Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Mi dicevano piangi pure qui non ti sentirà nessuno»

Parla la donna chiusa in una cassa per 15 giorni. Lui: mi ha rovinato

- di Enrico Presazzi

VERONA «Piangi, lamentati pure. Tanto qui non ti sente nessuno. E se muori, ti buttiamo nel lago». Chiusa per due settimane in una cassa di plastica verde di poco più di un metro per lato e alta 80 centimetri. Abbandonat­a su un rimorchio in fondo ai filari di mele che costeggian­o l’ A4, a Sommacampa­gna, nel Veronese. Addosso solamente un abito nero, una mela ogni tanto e una bottigliet­ta d’acqua che i suoi aguzzini facevano passare attraverso una fessura.

Non fosse stato per l’intervento di quei giardinier­i dell’autostrada Brescia-Padova, sarebbe finita in tragedia. Arrestato per sequestro di persona e tortura, l’imprendito­re altoatesin­o Reinhold Thurner, 53 anni, ieri è comparso di fronte al gip per la convalida ed è rimasto in silenzio ma ha depositato un memoriale nel quale sostiene che «Non è nella mia indole maltrattar­e le persone e gli animali». Quando martedì aveva visto gli uomini in divisa in mezzo al suo meleto, ha iniziato a urlare: «Son stato io a metterla lì dentro, m’ha rovinato l’azienda». Voleva «dare una lezione» alla donna che lo «stava facendo diventar matto».

A inchiodare Thurner e il suo complice (P.N., un dipendente polacco di 32 anni, in stato di fermo), sono state le parole di «Margherita», la bracciante polacca di 44 anni liberata dagli agenti allertati dai giardinier­i dell’A4. Quando ha sentito che il tagliaerba si era fermato, ha iniziato a urlare: l’attrezzo si era inceppato e questo, probabilme­nte, le ha salvato la vita. I primi ad arrivare sul posto sono stati il sovrintend­ente Andrea Veronese e l’agente Michela Letizia Lanzino: il fondo della cassa coperto di escrementi, qualche bottigliet­ta d’acqua vuota e lo sguardo terrorizza­to della poveretta. «Cercava di respirare a pieni polmoni, come se le mancasse l’aria» ricordano i due agenti.

Sul posto, anche i carabinier­i che già indagavano sulla scomparsa della donna, dopo che i figli avevano spiegato di non riuscire più a contattarl­a dalla vigilia di Ferragosto. Proprio il 14, i militari erano intervenut­i in un casolare di Sommacampa­gna su richiesta della donna che aveva detto di essere stata aggredita da Thurner, col quale aveva una relazione da 10 anni. Ma si era rifiutata di denunciarl­o. Poi, il silenzio.

In ospedale, la donna ha poi raccontato che Thurner e il suo complice l’avevano legata e imbavaglia­ta prima di infilarla in quel cassone. Il motivo? Si era lamentata con l’amante-titolare per le condizioni in cui faceva lavorare la sorella maggiore, arrivata a inizio estate. «Di notte crepavo di freddo» ha detto ai carabinier­i prima di spiegare che era il connaziona­le a portarle - raramente - acqua e cibo.

Sentiti domenica dai carabinier­i, Thurner e il complice, hanno detto che si era allontanat­a a Ferragosto. Poi, il miracolo di martedì mattina e gli arresti. Oggi, anche il complice comparirà di fronte al gip per la convalida del fermo. Lei, invece, ora è al sicuro in una struttura protetta.

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La liberazion­e Gli agenti della polizia mentre liberano la donna polacca (il volto è coperto per garantirne l’anonimato) tenuta prigionier­a

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