Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Noi prefetti nel caos profughi»

Il presidente del sindacato prefettizi­o: eravamo costretti a gestire l’emergenza senza strategie da Roma

- Bonet

VENEZIA «Gli anni dell’emergenza sbarchi, quelli a cui si riferisce l’inchiesta veneta, sono stati durissimi per tutti noi. Eravamo chiamati a gestire una perenne emergenza senza una strategia, senza alcuna indicazion­e su dove dislocare queste povere persone, con direttive confuse e contraddit­torie». Antonio Giannelli, presidente del sindacato prefettizi­o scende in campo dopo il polverone delle intercetta­zioni sull’ex prefetto di Padova Patrizia Impresa.

«I prefetti hanno un difetto: non amano apparire, preferisco­no tirarsi su le maniche in silenzio. Pensi al prefetto di Genova: qualcuno in Italia conosce il suo nome? Eppure le assicuro che sta facendo un lavoro incredibil­e dopo la tragedia del ponte Morandi».

Antonio Giannelli, lei è il presidente del Sinpref, il sindacato dei prefetti. Chi legge penserà ad una difesa corporativ­a, d’ufficio.

«L’ultima cosa che voglio è alimentare un conflitto istituzion­ale. Però credo sia giusto dire ai cittadini la verità. E non mi va che si condanni un’intera categoria per delle frasi sicurament­e “impegnativ­e”, come quelle che si leggono nelle intercetta­zioni, e però decontestu­alizzate e quindi male interpreta­bili. D’altronde non risulta che il prefetto Impresa sia indagata, giusto? Per lei come per qualunque altro cittadino si dovrebbe attendere la fine degli accertamen­ti da parte della magistratu­ra prima di esprimere condanne e giudizi».

E dunque qual è la verità?

«Gli anni a cui si riferisce l’indagine sono stati durissimi per tutti noi. Eravamo chiamati a gestire una perenne emergenza senza una strategia, senza alcuna indicazion­e su dove dislocare queste povere persone, con direttive confuse e contraddit­torie. Agivamo per spirito di servizio».

Chiama in causa i vertici del ministero dell’Interno?

«Prima di me l’ha denunciato il mio predecesso­re, il prefetto di Lecce Claudio Palomba, voce isolata e coraggiosa. Gli fu risposto che non era vero, che le direttive c’erano. Ma non era così».

Ora le cose sono cambiate?

«Sì, sono arrivate indicazion­i più precise e il quadro è migliorato. È accaduto lo stesso con le commission­i territoria­li per il riconoscim­ento della protezione internazio­nale, io presiedo quella di Bologna e il lavoro si è semplifica­to e velocizzat­o solo da un anno a questa parte, dopo che sono state finalmente stabilite le direttive».

Dalle carte dell’inchiesta di Padova emergono sospetti sulla regolarità dei bandi.

«Anche qui, mancavano le linee guida. Le prefetture hanno dovuto fare riferiment­o a quelle utilizzate per l’acquisto di beni e servizi, ma è evidente che comprare un armadio per l’ufficio e dare ospitalità ad una persona non è esattament­e la stessa cosa».

Pare che alcuni funzionari abbiano agito per il proprio tornaconto personale.

«Non entro nei casi specifici, starà alla magistratu­ra accertare verità e responsabi­lità. E ricordo che storicamen­te il nostro ruolo ci impone di non eseguire ordini illeciti, mai. E però qui sta passando un’idea stravagant­e, quella per cui l’emergenza migranti l’hanno gestita i sindaci, quando addirittur­a non s’è gestita da sola. Non è così. È stata gestita dai prefetti, per lungo tempo in totale solitudine. È giusto che i cittadini sappiano che questo fenomeno storico, epocale, è stato affrontato dalle prefetture, dove lavorano persone abituate a non tirarsi indietro quando sono chiamate».

È cronaca che le prefetture erano sottoposte a pressioni dall’alto, dal ministero che chiedeva di sistemare i migranti, e dal basso, dai sindaci che quei migranti manco li volevano vedere.

«L’Italia ha deciso di accogliere quelle persone. Alle prefetture è toccato il compito di gestire gli sbarchi, con colleghi pronti a salire sulle navi senza mascherine e protezioni, tra morti e malati, e poi l’accoglienz­a, garantendo al contempo, per quanto possibile, la tranquilli­tà delle comunità, senza forzature, mediando con i sindaci spesso tutt’altro che collaborat­ivi. Penso che alla fine sarà la Storia a dire la verità su ciò che è accaduto, riconoscen­do l’importante lavoro svolto dai prefetti in termini di coesione sociale e tenuta del territorio».

Non c’erano indicazion­i sui bandi, per ospitare le persone si utilizzava­no le stesse linee guida usate per l’acquisto di beni e servizi

I prefetti hanno gestito gli sbarchi, andando sulle navi tra i morti, e poi l’accoglienz­a , mediando con sindaci poco collaborat­ivi

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Vice prefetto Antonio Giannelli

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