Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Mi dicevano piangi pure qui non ti sentirà nessuno»
Parla la donna chiusa in una cassa per 15 giorni. Lui: mi ha rovinato
VERONA «Piangi, lamentati pure. Tanto qui non ti sente nessuno. E se muori, ti buttiamo nel lago». Chiusa per due settimane in una cassa di plastica verde di poco più di un metro per lato e alta 80 centimetri. Abbandonata su un rimorchio in fondo ai filari di mele che costeggiano l’ A4, a Sommacampagna, nel Veronese. Addosso solamente un abito nero, una mela ogni tanto e una bottiglietta d’acqua che i suoi aguzzini facevano passare attraverso una fessura.
Non fosse stato per l’intervento di quei giardinieri dell’autostrada Brescia-Padova, sarebbe finita in tragedia. Arrestato per sequestro di persona e tortura, l’imprenditore altoatesino Reinhold Thurner, 53 anni, ieri è comparso di fronte al gip per la convalida ed è rimasto in silenzio ma ha depositato un memoriale nel quale sostiene che «Non è nella mia indole maltrattare le persone e gli animali». Quando martedì aveva visto gli uomini in divisa in mezzo al suo meleto, ha iniziato a urlare: «Son stato io a metterla lì dentro, m’ha rovinato l’azienda». Voleva «dare una lezione» alla donna che lo «stava facendo diventar matto».
A inchiodare Thurner e il suo complice (P.N., un dipendente polacco di 32 anni, in stato di fermo), sono state le parole di «Margherita», la bracciante polacca di 44 anni liberata dagli agenti allertati dai giardinieri dell’A4. Quando ha sentito che il tagliaerba si era fermato, ha iniziato a urlare: l’attrezzo si era inceppato e questo, probabilmente, le ha salvato la vita. I primi ad arrivare sul posto sono stati il sovrintendente Andrea Veronese e l’agente Michela Letizia Lanzino: il fondo della cassa coperto di escrementi, qualche bottiglietta d’acqua vuota e lo sguardo terrorizzato della poveretta. «Cercava di respirare a pieni polmoni, come se le mancasse l’aria» ricordano i due agenti.
Sul posto, anche i carabinieri che già indagavano sulla scomparsa della donna, dopo che i figli avevano spiegato di non riuscire più a contattarla dalla vigilia di Ferragosto. Proprio il 14, i militari erano intervenuti in un casolare di Sommacampagna su richiesta della donna che aveva detto di essere stata aggredita da Thurner, col quale aveva una relazione da 10 anni. Ma si era rifiutata di denunciarlo. Poi, il silenzio.
In ospedale, la donna ha poi raccontato che Thurner e il suo complice l’avevano legata e imbavagliata prima di infilarla in quel cassone. Il motivo? Si era lamentata con l’amante-titolare per le condizioni in cui faceva lavorare la sorella maggiore, arrivata a inizio estate. «Di notte crepavo di freddo» ha detto ai carabinieri prima di spiegare che era il connazionale a portarle - raramente - acqua e cibo.
Sentiti domenica dai carabinieri, Thurner e il complice, hanno detto che si era allontanata a Ferragosto. Poi, il miracolo di martedì mattina e gli arresti. Oggi, anche il complice comparirà di fronte al gip per la convalida del fermo. Lei, invece, ora è al sicuro in una struttura protetta.