe. Si cercano inoltre telecamere che in zona abbiano ripreso qualche movimento sospetto nei giorni scorsi, anche se quelle del K3 erano spente. Sono in corso verifiche anche sulla rivendicaz­ione e sulla sua autenticit­à.

Intanto l’esplosivis­ta trevigiano Danilo Coppe, intervista­to dall’Ansa, conferma la possibilit­à della firma anarchica: «La tecnica del filo teso risulta ancora fra le più affidabili, specie in Italia - spiega - l’ordigno è perfettame­nte coerente con una tradizione anarchica».

Pentola a pressione Polvere nera e chiodi, inquirenti convinti: «Poteva fare molto male»

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