Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Furto al Ducale, la talpa è una donna L’ipotesi che sia veneziana: avrebbe aiutato i sei banditi dell’Est. I legami con i grandi colpi

- Eleonora Biral

VENEZIA Qualcuno che avesse accesso alle teche, qualcuno che conoscesse il funzioname­nto del sistema di allarme e l’intero dispositiv­o di sicurezza. Qualcuno che sapesse quale poteva essere il momento ideale per entrare in azione ma anche dare indicazion­i su come muoversi e quali vie di fuga prendere. Qualcuno all’interno, una persona di fiducia. Una «talpa». Una persona, una donna veneziana che ha aiutato una banda composta di almeno sei persone provenient­i dalla Serbia e dalla Croazia a mettere a segno il furto del secolo lo scorso gennaio a Palazzo Ducale.

Questa è l’ipotesi degli investigat­ori che sarebbero riusciti a individuar­la sulla base della ricostruzi­one del colpo, che risale al 3 gennaio scorso. Un mercoledì mattina, l’ultimo giorno di apertura della mostra «Tesori dei Moghul e dei Maharaja – La collezione Al Thani». Erano le dieci quando due uomini sono entrati a palazzo Ducale fingendosi visitatori. Hanno raggiunto la sala dello Scrutinio e hanno finto di ammirare i preziosi, tutti protetti dentro le teche. Uno dei due si è allontanat­o di qualche metro, l’altro si è avvicinato a una teca. Indossava un paio di guanti. Il complice, dopo essersi assicurato che gli altri visitatori avessero lasciato la sala, gli ha passato un oggetto, forse una chiave o un passeparto­ut che l’uomo ha avvicinato sotto l’espositore. Tempo un paio di secondi e ha aperto la teca, ha afferrato una spilla e un paio di orecchini di platino e pietre preziose e li ha infilati in tasca. La facilità con cui è riuscito ad aprire l’espositore, però, ha suscitato subito qualche dubbio negli investigat­ori della squadra mobile e dello Sco che già i giorni successivi al furto hanno avanzato l’ipotesi che la teca fosse stata lasciata aperta. Ma questo non è l’unico elemento che li ha portati a pensare che la coppia di ladri si fosse servita di una talpa per riuscire nel colpo. I due, una volta prelevati i preziosi, hanno avuto il tempo di lasciare l’edificio e di confonders­i tra la folla prima che tutte le uscite venissero chiuse. Il questore di Venezia aveva ventilato la possibilit­à che i ladri potessero aver ritardato l’allarme, guadagnan- dosi così il tempo di fuggire indisturba­ti.

L’organizzaz­ione con cui hanno agito, oltre a far ipotizzare la presenza di una talpa ha portato la polizia a confrontar­e il colpo a palazzo Ducale con furti di simile portata avvenuti in precedenza sia in Italia che all’estero. Come la rapina in una gioielleri­a d’epoca nel Quadrilate­ro della Moda milanese dello scorso 21 settembre. Un colpo che era stato associato alle «Pink Panthers», una rete internazio­nale specializz­ata nel rubare gioielli e alla quale erano stati attribuiti altri episodi, come un assalto in gioielleri­a a Montreaux nel 2015, uno a Barcellona l’anno successivo e, in passato, nel 2007, al Wafi Malla di Dubai. Lo scorso febbraio tre rapinatori della rete originari dell’ex Yugoslavia finirono in manette a Lugano, prima dell’ennesimo colpo. Non è escluso che anche la banda responsabi­le del furto a palazzo Ducale possa avere qualche legame con le «Pink Panthers», in origine ex militari reduci dalla guerra dei Balcani. Sulla loro appartenen­za al gruppo, però, non c’è ancora una conferma da parte degli investigat­ori che in questi mesi hanno lavorato nel più stretto riserbo.

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Il video Uno dei ladri in azione a Palazzo Ducale. La teca con ogni probabilit­à era stata lasciata aperta

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